Page images
PDF
EPUB

Guardar l'un l'altro sotto nuova luna ( quando ha po chissima luce); E si ver noi aguzzavan le ciglia, Come vecchio sartor fa nella cruna. Sommamente ci dilettano certi pittori, che sogliono ritrarre questi atti più minuti, come di uno che infila il refe nell' ago, o un arrotino tutto inteso ad assottigliar il filo ad un coltello, o simili; ed esprimon così per appunto l'atteggiarsi della bocca, o degli occhi che fa l'uomo in tali atti, che noi sclamiamo per maraviglia; Egli è vivo. or che differenza è, o qual vantaggio di quelle pitture da questi versi di Dante? Gran forza di lingua e d'ingegno! E queste son quelle cose che (secondo la dottrina del Signor Dottore ) piacciono sempremai a tutti, perchè lor pare essere a cotal fatto. Segue: Così adocchiato da cotal famiglia, Fui conosciuto da un che mi prese Per lo lembo, e gridò; Qual maraviglia? Per lo lembo : non dimenticò Dante, che l' anima era sotto nella rena, ed egli alto sull'argine.

ZEV. Tornando addietro un passo; Se il verbo guatare fosse altro da guardare, e proprio di chi sguarda attentamente, o con maraviglia (come altri vuole ), era da usarlo qui, dove quelle anime miravano Dante appunto così: e tuttavia adopera ci riguardava... e guardar l'un l'altro, ec.... e però non è dall' uno all' altro differenza, come altrove s'è detto.

ROSA M. Questo si chiama, ribadire il chiodo. Ed io, quando il suo braccio a me distese, Ficcai gli occhi per lo cotto aspetto. questo par verso zoppo, che gli sia meno una sillaba, chi non sa legger Dante. egli volle

in vero studio ficcai di tre sillabe, per far sentire nello stiramento delle due vocali, la fatica e lo stento dell' affisarsi in viso a colui: ed usò anche, in vece d'altro verbo, ficcai; quasi come spingendo dentro gli occhi, e chiavellandogli con essi il viso. Il qual verbo tanto spressivo Dante l' amava assai: così spesso l' adoperò in questo senso: Inf. IV. 10. Tanto che per ficcar lo viso al fondo, lo non vi discerneva alcuna cosa. e Purgatorio, XXIII. e Paradiso, xxI. e vattene là. Si che'l viso abbruciato non difese La conoscenza sua al mio intelletto.

ZEV. O, togli qua! sto a vedere che questo difese è il defendre de' Franzesi, che val vietare, proibire. o sarebbe vero cotesto?

TOREL. Egli è così, come voi ed io siamo noi. ed una volta credevasi, che gli Italiani questa ed altre voci avessero prese da' Franzesi, o da' Provenzali: dove al presente fu per un dotto uomo mostrato, non esser cosi; anzi così noi Italiani, come i Franzesi averle tolte da quell' antico Latino, che era all' Italia comunc, e donde la Italica lingua ne fu formata. Ora questo difendere per vietare usato fu da alcuni scrittori del 300 (come del Villani ci dice il Vocabolario, e d'alcun altro); ma generalmente non prese piede, e da' Classici, e soprattutti dal Boccaccio fu lasciato nel suppediano. Ma io vi metto la mano davanti, Filippetto mio: perdonatemi, che io era sopra fantasia.

ROSA M. Deh! che scuse fa ella, Sig. Giuseppe? o vuol ella vedermi arrossare?

TOREL. No, dico: seguite pure.

299

ROSA M. Non so io bene s' io dico; questo difendere poter essere anche il latino defendit ( cioè, arcet ) aestatem capellis. ma procediamo. Il dir dunque, che il viso abbruciato non difese, o vietò la conoscenza di lui al suo intelletto, è un dire; che ad onta delle scottature onde avea rosolato il viso, ben conobbe Ser Brunetto: che ecco; E chinando la mano alla sua faccia ( da che egli era di sotto), Risposi; Siete voi qui, Ser Brunetto? Ci fu alcuno che lesse, in luogo di chinando la mano; chinando la mia alla sua faccia. la qual lezione, non che io rifiuti come fa altri, credo anzi migliore. Chi l'appuntò disse; che se Dante abbassò la faccia, per meglio riconoscere Ser Brunetto, ei lo fece più sù: e però era un ripetere il già detto. Ma gli si può rispondere, pare a me; che non punto per questo s' abbassò Dante; anzi per un atto di amorevolezza, volendo avvicinargli più le parole; come porta in tal caso l'affetto. Ma che cerchiamo? o nol dice Dante medesimo pochi versi dopo; ma'l capo chino Tenea, com' uom che riverente vada? E, quello che non par da credere, il medesimo Ser Appuntino spiega poi questo luogo, come ho fatto io dell'altro, nè più nè meno, dicendo; come insegna la natura in tal circostanza, per appressar al più basso le parole.

