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Capo dei bianchi era Vieri de' Cerchi ; de' neri Corso Donati. Dante stava pe' bianchi. Bonifazio VIII allora Pontefice ponea mano a ritornare la pace fra i Fiorentini; ma (come corse voce in quei tempi infelici) orgoglioso e violento per indole, quel suo impetuoso carattere mal si addiceva all' ufficio di paciere. La parte nera avea fatte sue le passioni de' guelfi ; la bianca quelle de' ghibellini: ma questa non iscoprivasi, nè appalesava gl' interni sentimenti; e credendo illudere i propri nemici minorava soltanto le proprie forze . Bonifazio però timoroso, che danno avvenisse a' guelfi, e che la potenza di essi diminuisse in Firenze, chiamava a Roma Vieri de' Cerchi e ricercavalo, facesse pace con Corso Donati. Vieri rispondendo non essere in guerra con persona, si partiva da lui senza aver fatto promesse. Bonifazio non ristette. Mandò in Firenze Matteo d' Acquasparta Cardinale Portuense sotto l' umano titolo di pacificatore : ma l' animo parve diverso dalle parole; chè egli ogni suo studio poneva in promuovere la causa de' guelfi. Se ne addiedero i bianchi che allora avevano la parte maggiore del governo, e timorosi, che male non gli avvenisse, ricusarono al Cardinale la balia della

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città aggiungendo alla ripulsa lo scherno; ond' egli sdegnato ne uscì sottoponendola

all' interdetto.

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CAPITOLO XI.

omnes

Admonet, et magna testatur voce .
Discite justitiam moniti .

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VIRGILIO

;

A tale erano le cose di Fiorenza ; e la Signoria volea ricondurre in città la pace perduta, quando Dante assunse l' ufficio di Priore. Amante caldissimo di rettitudine sospirava di ricomporre la patria dalle guerre civili, onde si restrinse co' suoi compagni nel reggimento della Repubblica (19) a dar bando ai capi delle due fazioni (20). Guido Cavalcanti fu nel numero de' cacciati. Caduto infermo a Sarzana, i bianchi protestavano la insalubrità del luogo del loro esiglio, ed alcuni di essi vennero rimessi in Firenze. Quelli dei neri che erano tuttora in città ne prendeano dispetto e minacciosi si adunavano a consiglio in S. Trinita. I bianchi, avuto sentore dell' assembramento afforzaronsi d'armi e di gente, e mossero lamentanze alla Signoria, dicendo che i neri voleano cacciarli. I neri d'altra parte udito lo armarsi de' bian

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chi, si providero d' armi protestando che i bianchi le aveano prese senza pubblica deliberazione; covare sinistri progetti; doversi riporli al bando. I Priori che volevan pur trovar modo di compor le forze della Repubblica disgregate, ricorrevano nuovamente agli esigli, e cacciavano i più caldi ed intolleranti nelle avverse fazioni. I neri shandeggiati la prima volta aveano confine in un luogo prossimo a Roma. In corte del Papa aveano aderenti ed amici; e profittavano della occasione per acquistarne dei nuovi. Corso Donati, rotto il confine di Massa Trabaria, si portò a Roma. Avendo il favore dei parenti del Papa, e del suo Banchiere, e del Cardinale d' Acquasparta si pose intorno a Bonifazio. Gli sussurrava alle orecchie, i bianchi essersi pubblicamente accostati ai ghibellini; aver sempre avuto cuor ghibellino; doversi spegnere il seme di gente inimica alla Chiesa; niun altro se non un Principe straniero potere dalle radici recidere il male; venisse oramai Carlo di Valois per far le giuste vendette del Pontefice contro Federigo di Sicilia, ma prima fornisse l'impresa di Firenze. Assentì Bonifazio; e Carlo nel 10 settembre 1301 calò in Italia. Giunto a Bologna non intromettevasi negli affari dei

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Fiorentini, ma seguitava la via di Roma. Lo accolse il Papa molto onorevolmente, e datili prima i titoli di Conte di Romagna di Capitano del Patrimonio e di Signore della Marca d' Ancona lo forni d' armi e di danaro, e lo inviò in Toscana per la strada di Siena. Arrivato in quella città onde onestare alcun poco la venuta, mandò ambasciatori a Fiorenza M. Musciatto de' Franzesi, ed un Guglielmo da Lunghereto di Provenza, chierico disleale e cattivo , ma occultatore delle proprie bruttezze col manto della religione. Disputavano i Fiorentini se fossero da accettare gli uffici di Carlo, o da rigettare come sospetti di fede. I più, considerato l' infuriare dei partiti, temendo di peggio , e disperando di porvi da sè stessi un rimedio, dicevano Carlo venisse ridonatore di pace. I migliori scorgevano in lui lo straniero ingordo delle ricchezze della Repubblica, di null' altro bramoso se non di comando : e Dante era fra questi. Conosceva che la gloria Fiorentina sarebbe stata spenta dai cittadini; lo stringeva compassione della umanità calpestata da coloro che ne stavano al freno e vedeva fremendo i diritti, che natura, non matrigna, a tutti egualmente concesse, tolti e rubati da pochi che avari di questo tesoro

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