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rona, a' quai Luigi xi contrappone il suo sanguinario macchiavellismo? L'Alemagna forse, di cui è capo Massimiliano, piuttosto avventuroso condottiero, che savio principe? La Spagna getta ella medesima laboriosamente i semi del proprio decadimento. Ferdinando e Isabella, ingratamente dimettono da' loro stipendi Consalvo, il conquistatore dell'Italia meridionale; Colombo che lor fe' dono del Nuovo Mondo, incatenato, processano; caccian dalla Penisola in massa que' Mori che ancor vi sono depositori dell'antica civiltà; i chiostri moltiplicano. L'oro che comincia a giungere di America, attira i venturieri oltre l'Atlantico, e fa porre in dispregio le arti modeste, e le industrie tranquille; l'agricoltura è negletta; la fertilità del terreno non è più incentivo al lavoratore; trova egli alle porte dei conventi il quotidiano suo pane; e se ha coraggio valica i mari, e attinge anch'esso alle miracolose fonti dell'oro vile in patria, scellerato nelle colonie, lo Spagnuolo si corrompe per tutto.-Ed ecco Carlo v che affastella sovra il suo capo le italiche, le spagnole corone; fa prigione Francesco di Francia, sconfigge i novatori alemanni; l'America gli raddoppia il tributo; destinato contuttociò a lasciare di sè un nome più famoso pei doni di fortuna che per isplendore di gesta o di virtù. Il Nuovo Mondo si spopola rapidamente: ardono le inique brage di Guatimozin; e la voce del pietoso Lascasas si perde tra le grida frenetiche dei carnefici e la psalmodia de' frati. L'Alemagna vinta, ma non doma, diffuse il seme dell'eresia per tutta Europa; e la Spagna fanatica accese innu

merevoli roghi. In Filippo è compenetrata la Spagna del secolo xvi.

E quante sventure d'Italia non si accolgono in quel nome fatale! Cosa è valso alla misera, dopo d'essere stata operatrice del risorgimento della civiltà e delle lettere, dopo di avere abbracciato col suo commercio il mondo, e conseguito sull'Europa la duplice dominazione della religione e del genio, cosa è valso alla misera, che un Amalfitano fosse scovritore della bussola, un Genovese dell'America, e le desse nome un Fiorentino? La Spagna potè finalmente artigliar quella ch'essere le dovrebbe sorella, per farla sua vittima; è ansiosa di diffondere le tenebre su questa terra di luce... Vi riuscirà ella? Farà che Ariosto e Tasso non cantino lor divine epopee? che Guicciardini e Paruta loro storie non iscrivano? che Raffaello, Leonardo, Tiziano non pingano? che Buonarotti non tratti squadra e scalpello? che Palladio e Vignola non siedan principi di architettura? Sforza, Braccio, Carmagnola, di milizia? Pisani Zeno, Doria, di marineria? Farà che Galileo drizzando al cielo il telescopio di cui si è fatto inventore, non vi trovi la conferma di pressentite verità? che Paolo Sarpi interrogando il battito del cuore e il pulsar delle arterie non riveli la circolazione del sangue? che da ovvii fenomeni Torricelli non tragga la teorica del peso dell'aria, Lana quella degli areostati, Dalla Porta, i rudimenti primi delle scienze che hanno fatto celebri i nomi di Lavater e di Gall?... No, nol potrà! Potrȧ bensi agghiacciare a poco a poco la Penisola col soffio dell'inquisizione, far che Campanella si strozzi, Fulvio

Testi si decapiti, Bruno si bruci; potrà far tacere nella meridionale Italia la voce de' filosofi e dei poeti; imporre silenzio nella settentrionale al grido delle antiche franchigie; potrà sostituire i buli agli uomini d'arme, il cicisbeismo alla nazionale semplicità de' costumi, la pompa de' roghi alle lizze cavalleresche. La Spagna pose indosso all' Italia l'avvelenata vesta di Nesso: ma l'Italia non perirà...

La sventura preme la Spagna. L'America più non tributa oro che basti a soddisfare a' bisogni degli inerti padroni: povertà si asconde sotto l'oro e le gemme: Napoli, la Sicilia si son ribellate; Milano tumultuante è minacciata dalle armi della Savoia, della Francia; da incontrastabile primato in Europa e nel Mondo, la Spagna cade si basso, che il Portogallo, spezzatone il giogo, acclama un re nazionale, che Napoli si fa indipendente, che la Lombardia toltasi a un reggimento esecrato, benedice le leggi di Maria Teresa; che l'America la più avvilita e misera delle conquiste spagnuole, ultima ne ripudia l'impero.-Cosa resta alla Spagna ? le sue glebe; chi le feconda ? suoi chiostri ; or a che buoni? Misera! simile a chi sprecò in vane pompe il patrimonio avito, non si tenne ella in serbo pei di della sventura nemmeno un conforto: le calamità che la schiacciano, son opera sua; non sa scusarsene, non può ripudiarle: vende ad una ad una le reliquie della tramontata opulenza; beve nell'avversità il calice amaro che nei di dell'ebbrezza fece trangugiare senza pietà ai supplichevoli, agli infelici....

All'Italia arridono le arti della concordia e della

pace; agricoltura e industria fannola ricca; diffondonvisi i lumi dagli imi ai sommi: Dio ci guarda propizio, perchè le nostre mani sono pure di sangue innocente, e il nostro cuore non fu contaminato mai dalla scellerata speranza di soffocare i germi dell' incivilimento.....

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GLI ARABI

REMINISCENZE

DI UNA LEZIONE DI STORIA

Le aule son queste di Galileo, di Morgagni, di Cesarotti: è sogno il mio, o tra le mura annerite dai secoli, fatte scabre da stemmi, un eco si desta di que' sommi alla voce! Da qual labbro sgorgano le parole che tra 'l silenzio di queste vôlte antiche, l'orecchio mi fiedon da lungi! il sansovinesco cortile, le doriche trabeazioni ne rimbombano. Al suono io tengo dietro: trovomi giunto sul limitare d'aula affollata siede sulla cattedra uomo dal nerissim' occhio, dalla serena e ispirata fisonomia: il suo dire è limpida correntia che contro scogli non urta, che cataratte non teme, che vortici ignora. Maravigliato ascolto.

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