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Ovoi , che siete due dentro ad un fuoco

S'io meritai di voi , mentre ch' io vissi

S'io meritai di voi assai o poco , Quando nel mondo gli alti versi scrissi ,

Non vi movete ; ma l'un di voi dica ,

Dove per lui perduto a morir gissi . Lo maggior corno della fiamma antica

Cominciò a crollarsi , mormorando ,

Pur come quella, cui vento affatica. Indi la cima qua e là menando

Come fosse la lingua che parlasse ,

Gittò voce di fuori e disse: quando : ) Mi diparti da Circe , che sottrasse

Me più d'un anno la presso a Gaeta ,

Prima che si Enea nominasse : Nè dolcezza del figlio , nè la pièta

Del vecchio padre , nè 'l debito amore ,

Lo qual doyea Penelope far lieta, Vincer potero dentro a me l'ardore ,

Ch' io ebbi a divenir: del mondo esperto,

E degli vizi umanir, e del valore ; Ma misimi per l'alto mare aperto ,

Sol con un legno , é con quella compagna Picciola , dalla qual non fui' deserto L'un lito e l'altro vidi infin la Spagna ,: I

Fin nel Marocco , e l'isola de Sardi ,

E l'altre , che quel mare intorno bagna. Io e i compagni cravami vecchi e tardi,

Quando venimmo a quella foce stretta
Ov' Ercole segnò li suoi riguardi ,

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Acciocchè l'uom più oltre non si metta ;

Dalla man destra mi lasciai Sibilia .

Dall'altra già m'avea lasciata Setta . O frati , dissi , che per cento milia

Perigli siete giunti all'occidente

A questa tanto picciola vigilia
De' vostri sensi , ch'è del rimanente ,

Non vogliate negar l'esperienza ,

Diretro al Sol, del mondo senza gente Considerate la vostra semenza :

Fatti non foste a viver come bruti,

Ma per seguir virtute e conoscenza . Li miei compagni fec' iv si acuti

Con questa orazion picciola al cammino.

Ch'appena poscia gli avrei tenuti. E volta nostra poppa nel mattino ,

De' remi facemmo ali al folle volo ,

Sempre acquistando del lato mancino. Tutte le stelle già dell'altro polo

Vedea la notte, e'l nostro tanto basso Che non surgea di fuor del marin suolo. Cinque volte racceso , e tante casso

Lo lume era di sotto dalla Luna

Poi ch'entrati eravam nell'alto passo; Quando n'apparve una montagna ,

bruna Per la distanza parvemi alta tanto

Quanto veduta non n'aveva alcuna
Noi ci allegrammo ; e tosto tornò in pianto:

Che dalla nuova terra un turbo nacque ,
E percosse del legno il primo canto

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.

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e

Tre volte il fe girar con tutte l'acque ;

Alla quarta levar la poppa in suso ,

E la prora ire in giù, com'altrui piacque, Infin che 'l mar fu sopra noi richiuso. 47

ANNOTAZIONI. Cinque cotali tuoi Cittadin. Cioè Cianfa, Agnel Brunelleschi, Buoso Donati, Puccio Sciancato , e Francesco Guercio Ca. valcante tutti nobili Fiorentini nominati nel canto precedente . Borni. Quei rocchi prominenti dall'erto argine scoglioso , pe quali eran discesi . Mee. Per me. Quante il villan. Intendi vede lacciole nella stagione estiva ec. come ne' seguenti versi . E qual colui , che si vengiò. E come il Profeta Eliseo, che si vendico. Ond' uscì de' Romani. Per la quale sortendo Enea fu il propagatore del Romano sangue. Väglia mille. Vaglia quanto 'mai può valere. Si sostegna . Si astenga dal parlare . Foce stretta ov'Ercole. Allo stretto di Gibilterra. Setta. Oggi Ceuta città d'Affrica su lo stretto suddetto. A questa tanto picciola vigilia ec. Deve spiegarsi : Non vogliate alla corta vita , che vi resta , negare di conoscere l'altro Emisfero disabitato , caminando dietro il Sole : Fec' jo si acuti. Eccitai talmente :

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ARGO M E N TO.

Continua Dante nel presente canto a trat

tare della medesima pena , e rivoltosi ad un'altra fiamma vi ritrova il Conte Guido da Montefeltro . Questi ricerca tosto al Poeta notizia de' Romagnuoli, e quindi gli narra la sua colpa per la quale a quella pena è condannato .

Già era dritta in su la fiamma , e queta,

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Per non dir più , e già da noi sen gla

Con la licenzia del dolce Poeta : Quando un'altra , che dietro a lei venia Ne fece volger gli occhi alla sua cima ,

Per un confuso suon , che fuor n'uscia : Come 'l bue Cicilian, che magghid prima

Col pianto di colui [ 'e ciò fu dritto] Che l'avea temperato con sua lima , Mugghiava con la voce dell'afflitro,

Si che con tutto ch' a' fosse di rame, Pure el pareva dal dolor trafitto ; Cosi , per non aver via , nè forame ,

Dal principio nel fuoco, in suo linguaggio;

Si convertivan le parole grame .
Ma poscia ch'ebber colto lor viaggio ,

per

la punta , dandole quel guizzo , Che dato avea la lingua in lor passaggio ;

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Udimmo dire : 0 tu , a cui io drizzo
La voce

e che parlavi mo Lombardo į Dicendo issa ten va, più non t'adizzo ? Perch' io sia giunto forse alquanto tardo

Non ti rincresca stare a parlar meco :

Vedi , che non incresce a me , 'ed ardo : Se tu pur mo in questo mondo cieco

Caduto se' di quella dolce terra

Latina , onde mia colpa tutta reco ; Dimmi, se i Romagnuoli han pace, o guerrag

Ch' io fui de'monti là intra Urbino ,

E 'l giogo , di che Tever si disserça. Io era ingiuso ancora attento e chino ;

Quando 'l mio duca mi tento di costa ,

Dicendo : parla tu , questi è Latino • Ed io , ch'avea già pronta la risposta , Sanza indugio a parlare incominciai :

O anima , che se' laggiù nascosta Romagna tua non è, nè non fu mai ,

Sanza guerra ne' cuor de' suoi tiranni :

Ma palese nessuna or ven lasciai . Ravenna sta com'è stata molt'anni ;

L'aquila da Polenta la si cova ,

Si che Cervia ricuopre co' suoi vanni La terra , che fe già la lunga prova ,

E di Franceschi sanguinoso mucchio',

Sotto le branche verdi si ritruova .
E'l mastin vecchio, e'l nuovo da Verrucchio,

Che fecer di Montagna il mal governo,
Là dove soglion , fan de' denti succhio .

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