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DIALOGO SETTIMO

S'era già sparsa voce delle tornate, che in casa il Sig. Torelli facevano il Zeviani ed il Rosa Morando, e delle cose che intorno alle bellezze di Dante ogni di vi s'erano ragionate; conciossiachè, chi in questo e chi in quel crocchio d' amici, i tre n' aveano parlato assai, e del diletto presone; singolarmente il Zeviani. Era Parrocchian di Soave ( buon castello a quattordici miglia da Verona) un certo D. Bartolommeo Perazzini, studiosissimo del nostro poeta, ed innamoratone a pezza troppo più che altri ne potesse essere; il quale, conciossiachè fosse non vulgar letterato, era legato in amicizia con l'uno e con l'altro, e forse con tutti e tre i Veronesi; e delle cose di Dante soleano scriversi l'uno all' altro assai delle volte. il che non fu senza pubblica utilità: perocchè il Perazzini ajutato dallo studio accuratissimo da sè fatto in quel poema, e dal vicendevole comunicare con siffatte persone, ne avea ritratto tanto, da poter pubblicar con le stampe alcune sue correzioni del testo di Dante, assai ragionevoli ed utili a lume di quel poema. E non si vuol qui defraudargli l'onore, d'aver il primo sciolto il nodo di quel passo di Dante al principio del Canto ix. del Purgato

rie: La concubina di Titone antico, ec., intorno al quale molti letterati, ed in ispezieltà il Rosa Morando indarno fino allora s'erano affaticati. Ora tornando in via, avea il Perazzini altresì saputo di que' ragionamenti, che da' tre si tenevano intorno a questo poeta; e tanto gliene godè l'animo, che fu tentato alcuna volta di abbandonare quella sua cura, per poter essere anch' egli a quella sì gioconda e profittevole conversazione, ma non credendo per questo di dover farlo; volea saperne ogni cosa, almen le principali delle ragionate fra loro, e ad essi ne scrivea quanto poteva più spesso; tuttavia loro invidiando sì bella ventura. Per la qual cosa, sì per opera del Perazzini, che con suoi amici da ciò le cose sapute comunicava, e sì d'altri che ne faceano il medesimo, le cose dette da' nostri pigliarono più largo campo, e vennero in maggior conoscenza. Ora riducendomi al proposito nostro, dico; che i tre continuando la loro usanza, furono l'altro di alla ora posta raccolti insieme nella camera degli altri giorni; e il Signor Giuseppe prima degli altri, così prese a dire.

TOREL. Avanti che noi mettiam mano al novellar nostro, io credo ben fatto, che noi pognamo tale ordine al nostro parlare, che senza stancar nessuno di noi soverchiamente, prendendosi (come s'è fatto per poco sempre infino a qui) a fare ciascuno una diceria troppo lunga, dia luogo a ciascheduno degli altri di dire liberamente quello che da dir gli parrà: il che tornerà a scemarci la fatica, e ad accrescersi utilmente il diletto.

ZEV. Si, si: questa è la bella pensata. Ciascheduno si prenda, o gli sarà assegnata, materia da dirvi sopra, e la condurrà innanzi fino alla fine: se già ella' non riuscisse sì lunga, che paresse da dover dimezzare; ed in tal caso, un altro se ne piglierà da fornire quello che resta: e così andando di questo passo, ci verrà fatto con men disagio più di cammino.

Rosa M. Io ne son tracontento, come debbo essere di cosa che piaccia alle Signorie loro, e che io medesimo conosco assai più comoda e ragionevole. Intanto credo, che il Sig. Giuseppe ci entrerà innanzi il primo, dando a noi altri la norma.

TOREL. Io crederei anzi da rompere questa norma ; e che alcun altro (il che bene si converrebbe al Dottore al presente) mettesse la falce nel campo; e dietrogli qualunque altro di noi due, secondo che ci darà il caso, o il piacero dell' uno o dell' altro.

