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a quella che la provvidenza condusse poi nella chiesa unita a' suoi capi nell'ultimo de'concilii, non la riforma o niun altro strazio della sposa di Cristo, venerata e cantata da Dante più che da nessuno,

per

Del resto mi perdonino i leggitori di tornar loro a mente que'due gran fatti da Carlomagno in qua degli imperadori in parte eletti e incoronati dai papi, e dei papi in parte confermati dagli imperadori; due fatti da cui traevansi due diritti diversi od anzi opposti, combattendo i Guelfi più o meno esagerati non solo la indipendenza del papato, ma più o meno per la dipendenza degli imperadori da esso; e i Ghibellini esagerati non solo per la indipendenza degli imperadori, ma per la dipendenza de' papi dagli imperadori, come lo dimostrano le tante deposizioni de' papi fatte o tentate. Ora, noi veggiamo qui, che se Dante era tanto ghibellino da propugnare l'indipendenza dell'imperadore; egli poi non l'era tanto da propugnare la dipendenza del papa; ondechè se il concedemmo ghibellino, ed anzi ghibellino feroce, vedesi qui che non s' ha a dire perciò de'più esagerati. Del resto in fatti di

parte si voglion distinguere bene queste tre cose; l'esser detto di essa, l'esserne veramente, e il professarsene. Dante fu detto ghibellino forse prima d'esserlo; tuttavia il fu all'ultimo e molto troppo; ma ei non credeva esserlo e professava non esserlo. E ciò vedremo a tempo suo.

CAPO XII.

PISA, LUCCA, IL PURGATORIO.

(Agosto 1515-Novembre 1514)

7 Ma qui la morta poesia risurga,

O sante muse, poi che vostro sono.
PURG. 1.

Ma abbandoniamo il Dante politico o almeno il Dante dubbioso, variante, e non per viltà ma per ira anch'esso barcheggiante. Torniamo a Dante esule forte, poeta sublime, ed uomo tanto più altiero quanto più infelice. Il lasciammo e il ritroviamo in Pisa, dove probabilmente compiè o fece gran parte della Monarchia e del Purgatorio, sotto la protezione di Uguccione della Faggiola, signore di quella città dopo il misero rifiuto del re di Sicilia. Pisa ed Uguccione mostravano ora dopo la morte d'Arrigo e a capo

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di parte ghibellina, il medesimo ardire che Firenze testè a capo di parte guelfa. Soli quasi erano nell'Italia meridionale contro a papa Clemente V, Roberto re di Puglia, Firenze, Lucca e Siena; ed a schermirsene, Uguccione tentava negoziati ed apparecchiava armi, quando dalla fortuna, larga sempre d'aiuti ai costanti, ebbe quello che Firenze poc' anzi, la morte di uno de' principali nemici suoi, Clemente V (10 aprile 1514).

Questi avea riempito già il sacro collegio di cardinali francesi. Quattro soli italiani trovaronsi al conclave, tenuto con funesti auspicii per l'Italia in Carpentras; Niccolò da Prato, il non felice paciero di Toscana per papa Benedetto; Napoleone Orsini, l' altro non dissimil paciero per papa Clemente; Francesco Gaetani, un resto della famiglia di Bonifazio, e Pietro Colonna de' nemici di questo. Ai quali e forse pochi altri cardinali italiani, Dante, probabilmente dal suo rifugio di Pisa, scrisse una lettera per confortarli a nominare un papa italiano. È ventura, che ne rimanga tal lettera, la quale

(1) Veltro p. 137.

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