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tà, è marito e moglie; nè cosa può esser perfetta, dove questo non sia ; e solo questo amore è naturale, legittimo, e permesso. Dante adunque, tolto Donna, e vivendo civilmente, ed onesta e studiosa vita, fu adoperato nella Repubblica assai, e finalmente, pervenuto all'età debita, fu creato de' Priori, non per sorte, come s'usa al presente, ma per elezione, come in quel tempo si costumava di fare. Furono nell' uficio del Priorato con lui Messer Palmieri degli Altoviti, e Neri di Messer Jacopo degli Alberti, ed altri Colleghi; e fu questo suo Priorato nel milletrecento. Da questo Priorato nacque la cacciata sua, e tutte le cose avverse, ch'egli ebbe nella vita, secondo lui medesimo scrive in una sua epistola, della quale le parole son queste: Tutti li mali, e tutti gl' inconvenienti miei dalli infauti comizj del mio Priorato ebbero cagione e principio; del quale Priorato benchè per prudenza io non fussi degno, nientedimeno per fede e per età non ne era indegno; perocchè dieci anni erano già passati dopo la battaglia di Campaldino, nella quale la parte Ghibellina fu quasi al tutto morta e disfatta, dove mi trovai non fanciullo nell' armi, e dove ebbi temenza molta, e nella fine grandissima allegrezza per li varj casi di quella battaglia: queste sono le parole sue. Ora la cagione di sua cacciata voglio particularmente raccontare; perocchè è cosa notabiJe, e il Boccaccio se ne passa così asciuttamenfe, che forse non gli era così nota, come a noi, per cagione della Storia, che abbiamo scritta. Avendo prima avuto la Città di Firenze divisioni assai tra' Guelfi, e Ghibellini, finalmente era

rimasa nelle mani de' Guelfi; e stata assai lungo spazio di tempo in questa forma, sopravvenne di nuovo un' altra maladizione di parte intra Guelfi medesimi, i quali reggevano la Repubblica, e fu il nome delle Parti, Bianchi, е Neri. Nacque questa perversità prima ne' Pistolesi, e massime nella famiglia de' Cancellieri; ed essendo già divisa tutta Pistoja, per porvi rimedio fu ordinato da' Fiorentini, che i Capi di queste Sette venissero a Firenze acciocchè là non facessero maggior turbazione. Questo rimedio fu tale, che non tanto di bene fece a' Pistolesi, per levar loro i Capi, quanto di male fece a' Fiorentini, per tirare a se quella pestilenza. Perocchè avendo i Capi in Firenze parentadi e amicizie assai, subito accesero il fuoco con maggiore incendio, per diversi favori, che aveano da' parenti e dalli amici, che non era quello, che lasciato aveano a Pistoja. E trattandosi di questa materia publice, et privatim, mirabilmente s'apprese il nial seme, e divisesi la Città tutta in modo che quasi non vi fu famiglia nobile, nè plebea, che in se medesima non si dividesse : nè vi fu uomo particulare di stima alcuna, che non fusse dell'una delle Sette. E trovossi la divisione essere tra' fratelli carnali: che l'uno di quà, e l'altro di là teneva. Essendo già durata la contesa più mesi, e moltiplicati gl' inconvenienti non solamente per parole, ma ancora per fatti dispettosi e acerbi cominciati tra' giovani, e discesi tra gli uomini di matura età, la Città stava tutta sollevata e sospesa. Avvenne, ch'esseudo Dante de' Priori, certa ragunata si fè per la parte dei Neri nella Chiesa di Santa Trinita.

