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Recasti già mille lion per preda,
E che, se fossi stato all'alta guerra
De' tuoi fratelli, ancor par ch'e' si creda
Ch'avrebber vinto i figli della Terra;
Mettine giuso, e non ten venga schifo,

Dove Cocito la freddura serra.
Non ci far ire a Tizio, nè a Tifo:

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118 Recasti per preda mille leoni, facesti preda di mille leoni: mille, numero determinato per l'indeterminato, per moltissimi. Ferunt epulas raptos habuisse leones, del medesimo Anteo scrive Lucano [a].,

guer.

119 al 121 E che, ec. E questo primo che una ripetizione del pronome che adoprato nel v. 115.: O tu che ec.; ed è la costruzione: E che (e il quale) pare ancor ch' e' si creda (pare inoltre ch'egli si creda), che se fossi stato all'alta ra de'tuoi fratelli (alla guerra contro Giove, mossa da'giganti fratelli tuoi), vinto avrebbero i figli della Terra (non avreb ber vinto gli Dei, ma i giganti medesimi, figli, come dicono le favole, della Terra). Dice il Biagioli che questa costru zione del Lombardi fa comparir Dante scrittor barbaro; e ne dà quest'altra: e, o tu, per cui (se tu fossi stato all'alta guerra de' tuoi fratelli) pare ancor che si creda ec. Prende il Poeta nostro questo immaginario vanto d'Anteo dal prelodato Lucano, che della Terra madre de' giganti, e della guerra dai giganti contro del Ciel mossa, dice:

caeloque pepercit

Quod non Phlegraeis Antaeum sustulit arvis [b]. 122 e non ti vegna, la Nidob.; e non ten venga, l'altre ediz., (e noi col Vat. 3199.) Non ti venga a schifo, non isdegnare.

-

123 124 Dove Cocito, fiume infernale, -la freddura serra, il freddo costipa, agghiaccia. Vedi nel canto seg. v. 23 e segg. Non ci far ec. Sii tu il cortese, e non ci far andare a cer car la grazia ad alcun altro. - Tizio e Tifo, o Tifeo, due de'giganti che mossero guerra a Giove, e che suppone Virgilio intorno al medesimo pozzo esistenti.

[a] Phars. iv. 602. [b] Ivi v. 569. e seg.

Questi può dar di quel che qui si brama: Però ti china, e non torcer lo grifo. Ancor ti può nel mondo render fama;

Ch'ei vive, e lunga vita ancor aspetta,

Se innanzi tempo grazia a sè nol chiama.

Così disse'l Maestro: e quegli in fretta

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Le man distese, e prese il Duca mio,
Ond' Ercole sentì già grande stretta.
Virgilio, quando prender si sentìo,

Disse a me: fatti 'n qua sì, ch' io ti prenda :
Poi fece sì, ch'un fascio er'egli ed io.

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125 Questi, cioè Dante. - può dar di quel che qui si brama, cioè rinomanza su nel mondo; cosa dalla superbia vostra bramata. Alle parole: di quel che qui si brama, il Torelli chiosa: « cioè qualche notizia dello stato dei viventi, atteso che » i dannati, secondo Dante, non conoscono il presente. Che » Dante non intenda della fama, appare da ciò che segue: An» cor ti può nel mondo render fama; onde verrebbe a dire » due volte lo stesso. »

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126 grifo per muso semplicemente. VOLPI. Grifo è propriamente il muso, o grugno del porco, e però la frase è bassa e sprezzante; ma qui, oltre il bisogno della rima, la locuzione non è affatto sconveniente, specialmente in rapporto ad un viso che doveva essere molto lurido e mostruoso. POGGIALI. ←

128 129 e lunga vita ancor aspetta, per esser solamente, come nel bel principio del poema dice, Nel mezzo del cammin di nostra vita. Se innanzi tempo grazia ec. Appella grazia il morir presto, o per generalmente riputarsi la temporal vita inferiore all'eterna, o per particolar riguardo all'angustie in cui Dante trovavasi.

131 132 Le man ec. Costruzione: Distese le mani, onde, dalle quali, Ercole sentì già stretta grande ( quando ebbe lotta con Anteo; benchè Ercole alfine ammazzasse Anteo), e prese il Duca mio.

135 Poi fece sì, ec. Poi fece in modo, che fossimo ambedue abbracciati da Anteo quasi in un fascio.

Qual pare a riguardar la Carisenda

Sotto 'l chinato, quand'un nuvol vada
Sovr'essa sì, ch'ella in contrario penda;
Tal parve Anteo a me, che stava a bada
Di vederlo chinare, e fu tal ora
Ch'io avrei volut'ir per altra strada.

