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glorie, le possanze dell' incomparabile Sovrana. Sì, io credo di non andarmi errato, se dico francamente che la Divinità lo inspirava quando levò sì alto i suoi pensieri. Metti passo nel regale suo Palazzo, e tu pure colla regale Turino lo dirai. Qui per sovrano comandamento vedi ad ornamento paretale tele animate dai pennelli di un Serangeli, di un Cornaglia, di un Gonin, e di Cusa, che rappresentano i Beati Amadeo, Umberto, Bonifacio, Margarita, ed i Venerabili Pietro, Giovanni, Lodovico e Clotilde sovrana di virtù incomparabili, amore, delizia, e gloria della sua regia famiglia, de' suoi popoli, del caduto secolo decimo ottavo, il cui nome oggi pel comune voto è sperabile che dalla divina voce del Vaticano s'innalzi all'onor del Santuario. Di fronte a queste anime di Cielo, legate per sangue alla gloriosa famiglia di Carlo Alberto, e delle quali Egli stesso a buon diritto va superbo, io sono di fermo avviso che come ereditaria è la religiosa pietà che lo anima, così sappia di divino la inspirazione di un tanto monumento. I tempi sono tristi, e li fa tristi un mal seme di abisso che corrompe i cuori, e accieca le menti. Però gli eterni consigli che non possono venir meno contrappongono al comun guasto argini insormontabili quando destano nei Potenti sì forte un sentimento di religione. Questo glorioso Regnante tutta intese la forza di siffatta verità, e non satisfatto d'averla mai sempre seguìta vuol oggi darne un argomento che rifulga come Sole in meriggio, e che resista alla voracità del tempo. Il nostro chiarissimo Cavaliere Cincinnato Baruzzi è la mano che ha prescelto tra gli eccellenti scalpelli d'Italia, e voglio detto senza mancar di rispetto a nomi di somma rinomanza, che sì bella scelta gli sarà di gloria. Escito dalla Scuola immortale di quell' immortale Canova che solo ha saputo far risorgere la Greca fino a lui inimitabile scoltura, ha egli attinto da quel Genio di tutti i secoli quella finezza discernitrice di gusto per l'arte che fu tutta sua perchè a lui esclusivamente per gran privilegio donata dal Cielo. Distinto per opere che ha date a luce; caro a Roma ov'ebbe pel primo la gloria di ritrarre maestralmente in marmo l'effigie del glorioso regnante Gregorio XVI; diletto allo stesso suo gran Maestro per

modo che gli fu largo con ogni maniera di bel tratto, e di amorevoli cure; Professore finalmente in seno a quella Felsina che ebbe il nome non meno di dotta che di celebre per le Belle Arti, unisce in se stesso quanto è desiderabile perchè il concepito religioso pensiero abbia tutta la sua luce. Era un elemento indispensabile che la mano privilegiata sentisse e sapesse profondamente sì di arte che di religione. Sentito vuol essere il colpo su lo scalpello perchè abbia l'espressione che l'anima ti commova, ed inteso il concetto perchè splenda di quel bello che dopo averlo convinto rapisca l'intelletto. L'esimio Baruzzi va di tutto adorno, e il monumento che ora arditamente io oso ritrarre di volo con mal accozzate tinte, e che egli con uno slancio non meno profondo che artistico ha saputo ideare per ispiegare il pensiero del Monarca che l'onorò, basta perchè si conosca in uno la vasta erudizione della sua mente, e la eccellenza della sua mano.

Al primo sguardo t'arresta un grandioso che è unico, e un tutt' insieme che ti dice Eccoti Maria nel vero splendore del suo Trionfo . Quest' impressione val tutto, e quasi a forza ti porta ad aver come perfetta la parte inventiva, perchè ha saputo felicemente raggiugnere lo suo scopo. Scorri questo masso imponente e maestoso, e nulla trovi che non sia o storico, o scritturale, o teologico, o artistico, e che formando l'elogio di chi seppe sì bene connestarlo non accresca o luce, od ornamento al gran pensiero, che colla Gloria del Cielo, colla Gioja del Mondo, e colla Punizione dell' Abisso, intende a trionfo di Maria magnificamente espressi i tre Regni della Fede.

