Page images
PDF
EPUB
[ocr errors]

,

avesse così disfatto. Alla importuna domanda egli non rispondeva che con un guardo e un sorriso e quel suo silenzio ostinato e quel malizioso sorriso di tanto aguzzavano la curiosità dei chiedenti, che non facea passo, non atto, non volgeva la testa, non dava un'occhiata che essi tutto non spiassero. E standosene egli un giorno in un tempio ove, fra esso e Beatrice, era la donna di Lapo Gianni, femmina di molto piacevole aspetto, e questa spesso adocchiandolo, credettero essi avere scoperto il suo secreto, ed esser quella l'oggetto della sua passione. Amava Alighieri tenerli in tale credenza per fare schermo alla verità, e per qualche anno ve li mantenne scrivendo talora qualche verso in lode di quella gentil donna: ma avendo composta una serventese, nella quale facendosi a lodare le 60 più belle donne della città collocò il nome di Beatrice sul numero nono, fu presso a svelare l'affetto tanto gelosamente fino allor custodito. L' assenza della donna di Lapo dalla città, ed una poetica lamentanza scritta per tale occasione ricondusse nell' errore i curiosi. Ma il simulato amore, ed i versi in cui era descritto, dispiacquero a Beatrice di modo, che scontratasi con Dante negogli il consueto saluto.

La poesia è il linguaggio delle grandi passioni; e l'amore pose su l' armonioso labbro di quel sommo i versi più gentili, più nobili, e i più maravigliosamente elevati; con i quali, dato oramai bando ad ogni simulazione, fece comprendere a Beatrice essere stata ella sola il pungello di sua fanciullezza, essere il desio di sua gioventù. (*)

(*) Il presente sonetto di Dante, scritto in lode della sua donna, spira tutto ciò che può di dolce e soave concepirsi nella passione di amore. Avvi in esso un incanto che ti rapisce; un incanto che ti chiama al nobile gustamento delle delizie del mondo per sollevarti al consorzio de' numi :

Tanto gentile e tanto onesta pare

La donna mia quand' ella altrui saluta Che ogni lingua divien tremando muta E gli occhi non ardiscon di guardare . Ella sen va, sentendosi lodare, Begnignamente d'umiltà vestuta

E par

che sia una cosa venuta

Di cielo in terra a miracol mostrare. Mostrasi si piacente a chi la mira

E

Che dà per gli occhi. una dolcezza al core
Che 'ntender non la può chi non la prova.
par che dalle sue labbia si mova

Uno spirto soave e pien d' amore

Che va dicendo all'anima: Sospira.

[ocr errors][ocr errors][merged small][ocr errors][merged small][ocr errors][merged small][merged small][merged small]

Dante divideva gli anni giovanili fra gli affanni e i piaceri dell' amore, la severità degli studi, e il diletto delle arti; allorchè già profondo nel magistero della poesia si trasferì alla dotta Bologna, e non toccava ancora il ventesimo anno di età. Tornò poco dopo in Firenze; e giunto era quel tempo in cui l'uomo sa di avere una patria, e conosce i doveri santissimi di cittadino. Egli, pieno l'animo di ottime discipline, di scientifiche verità e di sapienza politica, sapeva più di ogni altro, che le sole opere d'ingegno non pagano il tributo che ognuno deve alla patria, ma a lei deve esser votato il braccio e la vita. Mentre sacrava la mente al bene dell'amata sua patria Italia, la rabbia cittadina, le civili discordie, i rancori

[ocr errors]

fra quelli, che serrava un muro ed una fossa, gli straziavano il cuore: laonde ricordevole della legge di Solone, che permetteva di uccidere il cittadino che si teneva neutrale nelle dissensioni civili; persuaso che i più dannosi uomini son quelli che stanno in aguato a mirare i combattenti per gettarsi quindi sui cadaveri, seguiva il partito dei guelfi, al quale per abito di famiglia era addetto.

[ocr errors]
[ocr errors]

Correva la metà dell' anno 1289; e la tromba di Marte annunziava all'Italia nuove piaghe, e nuove gioie all'invido straniero. I fuorusciti ghibellini, aiutati da quelli di Arezzo correvano sopra Firenze e i guelfi loro uscivano incontro (11). Scontratisi a Campaldino, e mescolatisi, bruttarono di fraterno sangue le spade (12). Dante militando a cavallo sotto la condotta del Barone de' Mangiadori di S. Miniato, trovati i nemici a piè del monte Poppi, fieramente pugnando nella prima schiera vi portò gravissimo pericolo della vita. Finalmente la vittoria coronò gli sforzi de' guelfi; ed i Fiorentini per questa battaglia, che costò ai perdenti 1700 morti e 1000 prigionieri, assicuratisi della sovranità della Toscana, si ressero per qualche tempo in grande e potente stato. Nè era scorso un anno, ed i

[ocr errors]

Fiorentini capitanati dal Conte Guido di Monte-Feltro, unitisi ai Lucchesi, mosse le armi contro i Pisani, avevano l'Alighieri fra coloro, che il castello di Caprona ridussero in signoria della Repubblica

« PreviousContinue »