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Perchè 'l maestro, accorto, lo sospinse, Dicendo: Via costa, (18) con gli altr! caní. Lo collo poi, con le braccia, mi cinse: Baciommil volto, e disse: (19) Alina sdegnosa, Benedetta colei, che 'n te s'incinse. Que' fu al mondo persona orgogliosa : Bontà (20) non è, che sua memoria fregi: Così s'è l'ombra sua quì furiosa. Quanti si tengono or lassù gran regi, Che qui staranno, come porci in (21) brago ̧* Di se lasciando (22) orribili dispregi. Ed io: Maestro, molto sarei vago Di vederlo attuffare in questa broda, Prima che noi uscissimo del lago . Ed egli a me: Avanti che la proda Ti si lasci veder, tu (23) sara' sazio: Di tal disio converrà, che tu goda.

(18) Cioè rabbiosi, iracondi.

(19) Anima ben nata, e di giusto sdegno contro i viziosi accesa, benedetta la donna che di te rimase gravida, e però vestendosi e cingendosi

cingeva se stessa, è te ancora ch' eri nel suo ventre.

(20) Questo verso è come tra parentesi, il senso può essere : non è bene, che fama orni la sua memoria rammentandolo; o veramente, tra tanti vizj non ebbe virtù alcună che smînuissé con qualche buon nome la sua ignominia.

(21) Nella mota e nella broda del pantänd.

(22) A quelli che sopravvivono, i quali offesi quanto meno in vita di questi tracotanti ed altieri si attentano risentirsi, tanto più vituperosamen= te gli oltraggiano dopo la morte.

(23, Goderai del desiderio avuto, quando tatto contento lo vedrai appagato

Dopo ciò poco vidi quello strazio
Far di costui alle fangose (24) genti,
Che Dio ancor ne lodo, e ne ringrazio.
Tutti gridavano, a Filippo (25) Argenti:
Lo Fiorentino spirito bizzarro

In se medesmo si volgea co'(26) denti.
Quivi 'llasciammo, che più non ne narro:
Ma (27) negli orecchi mi percosse un duolo
Perch' (28) i' avanti intento l'occhio sbarro:
E'l buon maestro disse: Omai, figliuolo,
S' appressa la città, ch'ha nome Dite,
Co' (29) gravi cittadin, col grande stuolo.
Ed io Maestro, gia le sue (30) meschite
Là entro certo nella valle (31) cerno
Vermiglie, come se di fuoco uscite

(24) Agli altri arrabbiati che lì penavano.

(25) Dice il Boccaccio essere stato costui della nobil famiglia Cavicciuli, un de' rami degli Adimari ricchissimo e potentissimo; ma che per ogni minima cosa, anzi per niente muntava in bestial fu

rore.

(26) Per rabbia disperata di non potersi difende

re contro tanti.

(27) Mi sentii ferir le orecchie da una voce dolo

rosa.

(28) Verso quella parte davanti con attenzione apro bene e spalanco gli occhi, donde la voce usciva. (29) Con quelli più aggravati da pene, e però i più considerabili con altra infinita turba più mite

mente punita.

(30) Meschite son le Moschee e tempj de' Turchi: qui si pigliano per le fabbriche più alte, con torri e campanili.

(31) Discerno.

Fossero; ed ei mi disse: il fuoco eterno,
Ch' entro l' affuoca, le dimostra rosse
Come tu vedi in questo basso 'nferno.
Noi pur giugnemmo dentro all' alte fosse,
Che (32) vallan quella terra sconsolata :
Le mura mi parea, che (33) ferro fosse.
Non senza prima far grande aggirata,
Venimmo in parte, dove 'l nocchier forte
Uscite, ci gridò, qui è l'entrata.
I' vidi più (34) di mille in su le porte
Dal ciel piovuti, che stizzosamente
Dicean: Chi è costui, che, senza morte
Va per lo regno della morta gente?
E''l savio mio maestro fece segno
Di voler lor parlar segretamente.
Allor chiusero un poco il gran disdegno,
E disser: vien tu solo, e quei sen vada,
Che si ardito entrò per questo regno.
Sol si ritorni per la (35) folle strada :
Pruovi, (36) se sa, che tu qui rimarrai,

(32) Circondano la città.