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136 al 141 Carisenda, o, com' altri scrivono, Garisenda, torre in Bologna assai pendente [a], così dal cognome di chi l'ha fatta fabbricare addimandata. Dell' Agnello, dice il Vellutello, che si appellasse a' tempi suoi; in oggi però viene detta comunemente la torre mozza. -Parendo che quella torre sia continuamente per rovinare, egli è facile che, trovandosi persona inesperta colle spalle alla torre sotto il chinato, sotto il pendio di essa, mentre vien nuvolo contro, apprenda invece che movasi per rovinare la torre stessa. Cotale falsa apprensione dovendo Dante avere inteso avvenuta in parecchi, prendela in esempio dell' apprensione e paura ch'ebb'esso mentre vide chinarsi sopra di sè lo smisurato corpo d'Anteo, credendo che sopra gli venisse, per cadere che facesse, e non per chinarsi; tanto più ch'essendo il resto del corpo del gigante nascosto dal pozzo, non poteva Dante vederlo reggere le gambe ritte, come reggele chi si china e non cade. - stava a bada-Di vederlo chinare dee significare lo stesso che stava attento a vederlo chinare, e non già, come il Venturi chiosa, mi trattenevaper trastullo, e perdendo tempo lo rimirava, senza pensare ad altro. -e fu tal ora. Tal ora scrivo spartitamente, come trovo scritto in due mss. della Corsini [6], acciò meglio si capisca detto qui

[a] Il Venturi, la volgar comune persuasione seguendo, scrive quella torre in cotal modo inclinata esser opera dell' arte. Il Bianconi però (favoriscemi qui pure d'avviso l'eruditissimo sig. Abate Gio. Cristoforo Amaduzzi), sulla testimonianza di chi essa torre esattamente ha visitato, asserisce dimostrato che il terreno, su cui ella posa, è andato cedendo. Antolog, rom. tom. vi. pag. 339. Il sig. Bianconi è staso uomo di quel sublime criterio, che tutto il mondo sa: ma sembra molto strano, che vedendo i Bolognesi quella torre minacciare ruina, in mezzo alla città ed in luogo abitatissimo, volessero aspettarne la caduta, piuttosto che demoliria. [b] Il cod. 127. semplicemente sparte tal e il trasferito dalla biblioteca Rossi, e non ancor numerato,

da ora,

legge tale ora.

Ma lievemente al fondo, che divora
Lucifero con Giuda, ci posò;

Nè sì chinato lì fece dimora,
E come albero in nave si levò.

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non per talvolta od alle volte, come l'avverbio talora solitamente significa, ma per tal tempo, quel tempo. Ma al →→ Lombardi qui si oppone il Biagioli, sostenendo che va scritto talora, e non tal ora in due corpi, l'intero della formula essendo: e ora tale fu in che (nella quale) io avrei voluto ire per altra strada, per paura che non mi facesse qualche mal giuoco. Ma se il Biagioli abbia torto o ragione, noi, coll' E. R., lascierem giudicarlo ai profondi conoscitori di Dante e della lingua nostra. La E. B. legge e fu talora, e spiega: e talvolta avvenne. Nel verso 138. ch'ella in contrario penda, legge la Nidobeatina, invece di che d'ella incontro penda, come l'altre edizioni leggono, e il Vat. 3199.-L'Ang. por ta: Sotto chinata quando nuvol vada-Sovr essa sì, che ella incontro penda. É. R. — Riportata dal Torelli questa similitudine, sotto vi nota : « Allora pare che cada la torre. Non » però sempre, ma solo quando la mente concepisce il nuvolo » come fermo; il che accade talvolta senza volerlo.» - Al verso 138. il Vat. 3199 legge: Sovr'essa sì, ched ella incontro penda.

142 143 lievemente ci posò, senza farci rilevare percossa. - che divora Lucifero con Giuda. Desume il termine divora dall'azione che fa Lucifero di divorarsi Giuda [a]; quasi dica: che come Lucifero si divora Giuda, così esso fondo si divora, s'ingoia l'uno e l'altro. ci sposò, al v. 143., legge il Vat. 3199. Sporre per por giuso, deporre, scaricare, l'usò Dante (secondo la lezione della Crusca) anche al c. xIx. v. 130. della presente cantica: Quivi soavemente spose il carco.

145 E vale ma. Vedine altri esempj presso il Cinonio [b]. E Ma appunto legge qui l'Ang. E. R. come albero in nave si levò: si rizzò con quella altezza e gravezza, che si rizza albero in nave. LANDINO.

[a] Vedi Inf. c. xxxiv. v. 55. e segg. [b] Partic. 100. 18,

ARGOMENTO

Tratta il Poeta nostro in questo canto della prima, ed in parte della seconda delle quattro sfere, nelle quali divide questo nono ed ultimo cerchio. E nella prima, detta Caina, contenente coloro che hanno tradito i proprj parenti, trova Messer Alberto Camicion de Pazzi, il quale gli dà contezza d'altri peccatori che nella medesima erano puniti. Nella seconda, chiamaia Antenora, in cui si puniscono i traditori della patria, trova M. Bocca Abati, il quale gli mostra alcuni altri.

S'io avessi le rime ed aspre e chiocce,

Come si converrebbe al tristo buco,

Sovra 'l qual pontan tutte l'altre rocce,

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i chiocce, roche, rauche, d'oscuro suono; o che orrendamente suonassero . E. F. le rime aspre e chiocce colla Nidob. legge il Lombardi; ma l'omissione della particella ed dopo rime, rende il verso di cattivo suono. Noi pertanto, dietro l'esempio dell'E. R., ed appoggiati all'autorità del cod. Vat. 3199 e delle più pregiate edizioni, abbiamo nel nostro testo restituita la comune lezione.<<

2 tristo buco appella il pozzo, dentro del quale era appena

entrato.

3 Sovra 'l qual pontan (s'appoggiano, si sostengono) tutte l'altre rocce, tutte le altre ripe degl'infernali cerchj. Come ogni ripa inferiore sosteneva quelle sopra di sè, servendo loro come di barbacane; così il muro, o ripa che dir si voglia, del

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