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addosso al marito. Non lessi mai cosa più calda e cocente, in opera di cotali rannate fra gente bassa, di questa.

ZEV. Deh! pigliate il Boccaccio, e leggetela. egli non sarà cosa fuor di proposito, e non è che troppo fa al caso nostro. E poi, chi ci dà l'orma, a noi? o ci prescrive confini a' nostri ragionari? O, non possiam noi uscir di strada a un bisogno, e tornarci quando ne piaccia?

ROSA M. Ben dice il nostro Sig. Dottore. Deh faccia, Sig. Giuseppe, di non negarci questo piacere. Io lessi già quella novella; ed ora non mi sovviene più di quel luogo.

:

TOREL. Nulla più volentieri. Io non mi arrischiava di farlo, per paura di esser molesto: or che vi veggo vogliosi di udirla, ed io ne son più di voi. eccomi a leggerla. Accompagnati dunque i tre fratelli così di notte dal cognato Arriguccio a casa di lui, altresì seguitandoli la madre, siccome dissi di sopra; la Sismonda avea trovato siffatto ingegno, che ella si provò innocente del fatto di che il marito, come calunniatore rimase di sasso. La madre adunque, alla quale era troppo scottato, che la figliuola fosse a lei ed a' fratelli cosi accusata per mala femmina, veduto che ella era provata santissima donna, accesa di fierissima collera, così mise mano a svelenirsi contra del genero. Avendo essa udito, che la figliuola perdonava ad Arriguccio marito questa ingiuria « cominciò a fare romore, et a dire; Alla Croce d'Iddio, figliuola mia, cotesto non si

vorrebbe fare; anzi si vorrebbe uccidere questo can fastidioso e sconoscente; che egli non ne fu degno d'avere una figliuola fatta come se' tu. Frate, bene sta! basterebbe, se egli ti avesse ricolta del fango (*). Col malanno possa essere egli mai; se tu dei stare al fracidume delle parole d'un mercatantuzzo di feccia d'asino! che venutici di contado, et usciti delle trojate vestiti di romagnuolo, con le calze a campanile e con la penna in culo, come egli hanno tre soldi, vogliono le figliuole de' gentili uomini e delle buone donne per moglie, e fanno arme e dicono; Io son de' cotali; e Quelli di casa mia fecer così. Ben vorrei, che' miei figliuoli n' avesser seguito il mio consiglio; che ti potevamo così orrevolmente acconciare in casa i Conti Guidi con un pezzo di pane; et essi voller pur darti a questa bella gioja; che, dove tu se' la miglior figliuola di Firenze e la più onesta, egli non s'è vergognato di mezza notte di dir, che tu sii puttana; quasi noi non ti conoscessimo. Ma alla fe' di Dio, se me ne fosse creduto, e' se ne gli darebbe sì fatta gastigatoja, che gli putirebbe. E rivolta a' figliuoli, disse; Figliuoli miei, io il vi dicea bene, che questo non doveva poter essere. Avete voi udito, come il buon vostro cognato tratta la sirocchia vostra? Mercatantuolo di quattro danari, ch' egli è! Che se io fossi come voi, avendo detto quello che egli ha di lei, e facendo quello che egli fa; io non mi terrei

[*] Vedi la Crusca nelle Giunte, alle voci Frate, e Bastare.

mai nè contenta nè appagata, s'io nol levassi di terra: " e se io fossi uomo com'io son femmina, io non vorrei che altri ch'io se ne impacciasse. Domine fallo tristo! ubriaco! doloroso! che non si vergogna ».

ZEV. Ben disse la Scrittura, Non est ira super iram mulieris. or questo è bene sguinzagliare i bracchi, e menaré la mazza a tondo.

ROSA M. Quanto a me, non so dove nè quando Cicerone medesimo sciorinasse mai un tratto di cosi calda e affocata eloquenza. Or come questa femmina tocca tutti i punti da accender l'odio, da esagerare l'ingiuria, amplificandola da tutti i lati e con arte di finissimo accorgimento! E quel saltare che fa talora il punto, e poi ripigliarlo! tornando spesso alle parole di ol traggio, interrotte a otta a otta dalle ragioni più gravi : il che tutto è proprio d'animo riscaldato nell'ira quanto esser possa.

