Poeta fui, e cantai di quel giusto Figliuol d' Anchise che venne da Troja, Poichè 'l superbo Ilion fu combusto. Ma tu perchè ritorni a tanta noja? O degli altri poeti onore e lume, Vagliami 'l lungo studio e 'l grande amore Che m' han fatto cercar lo tuo volume. Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore: Tu se' solo colui da cu' io tolsi Lo bello stile che m' ha fatto onore. A te convien tener altro viaggio, Che questa bestia, per la qual tu gride, Molti son gli animali a cui s' ammoglia, Questi non ciberà terra nè peltro, Ond' io per lo tuo me' penso e discerno, I VAR. Morir di doglia (CR.) Seguendo la metafora, dice che la Lupa s'ammoglia con altri animali; ma che il Veltro, cioè Can della Scala ne farà scempio. 2 Questi non ciberà ec. Questi non si ciberà di terra ec.; cioè, questi non appagherà il suo appetito col possedere molto paese e gran tesori, ma colla sapienza; e questa sola lo sazierà...... Peltro è propriamente stagno raffinato con argento vivo, ma qui prendendosi la spezie per il genere, vale l'istesso che ogni sorta di metallo. (VEN.) 3 E sua nazion sarà ec. La sua nazione, cioè la regione natia di Can grande, sarà la Lombardia, ampia regione situata tra la Marca Trivigiana, ove è Feltro, e la Marca d'Ancona, ov'è Montefeltro. (AN.) 4 Di quell' umile ec. Di quell' Italia, or umile, e già sì grande, per cui tanto si fece. Ov' udirai le disperate strida, E vederai color che son contenti Alle qua' poi se tu vorrai salire, Anima fia a ciò di me più degna: Con lei ti lascerò nel mio partire. Che quello Imperador che lassù regna, Ed io a lui: poeta, i' ti richieggio Allor si mosse, ed io li tenni dietro. 1 Che la seconda morte ec. Cioè la morte dell' anima, perciocchè quella del corpo, la quale è la prima, essi l'hanno avuta. Addomandano adunque la seconda, credendo per quella, le pene che sentono, non dovere poscia sentire. (Boccaccio.) 2 Sì ch' io vegga ec. Sicch' io vegga teco quanto v' è dall' inferno sino alla porta del cielo, dove ti si vieta d' entrare. CANTO II. Dante dubita molto di sua virtù, nè può credersi degno, come S. Paolo od Enea, di visitar vivo i regni dell ombre; ma udendo esser Virgilio mandato da Beatrice, si rinfranca e lo segue. Lo giorno se n' andava, e l'aer bruno M' apparecchiava a sostener la guerra O Muse, o alto 'ngegno, or m' ajutate: Io cominciai: Poeta che mi guidi, Guarda la mia virtù s' ell' è possente, Prima ch' all' alto passo tu mi fidi. 1 O Muse ec. Invocate le Muse, figlie di Giove e di Mnemosine, cioè dell' intelletto e della memoria, invoca poi l' intelletto e la memoria medesima. O alte, cioè innalzato dagli studi sublimi. O mente ec. O memoria che bene in te imprimesti tutte le cose da me vedute, Qui si parrà ec. qui si manifesterà l'eccellenza di tua virtù. Tu dici che di Silvio lo parente, Però se l'avversario d'ogni male La quale e 'l quale, a voler dir lo vero, U' siede il successor del maggior Piero. Di sua vittoria e del papale ammanto. 1 1 Di Silvio lo parente, cioè Enea, padre di Silvio, il quale, come dice Virgilio nel lib. vi dell' Eneide, andò sensibilmente, cioè co' sensi e col corpo vivo, a secolo immortale, ad uno de' regni della vita futura. 2 Per padre eletto, eletto per fondatore. Ecco la costruzione ed il senso di questo e del precedente terzetto: Ad uomo però d'intelletto non pare indegna cosa, se Dio nemico d'ogni male, conoscendo l'alto effetto ch' uscir doveva di Enca, e il chi e il quale (sono questi il quid e il quale delle scuole, indicando il primo la sostanza, l' altro la qualità) cioè la formazione del romano impero, che avrebbe poi influito nello stabilimento della Chiesa di G. C., fu cortese a segno di accordargli tale andata. (Portirelli.) 3 Onde li dai tu vanto. Allude al passo del lib. vi dell' Eneide, V. 125: Facilis descensus Averno est; etc. |