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Lasciane andar per li tuo'sette regni:
Grazie riporterò di te a lei,

Se d'esser mentovato laggiù degni.
Marzia piacque tanto agli occhi miei,
Mentre ch'io fui di là, diss'egli allora,
Che quante grazie volle da me, fei.
Or che di là dal mal fiume dimora,

Più muover non mi può per quella legge,
Che fatta fu, quando me n' usei' fuora. 90
Má se donna del Ciel ti muove e regge,
Come tu di', non c'è mestier lusinga:
Bastiti ben, che per lei mi richegge.
Va' dunque, e fa', che tu costui ricinga
D'un giunco schietto, e che gli lavi'l viso,
Sì ch'ogni sucidume quindi stinga;
Che non si converria, l'occhio sorpriso

D'alcuna nebbia, andar davanti al primo Ministro, ch'è di quei di Paradiso. Questa isoletta intorno ad imo ad imo 100 Laggiù colà, dove la batte l'onda, Porta de'giunchi sovra 'l molle limo. Null'altra pianta, che facesse fronda, O indurasse, vi puote aver vita, Perocchè alle percosse non seconda.

I gir per li tuoi sette regni:

DANTE T. I.

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Poscia non sia di qua vostra reddita:
Lo sol vi mosterrà, che surge omai:
Prendete 'l monte a più lieve salita.
Così sparì: et io su mi levai

Sanza parlare, e tutto mi ritrassi

Al duca mio, e gli occhi a lui drizzai. Ej cominciò: Figliuol, segui i miei passi: Volgianci indietro, che di qua dichina Questa pianura a' I suo' termini bassi. L'alba vinceva l'ora mattutina,

Che fuggia 'nnanzi, sì che di lontano Conobbi il tremolar della marina. Noi andavam per lo solingo piano,

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Com'uom, che torna alla smarrita strada, Che 'nfino ad essa li pare ire in vano. 120 Quando noi fummo dove la rugiada Pugna col sole, e per essere in parte, Ove adorezza, poco si dirada, Ambo le mani in su l'erbetta sparte Soavemente 'l mio Maestro pose; Ond' io, che fui accorto di su'arte, Porsi ver lui le guance lagrimose: Quivi mi fece tutto discoverto Quel color, che l'Inferno mi nascose.

I suoi termini bassi.

Venimmo poi in sul lito diserto,

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Che mai non vide navicar su' acque

Uom, che di ritornar sia poscia esperto. Quivi mi cinse, sì com' altrui piacque: O maraviglia! che qual egli scelse L'umile pianta, cotal si rinacque Subitamente là, onde la svelse.

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CANTO SECONDO.

ARGOMENTO

Allo apparir del Sole ritrovandosi i Poeti ancora sul lido, videro per mare venir un Angelo con un vascelletto d'anime, le quali scesero a terra per gire a purgarsi. Dante tra queste conobbe Casella suo amico, al cui soavissimo canto esse ritardando il passo, furono da Catone sgridate di negligenza; per lo che subitamente s'affrettarono tutte verso il monte del Purgatorio.

Già era 'l Sole all'orizzonte giunto,

Lo cui meridian cerchio coverchia
Ierusalem col suo più alto punto:
E la notte, ch'opposita a lui cerchia,
Uscia di Gange fuor con le bilance,

Che le caggion di man, quando soverchia;
Sì che le bianche, e le vermiglie guance,
Là dov'i' era, della bella Aurora

Per troppa etate divenivan rance. Noi eravam lungh'esso 'l mare ancora, Come gente, che pensa I suo cammino, Che va col cuore, e col corpo dimora;

I il suo cammino,

ΙΟ

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