Page images
PDF
EPUB

assai raro nella Storia della Letteratura della nostra nazione. Anche nell'età più rozze vi fu sempre tra noi chi in qualche materia si sollevò sopra l'ignoranza comune. La barbarie non fu mai totale in Italia, nè gli studj vi furono mai affatto negletti. Era difficile che in un paese dove la letteratura avea fiorito così a lungo, non dovesse restarvi qualche seme di cultura. Voi troverete, che 0 poco o molto abbiamo avuto in ogni età poeti o latini, o volgari, teologi, filosofi, fisici; inetti e spropositati quanto volete, ma che servivano, se non altro, a mantenere in esercizio le facoltà dell'intelletto, ed a fare che non intorpidisse lo spirito. Questa è la ragione perchè le Lettere dopo la loro decadenza risuscitarono più presto in Italia, che in alcun altro luogo. Dormivano ancora profondamente nella stupidità le altre nazioni, quando (per parlar solo degli studj di filologia) comparve Dante con questo suo poema a dar anima alla poesia, e robustezza alla lingua, il Boccaccio con le sue poetiche prose ad ornarla di vezzi e di sali, e sopra tutti il Petrarca a renderla tersa, armonica, fiorita,

co'suoi versi gentili che non hanno punto invecchiato da più di quattro secoli in qua, Quanto misera cosa erano le lettere in Francia nell'età di cui parliamo! Essa non contava che alcuni romanzieri e prosatori, i di cui nomi, se non basta le opere, appena meritarono di passare a' posteri. E se dirò, Miledi, che la vostra isola non era in que' tempi la sede delle Muse, nè così favorita da Minerva, come lo fu dappoi, mi lusingo che questa mia riflessione non vi potrà niente offendere: voi amate molto la gloria della vostra nazione, ma assai più la verità; oltre di che mi sarebbe difficile potere su questo punto spacciare il falso per adularvi. Il dialetto Sassone, come sapete, dominò in Inghilterra fino al secolo XIII, e solo verso quest'epoca si pretende, che Roberto di Glocester abbia cominciato ad usare un linguaggio di mezzo fra il Sassone e l'Inglese; nè fu che molti anni dopo che sorse Gower a segnare tracce più profonde nel Parnaso Britannico. Spagnuoli per vero dire contemporaneamente a noi videro spuntare tra loro l'aurora della letteratura, ma assai lentamente si avanzò sul

Gli

messo e modesto, benchè non resti la sua Musa di spiegar tratto tratto con arditezza le penne, e di levarsi a volo sublime. Se volete vederne parecchi esempj, piacciavi seguire un poco il poeta insieme con me nel suo viaggio.

Dante dunque dopo essersi riposato qualche poco riprese via per la piaggia deserta. Era già dal principio del mattino, e i raggi del sole spuntando dalla cima del monte cominciavano a indorar la campagna. Quando al piè dell'erta gli si fanno innanzi una linee, un leone e una lupa. Egli sbigottito dalla paura perdea già la speranza di ascendere il colle, e retrocedea nella valle. Ma ecco, dice il poeta:

Mentre ch' io rovinava in basso loco
Dinanzi agli occhi mi si fu offerto
Chi per lungo silenzio parea fioco.
Quand' io vidi costui nel gran diserto,
Miserere di me, gridai a lui,

Qual che tu sia od ombra, od uomo certo, Risposemi: non uomo, uomo già fui,

E li parenti miei furon Lombardi,

E Mantovani per patria ambidui.

Nacqui sub Julio ancorchè fosse tardi,
E vissi a Roma sotto il buon Augusto,

Al tempo degli Dei falsi e bugiardi.
Poeta fui, e cantai di quel giusto

Figliuol d'Anchise, che venne da Troja, Poichè superbo Ilion fu combusto. Ma tu perchè ritorni a tanta noja? Perchè non sali il dilettoso monte, Ch'è principio e cagion di tutta gioja? Or se' tu quel Virgilio, e quella fonte, Che spande di parlar sì largo fiume? Risposi a lui con vergognosa fronte, Oh degli altri poeti onore e lume,

Vagliami il lungo studio, e 'l grande amore, Che m'han fatto cercar lo tuo volume. Tu se' lo mio maestro, e 'l mio autore, Tu se' solo colui da cui io tolsi Lo bello stile che m'ha fatto onore, Inf. I. 61.

E onore certamente grandissimo gli avrebbe fatto, se fosse eguale da per tutto a questi bei versi. Non si può negar tuttavia che in essi non traspaja un qualche colore di antichità, che dove più e dove meno si ravvisa sempre nella poesia di Dante o nelle

parole, o nelle frasi, o almeno nel numero. Non crediate, Miledi, di vedere in lui nè un Ariosto, nè un Tasso. Questo poeta ha uno stile suo originale, conciso, energico, vibrato. Egli non cerca di far pompa di una fantasia lussureggiante, nè si ferma assai a particolareggiare le sue immagini, ma lascia da considerare più di quello che dice, onde alcuna volta dà nell'oscuro. Contuttociò in lui non disdice una certa scabrosità ed orridezza di stile, quando sia moderata, poichè si confà al soggetto tetro anch'esso e cupo. Si vede anzi che quell'arcaismo, che generalmente prevale nella dicitura de' primi scrittori, suol darle un garbo particolare, poichè spira una certa semplicità e naturalezza, che sono come la divisa della Verità, la qual solo è bella, ed a cui siamo naturalmente inclinati.

Rien n'est beau que le vrai, le vrai seul est aimable.

Per questa ragione parecchi de' più culti moderni riputarono leggiadria il servirsi tratto tratto di voci, e di maniere di dire antiche.

Voi ben sapete come fra gl'Inglesi il celebre

« PreviousContinue »