TOREL. E dite anche; lasciando stare la bellissima lingua, e' modi calzanti e le capresterie Fiorentine, le reticenze, le ellissi, che in questo genere di parlar passionato, massime in bocca del basso popolo, hanno colore e forza maravigliosa. E chi avesse agio e tempo da ciò, potrebbe venir divisando queste grazie di lingua per un buon pezzo. ma non è da dipartirci dal nostro primo proposto.

ZEV. Io ringrazio Dante che ci diè cagione, e voi Giuseppe, che da lui la prendeste di recarci dinanzi così bel tratto. Intanto, riconducendoci alla nostra materia; Dante tocca qui da Virgilio un rabbuffo che gli

bastò un pezzo. Egli stava tutto attento alla detta batosta; Ad ascoltarli er' io del tutto fisso; Quando 'l maestro mi disse; Or pur mira: Che per poco è che teco non mi risso. Questo parlar riciso e caldo è il proprio dell'ira, che qui mostra Virgilio; e la nostra lingua ha modi a dovizia, che a questi tratti di passioni servono mirabilmente. Quel pur mira, è ironia pungente, come dicesse; Ben fai: sta pure così mirando: che poco manea, che io non ti fo una sgridata da par mio. Chi volesse cercar per sottile ogni ragion di grammatica in questo costrutto, per poco è, che, ec. avrebbe forse da far molto, e poco ritrarne. Egli è un modo nostro, così fatto come egli è; e basta.

Rosa M. Questo mi sembra ben da notare; che questo modo potrebbe leggermente tirare chi non è pratico della natia proprietà, a porre qui il soggiuntivo, dicendo, ch' io non mi rissi. Ma egli si pare da altri esempi, il proprio essere l'indicativo; che ecco il Petrarca: Poco mancò, ch' io non rimasi in cielo. E non dirò già, che esempi in contrario non ve ne sia; ecco qui: Poco mancò ch' io non affogassi, ha il Firenz A sin. 11. e, Poco mancò che il loro pensiero non avesse effetto: ivi medesimo, 205. Ma uno scrittor di gran nome mi disse già; il buon secolo aver meglio amato il preterito dell' indicativo (*). Or il povero Dante, sentendo così seco adirato colui, al quale non volea dispiace

[*] Il Cav. Vannetti.

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re per cosa del mondo; Quand' io 'l senti' a me parlar con ira, Volsimi verso lui con tal vergogna, Ch'ancor per la memoria mi si gira: dunque ella fu della buona. ma di qui medesimo egli ne cava un concetto bellissimo. Questa vergogna era un' accusa del fallo suo, e però una scusa degna di perdono: ed egli non lo intendeva, e volea pure scusarsi. Udite similitudine di questo atto dell'anima (e questa è una delle similitudini, che solo Dante trovò ): E quale è quei che suo dan

naggio sogna, Che sognando desidera sognare, St che quel ch'è come non fosse agogna. Sottile e vero concetto! Chi sogna, exempligrazia, essergli morto suo padre, per natural movimento si sente desiderare che 'l non sia vero, ma sogno. Tal mi fec' io, non potendo parlare; Che disiava scusarmi, e scusava Me tuttavia, e nol mi credea fare: credendo che sol col parlare si facesser le scuse, e non eziandio con gli atti dell' aspetto e degli occhi. Ma Virgilio fu ben pronto a cavarlo di quella pena: Maggior difetto men vergogna lava, Disse'l maestro, che'l tuo non è stato. O bello! questa tua vergogna ti avrebbe potuto lavare eziandio d'un peccato capitale, non che di questa menda; Però d'ogni tristizia ti disgrava: E fa ragion ch' io ti sia sempre allato, Se più avvien che fortuna t' accoglia, Dove sien genti in simigliante piato: Che voler ciò udire è bassa voglia.

ZEV. Ecco qui una predica della presenza di Dio. colla debita riverenza, il concetto è il medesimo di quelIo; Ambula coram me, et esto perfectus, che Dio disse ad Abramo.

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