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(33) Alcuni spiegano, che il ferro fosse le mura, volendo che ferro sia primo caso, per non ricorrere alla discordanza attica rammemorata già in altro luogo, in virtù della quale si pone il fosse singolare retto da mura in luogo del fossero plurale, che meglio accorda.

(34) Demonj dal cielo con Lucifero in quell'abisso precipitati dicevano tra loro con rabbia.

(35) Che follemente e stoltamente tentò intraprendere.

(36) Provi un poco, se sa, e se li riesca all' ardito di ritornare soletto e scompagnato da te, che gli hai fatta la guida per istrada si oscura e intrigata, al suo mondo, o pure provi, se sa far nul

Che gli hai scorta sì buja contradą.
Pensa, Lettor, s'i'ni disconfortai,
Nel suon delle parole maladette:
Ch' (37) i' non credetti ritornarci mai.
O caro duca mio, che più di (38) sette
Volte m' hai sicurtà renduta, e tratto
D'alto periglio, che 'ncontra mi stette,
Non mi lasciar, diss' io, (3y) così disfatto:
E se l'andar più oltre c'è negato,

Ritroviam (40) l'orme nostre insieme ratto.
E quel signor, che li m' avea menato,

Mi disse: Non temer; che 'l nostro passo

Non ci può torre alcun, (41) da tal n'è dato .

la, cioè faccia pure quanto può e sa fare; che tu ne rimarrai qui con noi .

(37) Al luogo, donde mi era partito prima di intraprendere l'arrischiato cammino : tanto mi pareva difficile e tanto io mi era scuorato.

(38) Cercano i Commentatori, quali siano queste sette volte, e non le sanno ben ritrovare; ma pure contando le fiere per tre pericoli, e poi Caronte, Minos, Cerbero, Plutone, Flegias, Filippo Argent che gli si presentaron avanti minaccios si, e l'atterrirono, il computo tornerebbe; e se il contare le fiere per tre incontra qualche difficoltà di momento, ricorriamo alla libertà di porre il numero determinato in luogo dell' indeterminato, sicche voglia dire: da tutti, o da molti pericoli più e più volte.

(39) Abbandonato di ogni soccorso e guida,

smarrito di animo.

(40) Subito subito ricerchiamo le orme stampate dal mio piede, e ricalcandole ritorniamo via.

(41) Da si potente signore ci è stata conceduta questa grazia, quale Dio che non la può rivocare o impedire chi che sia.

Ma qui m'attendi, e lo spirito lasso
Conforta, e ciba di speranza buona :
Ch'i'non ti lascerò nel mondo (42) basso.
Così sen va, e quivi m'abbandona

Lo dolce padre, ed io rimango in forse:
Che (43) sì, e nò nel capo mi tenzona .
Udir non pote' quello, ch'a lor porse (44):
Ma ei non stette là con essi (45) guari,
Che (46) ciascun dentro a pruova si ricorse.
Chiuser le porte que' nostri avversari

Nel petto al mio signor, che fuor rimase,
E (47) rivolsesi a me con passi rari.
Gli occhi alla terra, e le ciglia avea rase
D'ogni baldanza, 48) e dicea ne' sospiri,
Chi 49) m'ha negate le dolenti case ?
E a me disse: Tu, perch' io m' adiri,

(42) Quaggiù nell' Inferno.

(43) Che il si tornerà, o il no non tornerà contrastavano nella mia estimativa, e non sapeva risolvermi a chi de' due più tosto credere.

(44) Ciò che disse a quei Demonj Virgilio. (45) Molto spazio di tempo.

(46 Ciascuno di quei Demonj a gara tra loro di tutta carriera tornarono indietro, facendo a chi poteva rientrare il primo nella città, per vietare a Virgilio l'ingresso, e gli chiusero le porte in faccia.

(47) Ritornò a me con passi lenti a guisa di chi pensa e si vergogna con volto sommesso e guardatura priva e spogliata di ogni vivezza ed ardire.

(48) E diceva, ma interrotto da frequenti sospiri: o pure, ei suoi sospiri parea che dicessero . (49) Cioè l'entrata in questa città di dolori.

Tom. I.

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