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SONETTO XXIII.

La rimembranza di Beatrice combatte e vince il desiderio importuno di nuovo amore.

Lasso! per forza di molti sospiri,
Che nascon de' pensier che son nel core,
Gli occhi son vinti, e non hanno valore
Di riguardar persona che gli miri.

E fatti son, che pajon due disiri
Di lacrimare, e di mostrar dolore;
spesse volte piangon sì, ch' Amore
Gli cerchia di corona di martiri1.

E

Questi pensieri, e li sospir ch'ï' gitto,
Diventan dentro al cor sì angosciosi,
Ch' Amor vi tramortisce, sì glien duole:

Perocch' egli hanno in se, sì dolorosi,
Quel dolce nome di Madonna scrittó,
E della morte sua molte parole.

1E spesso avvenia, che per lo lungo continuare del pianto, dintorno a loro si facea un colore purpureo; lo quale suole apparire par alcuno martiro ch'altri riceva,

(DANT. V. N.)

SONETTO XXIV.

Ad alquanti pellegrini che andando a Roma, onde contemplare il Santo Volto, passavano per Firenze.

Deh peregrini, che pensosi andate,
Forse di cosa che non v'è presente ';
Venite voi di sì lontana gente,
Come alla vista voi ne dimostrate?

Che non piangete, quando voi passate
Per lo suo mezzo la città dolente,
Come quelle persone, che niente
Par che 'ntendesser la sua gravitate 2?

Se voi restate, per volere udire;
Certo lo core ne' sospir mi dice,
Che lacrimando n' uscirete pui.

Ella ha perduta la sua Beatrice :
E le parole, ch'uom di lei può dire,
Hanno virtù di far piangere altrui.

1 Che essi forse pensano di loro amici lontani, li quali noi

non conoscemo.

(DANT. V. N.)

2 Cioè il suo grave affanno.

SONETTO XXV.

ESTASI.

Oltre la spera che più larga gira,
Passa il sospiro ch'esce del mio core:
Intelligenza nuova, che l'amore
Piangendo mette in lui, pur su lo tira.

Quand' egli è giunto là ove 'l disira,
Vede una donna che riceve onore,
E luce sì, che per lo suo splendore
Lo peregrino spirito la mira.

Vedela tal, che quando il mi ridice,
Io non lo intendo, sì parla sottile
Al cor dolente che lo fa parlare.

So io, ch' el parla di quella gentile;

Perocchè spesso ricorda Beatrice,

Sicch' io lo 'ntendo ben, donne mie care.

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di non

Appresso a questo Sonetto apparve a me una mirabil vi«<sione, nella quale io vidi cose, che mi fecero proporre «dir più di questa benedetta, infino a tanto, che io non po« tessi più degnamente trattar di lei; e di venire a ciò io studio

84 LE POESIE DELLA VITA NUOVA.

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quant' io posso, siccom' ella sa veracemente. Sicchè, se piacere sarà di colui, a cui tutte le cose vivono, che la mia vita per alquanti anni perseveri; spero di dire di lei quello, che mai « non fu detto d'alcuna : e poi piaccia a colui, ch'è Sire della cortesia, che la mia anima se ne possa gire a vedere la gloria <«< della sua donna, cioè di quella benedetta Beatrice, la quale « gloriosamente mira nella faccia di colui, qui est per omnia « sæcula benedictus. »

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E con queste parole annunziatrici della Divina Commedia, e che confermano quel ch' io dissi nella nota terza, pag. 54, termina il nostro Autore la Vita Nuova.

RIME DEL CONVITO.

CANZONE VI1.

Alle Potenze celesti che reggono la sfera di Venere narra il Poeta come varii pensieri gli combattono l'anima tra la rimembranza di Beatrice e la forza invincibile di un nuovo amore.

Voi che 'ntendendo 2 il terzo ciel movete,
Udite il ragionar ch' è nel mio core,
Ch'io nol so dire altrui, sì mi par novo:
El Ciel, che segue lo vostro valore,
Gentili creature, che vo' sete,

Mi tragge nello stato ov' io mi trovo;
Onde 'l parlar della vita ch' io provo,
Par che si drizzi degnamente a vui;
Però vi priego, che lo m' intendiate.*
I' vi dirò del cor la novitate:

Come l'anima trista piange in lui;

' Questa e le due seguenti sono le tre famose canzoni del Convito.

2 Intendendo, cioè collo intelletto solo, non corporalmente. (DANTE, CONVITO.)

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