Il perchè sopra un Trono modellato su le forme della prima Era Cristiana, e quale sempre lo hanno espresso i dipintori dei tempi, appare la Regina del Cielo, come la vide l'Estatico di Patmos, coronata di raggi e di stelle, la quale con un volto innamorante di umile compiacenza, ed illeggiadrito di un sorriso celeste, sta dignitosamente seduta nell'atto che teneramente, e vezzosamente guardandolo presenta alla Terra Redenta l'Incarnato Figlio della Sapienza. A tergo del Trono un Cherubino fatto custode del suo stemma e del suo nome

raggiante di gloria; nei poggiali i fiori di Nardo simboleggianti la Fede, ed i candidi Gigli della purezza, formano un cotal gruppo nobile e divino, che vinto dallo stupore l'occhio beatamente rapito si rimarrebbe immobile se scosso da altre maraviglie non fosse richiamato altrove.

Marco, Luca, Giovanni, e Matteo in istile maestoso, grave, sublime, angelico, tramandarono alle generazioni le glorie di Maria. Per gli aurei detti onde seppero ornarle furono essi simboleggiati dal Leone, che è tutto maestà, dal Bue che è tutto gravità, dall' Aquila che insublima, e dall' Angelo che inciela. Il nostro Baruzzi prima colle ale superbamente distese, poi coi simboli stessi ideò un cotal magico intreccio per sottoporre uno sgabello che fosse degno dell' augusto piede della trionfante Imperatrice del Mondo, che passa, dissi quasi, ogni umano concetto. E perchè fu scritturalmente detto che sopra colonna di nubi questo suo Trono poggiava, così tu gli vedi sotto nuvolette con tanta grazia e leggerezza intrecciate a vaga corona di Serafini scherzevoli e ridenti che tua mente immota, le parendo veder parte di Cielo aperto, s'imparadisa quasi tratta di se stessa. Scendendo ti colpisce il Globo Cristiano circondato nella massima sua linea da gotica armilla ottagona avente in ogni targa i motti dell'Evangelo alternati dai fasti più gloriosi di Maria. Quello s' immerge nell' agitato mare delle acque di perdizione che fremono ed infuriano spumanti trabalzando disperati i Mostri della Persecuzione, dell'Eresia, dell' Idolatria, dell'Ateismo sotto di forma umana naufraganti e visibilmente puniti dalle onde stesse che sconvolgono, ed in mezzo ai loro sforzi infernali. Questa si appoggia su la vetta misteriosa de' monti santi che s'innalzano sublimi dai flutti, e stanno immobili come scogli onde così por dinanzi il gran vero che le fondamenta di Maria sono le cime montuose della santità, e che il Mondo per la sovrana virtù di Lei, che è la stessa virtù di Dio, galleggiante, si ride dell' infuriato sottoposto elemento che tenta invano inghiottirlo ne' suoi Abissi tenebrosi.

E perchè con accorto intendimento vuol adorno ogni vano di emblemi, di figure, e di fregi, che destino l'ammirazione