ZEV. Che volete? così va il fatto di questi appun

tatori.

ROSA M. Dopo alcune accoglienze fatte insieme tra Dante e Ser Brunetto Latini, stato già suo maestro; Dante si profferisce di sedersi con lui a ragionare per

agio: E quegli; O figliuol mio, non ti dispiaccia, Se Brunetto Latini un poco teco Ritorna indietro e lascia andar la traccia. lo dissi lui; Quanto posso ven' preco ; E se volete che con voi m' asseggia, Farol, se piace a costui, che vo' seco. Bel costume del Poeta! andandone egli sotto la scorta di Virgilio suo duce, non vuol di sè promettere, se non a condizione che glielo assenta la sua guida.

ZEV. Ma che valor date voi a questo modo, se piace a costui, CHE vo' seco ? egli m'ha dello strano.

ROSA M. E' non è certamente modo di parlar comune. Egli potrebbe essere un di que' modi (che n'ha la lingua a josa ), che vanno intesi meglio per discrezione, che per grammatica, e non valer altro che, lo lo farò, se piace a costui, col quale men' vado; e sentirebbe alquanto di questo modo de' Fioretti, 121. Con un suo figliuolo in braccio, il quale avea otto anni; CHE li quattro era stato ritropico delle quali bizzarrie di parlari, ben mi ricorda avere parlato a luogo dovechessia. Ma quel CHE potrebbe anche spiegarsi così; lo lo farò (di sedermi con voi ), sì veramente che questi ne sia contento: POICHÈ io sono a sua compagnia.

ZEV. Non so io medesimo, quale mi piaccia meglio. tanto mi par bellissima l'una e l'altra delle due spiegazioni.

ROSA M. Ma Brunetto, il quale era della greggia di que' dannati, che andava continuamente, punto non vi s'acconcia: O figliol, disse, qual di questa greggia S'arresta punto, giace poi cent'anni Senza arro

[ocr errors]

starsi, quando 'l fuoco il feggia. Afrostarsi è parar da

[ocr errors]

sè le fiamme, facendo rosta o ventaglio delle mani. e feggia è fieda, da fiedere, feggere; come sopra m'asseggia, m'assegga, m'assieda.

ZEV. Cacasangue! avea ben ragione costui di non tener la profferta di Dante. C'è chi rigetta qui lo arrostarsi, per farsi vento, per questa ragione; che i dannati nel fuoco potrebbono avere alcun refrigerio; il che è contrario alla nostra credenza. Io vorrei ricordar al Sere, che quantunque egli dica vero, secondo la fede; non fa altresì, quanto allo immaginar di Dante, il quale concede a' dannati, anzi a questi medesimi qua, questo refrigerio e noi dobbiamo starci con lui nello interpretare le cose sue: ecco; basti questo solo luogo, al vicin Canto XVII. 47. Di qua di là soccorrén (o s' accorrien ) con le mani, Quando a vapori, e quando al caldo suolo: dove il comentatore, dimenticatosi di quello che avea detto qui, spone; Esprime l'azione... di corrersene qua e là con le mani, or in alto, or attorno, or al basso, dov'erano molestate da' vapori, e dall' ardor che le scottava.

:

ROSA M. Questa è bene marchiana. Però va oltre, io ti verrò a' panni; E poi rigiugnerò la mia masnada, Che va piangendo i suoi eterni danni.

TOREL. Io rido qui; che e' fu chi disse a questa parola, a' panni; Non poteva dire, al lato, per esser più basso di Dante. e'l Buti comentando questo luogo, dice: io ti verrò a' panni; cioè, ti verrò allato. il che importa, che venire a' panni, vale generalmente venire al

« PreviousContinue »