ZEv. Io non farò troppe cirimonie; e da che così vi piace, così farò; senza però far punto pregiudizio al grado, che voi tenete fra noi. Dante ha toccato già il fondo di Malebolge, ed è nell'ottavo girone. Innanzi tratto, egli descrive tutta la giacitura e condizione del luogo: Luogo è in inferno detto Malebolge, Tutto di C. pietra e di color ferrigno, Come la cerchia che d'intorno il volge. orribile dipintura d' infernal fondo! Tutto esso adunque, compresovi la parete interna del pozzo ampissimo che gli fa cerchia, i dieci fossi a cerchio concentrici, co' dieci ponti in arco, che incatenandoli per traverso loro sovrastano, è tutto un macigno nero ( come

XVIII.

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sul Vicentino, là presso Montecchia e Roncà, sono il terreno e i sassi in quel tratto a dilungo, che pajono fatti carbone da qualche vulcano); e per tutto un masso medesimo stagliato, e a quel disegno affossato dalla divina giustizia, fatto in pendenza verso il

pozzo, che è giù là nel mezzo. Volgere è, girare serrando, così nel Canto xxix. dice, Che miglia ventidue la valle volge. Nel dritto mezzo del campo maligno ( nel mezzo appunto) Vaneggia ( questo verbo 'non ha pari) un pozzo assai largo e profondo, Di cui suo luogo conterà l'ordigno; in vece di dire, Del quale a suo luogo conterò l'ordigno, o l'ingegno .

Rosa M. Bel parlare poetico! L'uscir di regola è novità; e perchè lascia trapelare il natural modo, per ambedue queste ragioni piace ne' poeti; i quali sentone sempre del soprannatura.

ZEV. Così non trasandassero alcuni de' nostri contro natura! Quel cinghio che rimane adunque è tondo Tra'l pozzo e 'l piè dell' alta ripa ( cerchia) dura, E ha distinto in dieci valli il fondo; siccome io ho detto di sopra. Ecco altra novità nel collocar le parole, che la mente le ordina da sè così; Tondo adunque è quel cerchio, che rimane tra, ec. questo trasporre è un vezzo di lingua, o certo di Dante. l' usò anche al Canto xxIx. di questo Inferno, 37. Cosi parlammo insino al luogo primo, Che dello scoglio l' altra valle mostra; che il natural modo portava, al luogo primo dello scoglio, che mostra, ec. E Canto XXXII. 118. Se fossi dimandato altri chi v'era; cioè, chi altri v' era. Abbattendoci a siffatti passi di tal

maestro, noi dobbiam contentarci pur d'imparare non appuntarlo. Falli, e valloni, e fossi chiama Dante le dieci circolari cavature nel piano, e concentriche e se elle sono così hanno dunque loro argini e rialti, che di qua e di là le accompagnano in cerchio, e quasi le formano che non sarebbono nel sasso queste cayature così separate ( ma pure una continuata), se fra l' una e l'altra non lasciassero luogo al detto rialto: e però il Poeta qui non gli nomina.

TOREL. Vedete voi, se Dante gittava parole sopra lo stretto bisogno?

ROSA M. Il mio comentatore da Siena non le passa, Sig. Dottore, questo valli per le cavature, o fosse dette di sopra ; ma vuole, che sieno gli argini o bastioni, dal latino vallum.

ZEV. Perchè così?

ROSA M. Per la sconcordanza che sarebbe fra queste valli, e 'l quelli del verso 13; e però l'intende i valli, non le valli. ·

ZEV. Quando egli non ha miglior ragione di questa, io non mi sento di mutar nulla. Farete dunque di dirgli da mia parte; che il quelli non dice mica le valli di sopra, ma i fossi nominati nel verso innanzi. or ciò ribadisce l' opinion mia: che ecco egli nomina fossi qui, e sotto al verso 17, quello che prima avea detto valli. e' sono adunque le cavature, non gli argini. E potreste anche aggiugnere; che non dagli argini più propriamente, ma dalle dette fosse era distinto quel fondo, nel quale erano dentro cavate.

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