ed il commovimento degli affetti, così ti pose come simboli proprii della Vergine su gli acroteri del gotico ornato la Rosa, il Giglio, la Stella; ti sparse il pendío de' monti di Palma, di Ulivo, di Croco, di Platano, di Mirra, e delle stesse viti d' Engaddi che sono i loro caratteristici nella Cantica delineati; ti ornò gli otto angoli delle targhe con otto graziosi angioletti che suonano e cantano le lodi della loro Regina, e ti locò infine tutta questa mole tempestata, lascia che il dica, di tante meraviglie sopra un Plinto spazioso che s'erge a sostegno dal suolo con una magnificenza più maravigliosa ancora. A lui dona per ultimo lo sguardo. Nei quattro estremi gli Angioli devotamente atteggiati e composti esprimono il pio e devoto popolo che adora Maria. I venti Busti, che formano attorno uno scomparto ornamentale sono le immagini parlanti degli Apostoli, dei Dottori della Chiesa, e di Adamo, Abramo, Davidde e Mosè, anelli gloriosi, dirò così, della sua più gloriosa Dinastía. Quei quattro spazj principali infine racchiudono per iscrizioni e stemmi i fasti di gloria storicamente conservati della gloriosa e regnante famiglia del Gran Carlo Alberto.

Tutto questo è, non v'ha dubbio, un poema veramente sacro. Non isperi dunque il Profano di spaziare colle idee fra il buio condannevole della favolosa mitologia. Sparvero que' tempi di corruzione e di errore. I sommi Genj creando possono oggi col solo vero e col solo santo concepire i più vasti concetti. Qui il critico e cavilloso filosofo non vede parte che non sia ragionata. Ammira il Teologo scrupolosamente rispettati e eseguiti i venerandi suoi dommi. Trova il Moralista una gastigatezza di scalpello veramente esemplare. L'Artista finalnalmente nell'ardito accoppiamento di tanti soggetti ammirando una meravigliosa unità di pensiero si rimane soprappreso per modo che gli mancan le parole alla condegna lode. So che l' Invidia sempre rabbiosa non è morta, ma so ancora che non di rado è ridicolo il suo morso, perchè come la vera luce non s' adombra, così il vero bello non vien meno. Gadono bene in acconcio i versi del dignitoso Vincenzo Monti coi quali mi piace metter fine a queste mie povere e disadorne parole: Morde e giova l' Invidia, e non isfronda

Il suo soffio l'allor, ma lo feconda.

BIBLIOGRAFIA

Ricerche sull' Architettura più propria dei Tempj Cristiani, e applicazione della medesima ad un' idea di sostituzione della Chiesa Cattedrale di S. Giovanni in Torino, del Cavaliere LUIGI CANINA. Roma dai Tipi dello stesso Canina, 1843 in fol. con LVIII Tavole incise in rame M.

L'idea di questa insigne e splendida Opera venne in

mente al ch. Autore allor ch'egli nella primavera dello scorso anno 1842 trovavasi costretto da penosa malattia a rimanersi rinchiuso per circa tre mesi continui in una camera annessa al regio Palazzo, ritenuta da S. M. Maria Cristina Regina vedova di Sardegna, e corrispondente d'incontro al lato meridionale della Chiesa Cattedrale di S. Giovanni in Torino. L'Opera stessa fu dall'Autore meritamente intitolata alla Maestà di Carlo Alberto Re di Sardegna, non pure in riguardo alla particolarità d'essere la detta Cattedrale congiunta al regio Palazzo, ma segnatamente per essere la Maestà sua animata del più vivo amore per favorire tutto ciò che concerne al decoro dovuto al sacro esercizio della nostra santa Religione.

Non saprei come meglio indicare la ragione e la distribuzione dell' Opera enunciata, che con qui rapportare parte delle parole stesse del ch. Autore nella Prefazione. Siccome volle egli ordinare l'accennato progetto di sostituzione conforme all' architettura veramente propria de' Tempj Cristiani; così

(*) Nel primo foglio del Libro leggesi: Opera edita in soli cento esemplari da distribuirsi in dono. Questo raro e pregiato dono, per quel che si compiacque parteciparmi il ch. Autore, è destinato segnatamente a decoro delle principali Biblioteche pubbliche d'Italia, fra le quali egli ebbe in considerazione la nostra R. Biblioteca Estense. Egli mi avverte ancora, che si propone di farne una seconda edizione corredata di un numero anche maggiore di documenti.

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