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della civiltà e delle opere d'arte; e dopo tutto la cosa non doveva sorprendere nessuno, perché quella statua posava sopra un piede di terra

cotta.

Ci vollero secoli e secoli di preparazione, ci vollero i risultati felici delle moderne spedizioni archeologiche in Egitto, a Creta, in Grecia ed in Italia per ritrovare tutti que' frammenti si preziosi dell'arte e della civiltà passata, noti a Virgilio e a Dante Alighieri. Dopo che il D.re Evans per gli Inglesi e Feldherr per gli Italiani dissotterrarono tanti frammenti e tesori d'arte a Gnosso, a Festo, a Gortina, noi abbiamo tutto il materiale archeologico necessario per ricostruire la statua del veglio di Dante. Vi abbiamo ritrovato perfino la base, con la forma dei piedi, ancora attaccatavi : uno è di ferro e l'altro è di creta o terra cotta. Quella forma di piedi, e quella statua sulla base volta ad occidente, al luogo dove tramonta il sole, verso Italia bella, appartiene ad un gran peregrino, e quella direzione da oriente a occidente segna il più grande, il più bel

peregrinaggio che abbia mai veduto l'umanità. È la storia dell'arte e della civiltà rappresentata da quella statua; il cammino seguito nel suo trionfo in mezzo ai popoli. Essa venne dal paese misterioso della Sfinge, e delle tre donne nate sulla vergine onda del Nilo, le quali danzarono intorno al cuore di Dante. La prima tappa di quella statua o di quel grande peregrino, fu a Creta, nella terra di Saturno, del secolo d'oro, e di Minosse; di là essa diffuse la sua luce e bellezza sulla Grecia e tutto l'arcipelago del mare egeo ed ionio; e quando quel peregrino di amore dovette emigrare, esso prese il cammino d'Italia, e per la via sacra giunse fino a Roma, e da Roma e per Roma a tutto l'occidente.

Dentro dal monte sta dritto un gran veglio,
Che tiene volte le spalle inver Damiata,
E Roma guarda si come suo speglio.

Novembre 1909.

ALUIGI COSSIO.

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Non ne parlo qui per simpatia ch' io abbia all'uomo. L'uomo, anzi, mi è lo dico súbito piuttosto antipatico. C'è un troppo brutto e indimenticabile periodo della sua esistenza, quando alleato a un tristo arnese di polizia, di quelli che le età in tumulto esprimono sempre dal loro seno e rivelano, come esprimono e rivelano per fortuna anche gli eroi contro il nobile Conciliatore egli diresse l' Accattabrighe o Classico-romantico-machia, che il Pellico definí nullità e sudicería, e presto odiato dal popolo nel titolo stesso mostrava la bassezza de' suoi intenti, Nemmeno ho simpatie speciali allo scrittore, che simpatie speciali mal può meritare, e — prima che dal Mazzoni fu severamente

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1 Cfr. pp. 240 e 411.

2 Accenno al Conte e Commissario Trussardo Caleppio.

3 Era foglio rosato, per contrapporsi anche nella carta al Conciliatore. Aveva per motto « rerum discordia concors », e uscí dal novembre 1818 al marzo 1819.

giudicato dal Leopardi. Forse, tolta l'ultima sua fatica lessicale in collaborazione col Tommaseo,' egli fu mediocre in tutto che trattò o tentò. 2

Pure, giova imparzialmente convenire che da una parte egli riuscí figura d' uomo in notevole grado rappresentativa dell' età turbinosa in cui visse, e dall' altra per i serî studî e la ricchezza di cultura specialmente classica, si palesò in ogni opera sua rispettoso della forma artistica e assimilatore di facilità rara come la sua fecondità.

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L'autore stesso nella Prefazione al Triete anglico, stesa in forma di lettera e indispensabile a chiarire almeno l' astruso titolo, spiega com' egli abbia voluto celebrare i fatti storicopolitici e le guerre degli anni per lui memorandi 1815-17, e aggiunge che la morta principessa Carlotta di Galles gli è stata ad accrescere pregio ai suoi versi quasi come Beatrice all' Alighieri. Comunque, gran parte della pace europea di quel grecamente detto << Triete », cioè « periodo di tre anni », per lui si deve all' Inghilterra: onde Carlotta in vero gli è degna protagonista col suo innamoramento e matrimonio, con la sua morte e la sua apoteosi. Pure, agiscono sulla scena epicolirica altri eroi appartenenti a tutte le Potenze della Santa Alleanza, eroi male dal Bellini magnificati sopra Achille, Ajace, Diomede, Nestore ed Ulisse e specialmente per l' Augusta Casa d' Austria regnante il poeta corti

1 MAZZONI. L' Ottocento. Milano, Vallardi (in corso di stampa). Capit. VI, p. 411.

2 << Alcuni oltretomba posteriori alla Commedia ». Alba, Stabilimento tipografico Sineo, 1905.

3 Al marchese Servio de' Valari Maggi.

A parte, beninteso, il sublime amore, Musa

prima a Dante.

5 Affermazione mendacemente ridevole e adulatoria, cui è primo a negar fede nel suo íntimo il poeta stesso !

6 O magnanimo Foscolo, che varcasti allora le Alpi per non prestarle giuramento e servirla! Confronti chi vuole la bella foscoliana lettera di Milano, 31 marzo 1815.

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E comincio dall' Inferno, anche perché vien prima, nel Canto III del Poema.

Notevole è che il Bellini lo immagini vicino al vulcanico monte Ekla della remota isola Islanda.

Entr'esso giacciono puniti e rinserrati in eterne fiamme dieci traditori e mercanteggiatori della Patria e dei Re. La mescolanza dei nomi è peggior delle dantesche, e certuni — i due Bruti, Robespierre, Marat rivelano le tendenze illiberali e anti-democratiche dello scrittore. Il Démone della Guerra scende tra nude selci e gementi strigi all' Inferno e alla palude Stigia. E trova mostri e personaggi danteschi, dantescamente ripresentati. Ecco, in fatti, Cerbero: "

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1 Cfr. pp. 448-455. Tra le molte dantesche, v'é una reminiscenza petrarchesca :

Pallida no, ma come neve bianca ecc. Anche le reminiscenze petrarchesche [non iscarseggiano nel Triete anglico. E la maggiore (pariniana nel tempo stesso) io ebbi già a rilevare testé nell'articolo << Un episodio pariniano e petrarchesco nel Triete anglico di Bernardo Bellini » (Fanfnlla della domenica, 3 ottobre 1909).

2 Vedi le pp. 456-63. Altri pochi sciolti intrammezzavan le terzine (a p. 450-1).

3 Cfr. pp. 463-68. Meglio degli sciolti, e non men bene delle terzine, il p. maneggia l' ottava.

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