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rietà del Furioso, la nobile elevatezza della Gerusalemme, e sopra tutto la facilità, la naturalezza, l'affetto che spira ne' drammi del Metastasio! Fra questi poeti avvenne pure talvolta di far menzione di Dante. Mi sovviene come un giorno voi avete chiesto se il vostro Milton abbia niente tolto da lui, poichè entra anch'egli in più di un luogo negli stessi argomenti, ed era molto studioso de' poeti Italiani. Varie cose si dissero allora su tale proposito; ma assai vagamente, perchè il luogo non era adattato a lunghi ragionamenti, a cui necessariamente dovea condurci il confronto di due autori. Da questa vostra curiosità ne ritrassi per altro, che voi non avevate letto il poema di Dante, e ne sono restato non poco maravigliato. È vero, che questo poeta non è assai gentile, onde possa essere introdotto alla toeletta delle Dama so che voi avete mostrato sempre

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un gran desiderio di conoscere i nostri migliori scrittori, e che siete fornita di un sentimento finissimo per gustarne l'ottimo. Oltracciò avete appresa la nostra lingua da' fonti de' più eccellenti maestri del dire, e ne’

paesi dove meglio si parla, avendo voi scorsa oramai gran parte dell'Italia, di cui ne abbellite ancora con la vostra presenza una delle più colte città.

La

Avendovi fatto qualche cenno su questo particolare, non mi è uscito della memoria come avete procurato di giustificarvi. fama, che ha Dante di essere un poeta aspro ed oscuro, voi mi diceste, vi ha distolto dall' impresa di leggerlo. Ma comechè sia, voi non dovevate contentarvi di stare alle relazioni altrui. Perchè non iscorrerne voi medesima alquanti canti, e darne poi il vostro giudizio, giacchè così bene avreste potuto farlo?

Adesso che la rigida stagione vi ha fatto abbandonare la campagna, ed ha obbligato me pure di ritornare al mio soggiorno, perchè la lontananza non mi privi affatto del dolce piacere di conversare con voi, ho risoluto di prendere la penna in mano; e, se non v'incresce, di trattenervi appunto su Dante. La questione, che avete proposta in riguardo a' due poeti, mi ha invogliato a rileggerlo. Io non vorrei troppo presumere,

o abusarmi troppo della vostra sofferenza, se con questa occasione vi facessi parte de' più bei pezzi del suo poema, che incontrerò a mano a mano che procederò oltra con la lettura, cercando di svilupparne le bellezze, ove ciò creda a proposito. Da quanto vi dirò potrete acquistare una bastante cognizione di lui. Io vi metterò innanzi le rose, senza che vi prendiate voi stessa la briga di andare a coglierle in mezzo a tante spine: impresa certo poco dilettevole; onde molti eziandio de' nostri nazionali, che non sono privi di genio per la poesia, hanno una scarsa ed imperfetta idea di questo autore, per non avere la pazienza di sceverare nel leggerlo il buon dal cattivo. Così verrei a fare su Dante quello appunto che sopra Milton ha fatto un celebre vostro compatriota, il sig. Addisson, quando nel suo Spettatore diè un estratto de' più singolari pezzi del Paradiso perduto. Sono ben lontano dal lusingarmi di poter uguagliare quell' elegante scrittore; ma certo è che più di lui ho brama di ben riuscirvi, poich' egli col suo lavoro non avea altro scopo che d'incontrare l'aggradimento del Pubbli

co, ed io scrivo per avere il vanto di meritarmi il vostro, o Miledi.

Ad onta della poco buona prevenzione che avete per Dante, io voglio credere, che sarete persuasa, che non sia sprovveduto affatto di meriti. Voi sapete pure com'egli alzò un gran concetto fino da'primi tempi, e per consenso universale fu distinto dalla turba comune de'poeti. Io non voglio adesso dare un gran peso al titolo di Divino (a), di cui fu decorato; perchè questo titolo perde molto del suo splendore per l'abuso che se ne faceva in que'tempi, dove si concedeva l'apoteosi a' poeti così a buon mercato come una volta agli Imperatori. Ma voi dovete certo ammirare un uomo, che nato in secoli

(a) E'da rimarcarsi che lo specioso titolo di Venerabile diedesi al nostro Poeta per la prima volta nell' edizione di Venezia del 1478; in quella del 1491 si chiamò inclito e divo; divino fu pur detto nell'altra del 1512, e finalmente fu chiamata divina la sua Commedia nell' edizione di Venezia 1516, espressione che venne poi adottata in progresso in quasi tutte l'edizioni. Nota dell' Editore.

rietà del Furioso, la nobile elevatezza della Gerusalemme, e sopra tutto la facilità, la naturalezza, l'affetto che spira ne' drammi del Metastasio! Fra questi poeti avvenne pure talvolta di far menzione di Dante. Mi sovviene come un giorno voi avete chiesto se il vostro Milton abbia niente tolto da lui, poichè entra anch'egli in più di un luogo negli stessi argomenti, ed era molto studioso de' poeti Italiani. Varie cose si dissero allora su tale proposito; ma assai vagamente, perchè il luogo non era adattato a lunghi ragionamenti, a cui necessariamente dovea condurci il confronto di due autori. Da questa vostra curiosità ne ritrassi per altro, che voi non avevate letto il poema di Dante, e ne sono restato non poco maravigliato. È vero, che questo poeta non è assai gentile, onde possa essere introdotto alla toeletta delle Dame, ma so che voi avete mostrato sempre un gran desiderio di conoscere i nostri migliori scrittori, e che siete fornita di un sentimento finissimo per gustarne l'ottimo. Oltracciò avete appresa la nostra lingua da' fonti de' più eccellenti maestri del dire, e ne'

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