Quello, che trattassero, fu cosa molto segreta, ma l'effetto fu di far opera con Papa Bonifazio ottavo, il quale allora sedeva, che mandasse a Firenze Messer Carlo di Valois, de' Reali di Francia, a pacificare e a riformare la città. Questa ragunata sentendosi per la parte de' Bianchi, subito se ne prese suspizione grandissima, intantochè presero l'armi, e fornironsi d'amistà, e andarono a' Priori, aggravando la raganata fatta, e l'avere con privato consiglio presa deliberazione dello stato della Città; e tutto esser fatto, dicevano, per cacciarli di Firenze; e pertanto domandavano a' Priori, che facessero punire tanto prosuntuoso eccesso. Quelli, che aveano fatta la ragunata, temendo ancora essi, pigliarono l'armi, e appresso a' Priori si dolevano delli avversarj che senza deliberazione pubblica s'erano armati, e fortificati, affermando, che sotto varj colori li volevano cacciare, e domandavano a' Priori, che li facessero punire, sì come turbatori della quiete pubblica. L'una Parte, e l'altra, di fanti, e d'amistà fornite s'erano. La paura e il terrore, e il pericolo era grandissimo. Essendo adunque la Città in armi e in travagli, i Priori per consiglio di Dante provvidero di fortificarsi della moltitudine del Popolo; e quando furono fortificati, ne mandarono a' confini gli uomini principali delle due Sette, i quali furono questi: Messer Corso Donati, Messer Geri Spini, Messer Giacchinotto de' Pazzi, Messer Rosso della Tosa, e altri con loro tutti questi erano per la Parte Nera, e furono mandati a'confini al Castello della Pieve in quel di Perugia. Dalla Parte de' Bianchi furono

mandati a' confini a Serezzana Messer Gentile, e Messer Torrigiano de' Cerchi, Guido Cavalcatti, Baschiera della Tosa, Baldinaccio Adimari, Naldo di Messer Lottino Gherardini, ed altri. Questo diede gravezza assai a Dante, e contuttochè esso si scusi, come uomo senza Parte, nientedimanco fu riputato, che pendesse in Parte Bianca, e che gli dispiacesse il Consiglio tenuto in Santa Trinita di chiamar Carlo di Valois a Firenze, come materia di scandolo e di guai alla Città e accrebbe l'invidia, perchè quella parte di Cittadini, che fu confinata a Serezzaua, subito ritornò a Firenze; e l'altra ch'era confinata a Castello della Pieve, si rimase di fuori. A questo risponde Dante, che quando quelli da Serezzana furono rivocati, esso era fuori dell'uficio del Priorato, e che a lui non si debba ímputare. Più dice, che la ritornata loro fu per l' infirmità e morte di Guido Cavalcanti, il quale ammalò a Serezzana per l'aere cattiva, e poco appresso mori. Questa disagguaglianza mosse il Papa a mandar Carlo a Firenze, il quale essendo per riverenza del Papa e della casa di Francia onorevolmente ricevuto nella Città, di subito rimise dentro i Cittadini confinati, e appresso cacciò la parte Bianca. La cagione fu per rivelazione di certo trattato fatto per Messer Pietro Ferranti suo Barone, il quale disse essere stato richiesto da tre Gentiluomini della Parte Bianca, cioè da Naldo di Messer Lottino Gherardini, da Baschiera della Tosa, e da Baldinaccio Adimari, di adoperar si con Messer Carlo di Valois, che la loro parte rimanesse superiore nella Terra e che gli avea no promesso di dar

gli Prato in governo, se facesse questo: e produsse la scrittura di questa richiesta e promessa co'suggelli di costoro. La quale scrittura originale io ho veduta, perocchè ancor oggi è in Palagio con altre Scritture pubbliche; ma quanto a me, ella ni pare forse sospetta, e credo certo, ch'ella sia fittizia. Pure quello che si fasse, la cacciata seguitò di tutta la Parte Bianca, mostrando Carlo grande sdegno di questa richiesta e promessa da loro falta. Dante in questo tempo non era in Firenze, ma era a Roma, mandato poco avanti Ambasciadore al Papa, per offerire la concordia e la pace de' Cittadini; nondimanco per isdegno di coloro, che nel suo Priorato confinati furono della parte Nera, gli fu corso a casa, e rubata ogni sua cosa, e dato il guasto alle sue possessioni; e a lai, e a Messer Palmieri Altoviti dato bando della persona, per contumacia di non comparire, non per verità d'alcun fallo commesso. La via del dar bando fu questa; che legge fecero iniqua e perversa, la quale si guardava in dietro, che il Podestà di Firenze potesse e dovesse conoscere i falli commessi per l'addietro nell' uficio del Priorato, contuttochè assoluzione fusse seguita. Per questa legge citato Dante per Messer Coute de' Gabbrielli allora Podestà di Firenze, essendo assente, e non comparendo, fu condannato, e sbandito, e pubblicati i suoi beni, contuttochè prima rubati e guasti. Abbiamo detto, come passò la cacciata di Dante, e perchè cagione e perchè modo: ora diremo qual fusse la vita sua nell' esilio. Sentita Dante la sua ruina, subito partì di Roma, do

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