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dell'arte, lingua e prosodia, snaturati, corrotti, facean decupla la distanza che già correa tra questi ultimi rappresentanti delle lettere latine, e gli antichi modelli che splendeano annebbiati in un orizzonte lontano. Chi osava calcare le lor pedate, facealo sconciamente; molti per iscrupolo se n'asteneano. S. Girolamo si chiama, in una sua visione, punito d'essere più ciceroniano che cristiano, peccato di cui siamo disposti a crederlo innocentissimo. Un secolo dopo, s. Benedetto abbandonò gli studi per menar vita contemplativa; di che taluno lo ha lodato dicendo: Recessit scienter nescius, et sapienter indoctus.

Noi tocchiamo qui all'ultima corruzione della poesia. La vedemmo dopo Augusto decadere, mercè una improvvida alleanza colla filosofia, e mano mano andarsi discostando dal tipo di semplicità in cui risiede la perfezione, sino a vestire forme grottesche, sino ad Avieno, che traduce l'Eneide in iambi, imprendimento degno d'essere espiato col supplizio di Mida, se non presupponesse un tal supplizio già inflitto.

Meschini giuochi di parole, stupide paronomasie sono reputati fiori poetici. Ventitrè strofe d'un inno di Sedulio cominciano colle ventitrè lettere dell'alfabeto. Fu inventata la tecnopegnia, o artifizio consistente in cominciare e finire ogni verso con un monosillabo, e farne il principio del seguente.

I poemi figurati degli Alessandrini trovarono imitatori; furono date a que'componimenti forme di croci, d'altari, di stelle, di sepolcri. Fortunato s'alzò in questo genere a bella fama: 'versificò per triangoli, per qua

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drati e per cubi. Capo d'opera in tal genere è il poema d' Optaziano Porfirio, composto in onore di Costantino. Certo che se la difficoltà superata è misura del merito, costui è il corifeo de' poeti: avvegnachè nel suo libro tu scorgi ogni spezie di figure che crescono e decrescono regolarmente a formare acrostici, telostici, versi che discendono e che rimontano, che s'incrociano ad angoli retti ed inclinati, e in mezzo a' quali da certe sillabe segnate in rosso risaltan nuovi rabeschi per ogni verso. E sia detto ad onore di Costantino e del suo secolo, questo mostro poetico fu ammirato qual sovrana creazione del genio. L'imperatore scrisse al poeta, onorandolo del nome di fratello.

Noi assistemmo a'funerali della romana poesia, già da lunga pezza spirata.

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VI.

DANTE

La favella parlata dagli Italiani ne'secoli di mezzo, appellata volgare, contò altrettanti dialetti, quante vi aveano nella Penisola provincie, città; ed acquistò una spezie di generalità mano mano che il commercio, la guerra, le alleanze, ponendo a contatto gli abitatori di quelle provincie, di quelle città, restrinsero, comechè leggermente, i vincoli d' una nazionalità nascente.

Amore fu sprone alla poesia: i primi versi italiani furono di genere erotico. L'amore di Beatrice accese nel cuore di Dante la prima scintilla di poesia; la Divina Commedia è monumento come quella scintilla vasto incendio accendesse.

Somigliano tra loro Omero e Dante anco nel servigio immenso che resero alla propria lingua; aveanla trovata plebea, informe, con dialetti che variavano da

luogo a luogo: lievi saggi poetici quasi ignorati, quasi unicamente di genere erotico, non aveano per anco dato al volgare consistenza, regolarità, estensione. Acciò le muse. d' Ausonia cessassero di temere il confronto delle provenzali, era uopo un di quegli uomini che si levano quasi meteore di luce a fissare nuove ere nella storia dello spirito umano. Dante era uno di cotesti predestinati: smosse per primo un incolto terreno, s'impossessò della favella patria, resela adatta ad ogni ornamento, flessibile ad ogni stile, parata ad esprimere le ispirazioni del cuore, i voli della fantasia, non meno che i trovati dell'arti, delle scienze, e le meditazioni della filosofia: tolse a' vari dialetti le lor dizioni felici; e quand' esse non soddisfecero a' bisogni dell' irrequieto suo genio, ebbe ricorso al latino; forzò la lingua madre a dargli ciò che diniegavano le figlie, modificò, faccettò, tagliò, per così dire, vocaboli e frasi a far loro pigliare inflessione italiana, e spesso nell' impazienza di tal lavoro, il pretto latino gli sfuggi; licenze che formano tuttodi una lingua a parte, o diremo una lingua nella lingua, e voglionsi reputare felici, dacchè, rimovendo ogni regola, lo spirito d'Alighieri si ponea lor mercè al largo, e dischiudeva a se stesso infinito campo a creare. Conciossiachè le lingue debbono la loro formazione a' poeti, a' più grandi le più belle son essi che mediante un impulso primo fanno loro valicare tanto di via a purgarsi e ingentilirsi, quanta senza un tal impulso appena avrebbero in vari secoli percorsa; con grammatiche o dizionari non si insegnan elle nè a' contemporanei nè a' posteri;

bensì con iscritture, nelle quali i vocaboli, le frasi, le leggi della lingua respirano e vivono. L'italiana favella sorti sotto questo aspetto miglior fortuna della latina, fu pari alla greca: la sua infanzia durò poco, non ebbe adolescenza, toccò di slancio l'età virile.

L'Inferno, il Purgatorio, il Paradiso fornirono gli argomenti alle cantiche di Dante. Esiste uomo sulla terra a cui l'avvenire oltre la tomba sia indifferente? Hannovi spiriti convinti che nulla in noi sopravviva alla morte? Una tal convinzione è ella possibile? Qual argomento sa autorizzare certezza in campo si tenebroso? E ad uno che tale certezza ostentasse direbbe il nostro poeta :

E tu chi sei che vuoi sedere a scranna
Per giudicar da lungi mille miglia,
Con la veduta lunga d'una spanna?

A coloro che amerebbono di credere nell' annientamento, e son molti, rimane sempre una non so qual pavida curiosità di penetrare quel misterioso avvenire, a cui si collegano tante impressioni d'infanzia, tante idee succhiate col latte; idee che conquidono l'immaginazione per l'indefinito che vi s'accoglie.

Dante cantò il mondo invisibile, lo popolò d'avventure, di personaggi; le circostanze de' tempi e de' luoghi in mezzo a cui visse il poeta addoppiavano attrattiva al suggetto fantastico, sublime.

Onnipossente era la religione nel secolo d'Alighieri; le superstizioni stesse v' apriano più vasto campo alla poesia; i misteri della morte eranvi oggetto di cu

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