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là dove esser dee giocondo. Bello quel priva sè del vostro mondo, per Dassi la morte! Ella, Sig. Dottore, è pregata di darmi un poco di spalla.

ZEV. Volentieri. Viene ora a chi fa forza in Dio, o nelle sue cose: Puossi far forza nella deitade, Col cuor negando e bestemmiando quella, E spregiando natura, e sua bontade. ecco, chi Dio bestemmia, o spregia natura, o la sua bontade; che è l'arte, come vedremo. e questo è il terzo girone del medesimo primo cerchio. E però lo minor giron (il terzo, più piccolo de' tre) suggella Del segno suo e Soddoma e Caorsa, E chi spregiando Dio col cuor favella. offende Dio chi il nega e bestemmia; offende la natura il soddomita; offende l'arte l'usurajo. Questo terzo minor girone suggella del segno suo Soddoma e Caorsa, ed i bestemmiatori. che è quel suggellare, ec.? Lo spiego così; Nel detto girone piove falde di fuoco sopra quelle tre fatte di peccatori e quelle fiamme cadendo lor sulla carne, a modo di marchio rovente, la segnano e suggellano colle piaghe, onde que' corpi sono impressi, a colore del sangue delle cotture, e delle ulceri; delle quali disse Dante, veggendole; Ahimè, che piaghe ·vidi ne' lor membri Recenti e vecchie, dalle fiamme incese! Quanto al Caorsa, presa per accennar agli usuraj, dicono che è la capitale del Quercì, nido allor d'usuraj. ma leggete il Du-Cange, alla voce Caorcini. Ed ecco forniti i tre cerchietti di que' che peccano con violenza. restano quelli che con la fraude: e questa sarà la parte del nostro Torelli.

TOREL Eccomi: La frode ond ogni coscienza è morsa, Può l'uomo usare in colui che 'n lui fida, Ed in quel che fidanza non imborsa. La frode non lascia scusa a nessuno che la fa: tanto è contro ogni ragione e legge. Questo modo di retro ( il secondo, dell' ingannare chi non ha peculiar fede in noi) par che incida Pur lo vincol d'amor che fa natura; cioè offende il solo amor naturale: Onde nel cerchio secondo s'annida ( nel men basso) Ipocrisia, lusinghe e chi affattura, Falsità, ladroneccio e simonia, Ruffian, baratti e simile lordura, Per l'altro modo ( il primo, che inganna chi ha peculiar ragione di fidarsi di noi ) quell'amor s'obblia Che fa natura, e quel ch'è poi aggiunto, Di che la fede spezial si cria: Onde nel cerchio minore, ov' è`l punto Dell'universo in su che Dite siede, Qualunque trade in eterno è consunto: i traditori. Ora continuandosi, segue a dir Dante: Ed io; Maestro, assai chiaro procede La tua ragione, et assai ben distingue Questo barátro, e'l popol che'l possiede. Ma dimmi: Quei della palude pingue, Che mena'l vento e che batte la pioggia, E che s'incontran con sì aspre lingue; i quattro di sopra; iracondi, lussuriosi, golosi, e avari co' prodighi; Perchè non dentro della città roggia Son ei puniti, se Dio gli ha in ira? E se non gli ha, perchè sono a tal foggia? Ed egli a me; Perchè tanto delira, Disse, lo 'ngegno tuo da quel ch' e' suole? Ovver la mente dove altrove mira? Risponde Virgilio: Le quattro maniere di peccati di sopra essere di incontinenza; la quale dispiace a Dio meno della malizia, o della bestialità ;

e però essere men duramente puniti: Non ti rimembra di quelle parole, Con le quai la tua Etica pertratta Le tre disposizion che 'l ciel non vuole; Incontinenza, malizia, e la matta Bestialitade? e come incontinenza Men Dio offende, e men biasimo accatta? Se tu riguardi ben questa sentenza, E rechiti alla mente chi son quelli, Che su di fuor sostengon penitenza; Tu vedrai ben, perche da questi felli Sien dipartiti, e perchè men crucciata La divina giustizia gli martelli. Ma a voi ora, Filippo.

