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remoti fu distrutto. Il Bonoli storico di Lugo scrive, che del dotto Guido nacque Nino, che di maestro portava titolo, il quale non si conferiva che a valorosi professori nei primi secoli dopo il mille.

CANTO XXIII. V. 34.

Chi crederebbe, che l' odor d' un pomo
Si governasse generando brama,

E quel d' un' acqua non sapendo como?

Pome e pomo, colle e collo, nome e nomo, come e como sono terminazioni usate nel trecento sì in prosa e sì in verso, in rima e fuor di rima. Ezzelino Terzo scrivendo a Salinguerra d' Este intitola la lettera in queste parole « Al potentissimo e sapientissimo uomo Salinguerra d' Este cognato,e COMO patre honorando ». Alcuna volta in Faenza ho udito uomo del volgo dire: il santo NOMO di Gesù.

CANTO XXVIII. V. 49.

Tu mi fai rimembrar dove e qual' era
Proserpina nel tempo, che perdette

La Madre lei, ed ella primavera.

In nota di recente editore leggo: Alcu ni vogliono, che qui PRIMAVERA significhi

ΙΟΙ

VERGINITA. Siami lecito restringere in uno questi alcuni, e dire, che il notatore, non seppe, o dimenticò le ragioni di tale mia interpretazione. Dissi parermi, che qui primavera si debba prendere nel senso di quell' epigramma di Ausonio, nel quale un giovinetto proferendo fiori a verginella dice: da mihi pro floribus istis tuum VER; DAMMI PER QUESTI FIORI LA TUA primavera . Così Angelo Poliziano chiamò la maschile verginità FIOre novello.

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La primavera del sesso migliore.

Se questo intendimento non si admette, manca un termine all' una delle comparazioni, la prima delle quali è fra' giardini di Cerere madre di Proserpina, e il bel loco del Purgatorio, in cui il Poeta si avviene, è la seconda tra le qualità verginali di Proserpina e di Matelda, che tosto, e intatta si sciolse da marito, e intatta visse e mori. Se Proserpina per essere rapita da Plutone, o sia per essere soprapresa dalla morte perdette i fiori de' prati Eleusini, quai fiori perdeva Matelda destinata e prossima a coronarsi di quelli del Paradiso?

T. II.

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CANTICA TERZA

CANTO III. V. 118.

Questa è la luce della gran Costanza,
Che del secondo vento di Soave
Generò il terzo e l' ultima possanza .

Vento si è fin qui avuto per sinonimo di superbia, alla quale chi soggiace si dice avventato. È noto come il Poeta si piaccia di latinismi. Per lo che pensai, che qui vento non voglia dir superbia, del qual vizio non trovo notato il secondo re della Casa di Svevia, a cui Dante era assai devoto, come a stirpe ghibellina; per lo che mi parve, che vento sia il supino del verbo venio. Di convenuto si fe' CONVENTO, di contenuto conTENTO, di avvenuto AVVENTO, di provenuto PROVENTO, di prevenuto Petrarca fe' PREVENTO (7.); così in VENTO si fu qui abbreviato il venuto della gran Costanza. Di simili tmesi sono sparse le lingue italiana e latina. Chi pubblicò questa mia spiegazione non aggiunse le ragioni, che mi v'induceano.

(7) Trionfo della fama Cap. 3. v. 48.

CANTO IX. V. 54.

Piangerà Feltro ancora la diffalta

Dell' empio suo pastor, che sarà sconcio
Si che per simil non s' entrò in Malta.

Ezzelino Terzo fabbricò in Cittadella una prigione e la nominò Malta, ove sosteneva quelli che stimava traditori all' Impero. Li Storici dopo aver detto di quel carcere il peggio che si può, soggiungono che è meglio tacere che dirne poco; non tacciono però, che quanti morivano in quell' Inferno restavano lì sino al termine di nettare le stan

ze,

lo che quattro fiate l'anno; e quando quel carcere fu aperto, vedeansi uscire uomini agonizzanti, matrone venerande, fanciulli e fanciulle chi privato degli occhi chi mutilato in ogni guisa. Qui la fantasia di Romanziere avrà poco da aggiungere alla

storia.

CANTO XVI. V. 88.

Io vidi gli Ughi e vidi i Catellini ;

queste famiglie mandate a' confini presero stanza a Faenza. I primi vi fondarono una Parocchia detta Santa Maria degli Ughi, che stette quasi a nostra età. Un Podere, che è nel contado in pieve di Cesà, e nella famiglia dello Scrivente , porta nome ricordevole de' secondi.

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CANTO XIX. V. 109.

Quel che morrà di colpo di cotenna.

Filippo il Bello mori in caccia cadendo in un col cavallo, alle gambe del quale si attraversò un cinghiale. Il Vocabolario della Crusca spiega cotenna cute del porco; essa è cute di qualunque animale; ma qui è nome appellativo di porco. Cotenna lo chiamano anch'oggi i montanari contadini di Romagna; gente presso cui più durano con le viete usanze le viete voci.

CANTO XXIV. V. 25.

Però salta la penna e non lo scrivo

Che l'immaginar nostro a cotai pieghe
Non che il parlar è color troppo vivo .

Il color troppo vivo di questo verso offese gli occhi della mente di chi si avvisò mutarlo in poco vivo. Parmi che il Poeta dica: la soavità del canto, che tre volte fu udito intorno a Beatrice, era di tal fatta, che non solo nol possono significare parole, ma nè anche umana imaginativa lo può raccogliere, imperocchè alla mente fa ciò, che agli occhi la luce quando soverchia. Così altrove disse:

Siccome il Sol, che si cela egli stessi
Per troppa luce:

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