ROSA M. Ripiglia or Dante; O sol che sani ogni vista turbata, Tu mi contenti si quando tu solvi, Che non men che saver dubbiar m'aggrata. Ancora un poco'ndietro ti rivolvi, Diss' io, là dove dì, ch'usura offende La divina bontade, e'l groppo svolvi. Rispon de Virgilio; che la natura fa ritratto dalla mente divina, e l'arte dalla natura; come il nipote ritrae dal padre, e questo dall' avo. Or l'uomo dee provveder sua vita colla norma della natura e dell' arte; cioè co' frutti della terra, studiandola e col giusto traffico ; secondochè dice il Genesi nelle prime facce. Ma l' usuriere esce di questa norma, e però offende la natura è la bontà sua, che è l'arte da lei filiata. Filosofia, mi disse, a chi l' intende...

ZEV. Di grazia, concedetemi due minuti. Questo a chi l'intende, fu ben mutato così dall' a chi l'attende, che è nelle stampe, sopra la fede di un ottimo Codice di Udine; anzi di Mantova: perchè il Mantovano ha appunto, a chi l' intende; dove l'Udinese ha, a cui

l'intende; non bene, al mio giudizio: perchè il cui non può mai regolarmente ricevere valor di caso retto (come farebbe qui; dovendo valere, a quello il quale l' intende), ma sempre di caso obliquo; come ne' seguenti esempi: Fioretti S. Francesco, 45. A cui egli ( S. Francesco ) sanava il corpo (cioè, a quello al quale ec.), Iddio gli sanava l' anima. Nov. Ant. 74. È senno, da cui l'uomo vuole alcuna cosa, metterlo prima in isperanza di bene; cioè, quello, dal quale. Vita S. Maria Maddalena, 85. Ora, alle cui mani se' tu venuto, Signor mio! cioè, alle mani di chi! e così vale gli altri casi, ma sempre obliqui. E pertanto, a cui l' intende, non è ben detto, per a quello il quale l' intende, che è caso retto ma è da stare col Codice Mantovano; a chi l'intende. Ma basti. or innanzi pure.

ROSA M. Adunque: Filosofia, mi disse, a chi l'intende Nota non pure in una sola parte; Come natura lo suo corso prende Dal divino 'ntelletto, e da sua arte: E se tu ben la tua fisica note, Tu troverai non dopo molte carte, Che l'arte vostra quella quanto puote Segue, come 'l maestro fa il discente; Sì che vostr'arte a Dio quasi è nipote. Da queste due, se tu ti rechi a mente Lo Genesi dal principio, conviene Prender sua vita e avanzar la gente. E perchè l'usuriere altra via tiene, Per sè natura e per la sua seguace Dispregia, poichè in altro pon la spene. Ma notaste voi addietro quel vago e giusto concetto; Che non men che saver, dubbiar m'aggrata? vuol dire; Tanto è il diletto ch' io prendo del tuo svogliere i miei dubbj, che per

questo il mio dubbiar medesimo m'è altresì caro, come le tue risposte, quando egli mi dà cagione di tal diletto.

ZEV. Questo è del vivo acume di Dante. Erano dunque i due poeti dimorati non poco in questo ragionamento, fermi dietro il coperchio del grande avello; ed era omai tempo di muoversi. Dice dunque Virgilio; Ma seguimi oramai, che 'l gir mi piace: Che i pesci guizzan su per l'orizzonta; cioè poco mancava al nascere del sole coll' ariete, essendo già levati i pesci, che lo precedono: E'l carro tutto sovra 'l coro giace; l'Orsa maggiore era scesa sopra il luogo, onde trae il Ponente maestro, detto Caurus, Corus: E'l balzo, (la ripa ov'erano ) via là oltre si dismohta. Tutto bel dire poetico, elegante di questi quattro ultimi versi; con che Dante ci volle dire, che egli sa ben quando vuole rimettere in tempra le corde della sua cetera. Ed ecco renduto a Dante, anche questa parte del suo lavoro men poetica delle altre, avendo voluto con questa pausa ridestar nel lettore la voglia, e con essa ravvivar il gusto delle seguenti bellezze. Entriamo oggimai seco nel settimo cerchio. Torelli, a voi.

TOREL. Era lo loco, ove a scender la riva Venim- C. XII. mo, alpestro; e per quel ch' ivi er' anco Tal, ch' ogni vista ne sarebbe schiva. già prima avea detto, se vi ricorda; In sull' estremità d' un' alta ripa, Che faceano gran pietre rotte in cerchio, Venimmo, ec. Innanzi tratto, per ben far a' lettori immaginare questo trarupo, ne piglia la similitudine da una ruina di monte, che è di 16 Bell. di Dante. T. I.

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