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ARGOMENTO

Arrivano i Poeti alla nona bolgia, dove sono puniti i seminatori degli scandali, delle scisme e delle eresie; la pena de quali è lo aver divise le membra. E tra quelli trovano Macometto, Bertram dal Bʊrnio ed alcuni altri.

Chi

poria mai, pur con parole sciolte, Dicer del sangue e delle piaghe appieno, Ch'i'ora vidi, per narrar più volte?

1 al 3 Chi poria mai, ec. Congiungi: Chi poria... dire appieno per narrar più volte; cioè, perchè si narrasse più volte.TORELLI. Due cose facilitano a ben rappresentare con parole alcun fatto, cioè il raccontare il fatto più volte (giovando ciò a correggere ogni mancanza o nella enumerazione delle circostanze, o nella espressione), ed il raccontarlo con parlare sciolto da ogni briga di metro e di rima, che spesso n'escludono que' termini che sarebbero i più adatti. Queste due cose tocca il Poeta nostro nella presente sinchisi, di cui eccone la costruzione: Chi mai per narrar più volte pur (eziandio) con parole sciolte, poria (per potrebbe [a]) dicer (per dire [b]) appieno del sangue e delle piaghe ch'io vidi ora? Alla significazione, a cui è qui adoprata la particella ora, ch'è certamente la stessa che della qui, in questo luogo (nel luogo cioè appena nel fine del precedente canto commemorato), nessuno

[a] Vedi Mastrofini, Teoria e Prospetto de'verbi italiani, sotto il verbo Potere, n. 19. [b] Vedi il Vocabolario della Crusca.

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la mente,

Ogni lingua per certo verria meno,

Per lo nostro sermone e per

Ch' hanno a tanto comprender poco seno.
Se s'adunasse ancor tutta la gente,
Che già in su la fortunata terra

Di Puglia fu del suo sangue dolente

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degli Espositori, nè tampoco de'Grammatici, viha posto mente. Dirò io adunque che, come i Latini hanno talvolta adoprato l'hic, avverbio di luogo, per nunc [a], cosi all'opposto adopera qui Dante ora per qui, in questo luogo. Ma ora, per ciò che pensa il Biagioli, essendo elemento della formula in quella ora, o in questa ora, vale appunto ciò che la voce suona; e il rapidissimo passaggio che fa il Poeta dal precedente scoglio a questo (canto preced. v. 133.) fa scorgere perchè egli abbia detto ora piuttosto che quivi, ivi, in quel luogo, ec. 8

5 Per lo nostro sermone, per l'idioma, pel parlar nostro. 6 ch'hanno poco seno, poca capacità, a comprendere tanto, a capire ed esprimere tanto stravaganti ed orribili cose. Seno propriamente significa cavità; ma qui, com'è detto, dee intendersi per capacità. » Qui vuol dire il Poeta, che la debilità dell'intelletto e la cortezza del parlar nostro sono cagione che non si possano queste cose appieno ritrarre. BIAGIOLI.

gran

7 Il lungo giro del (seguente) periodo di quindici versi, le varie sue parti che vanno a più a più rincalzando, gl'interpositi, la foga, la pienezza, l'armonia, tutto adopera alla dezza e all'orridezza delle immagini che il Poeta è per spiegare innanzi agli occhi del lettore. S'ha a notare in questa tratta di pennello non meno la vivezza e la forza dei colori, che le immagini per essi ritratte. BIAGIOLI.

89 fortunata terra -Di Puglia. Esigono le circostanze del discorso che fortunata vaglia qui quanto disgraziata; al qual senso la medesima voce stendersi, vedi il Vocab. della Crusca.

fortunata, dice il Biagioli, qui vale fortunosa, ovvero fortunale, come il Boccaccio: e altri fortunati avvenimenti si vedranno; dove fortunato suona quanto soggetto a strane vicende e rivolgimenti di fortuna.-Anche Matteo Ronto nella

[a] Vedi il Tursellino, Partic. Lat. ediz. di Padova 1744, c. 77.

Per li Romani, e per la lunga guerra,
Che dell'anella fe'sì alte spoglie,
Come Livio scrive, che non erra,

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sua versione latina traduce fatali sorte dicatam. E. F.-Fortunata per disgraziata è un'antifrasi, quale adoprasi anche oggidì comunemente, dicendo essere il mare in fortuna quaudo è in burrasca. POGGIALI. fu del suo sangue dolente, si dolse delle sue ferite. Che giace in su la fortunata terra -- Di Puglia, e fu del suo sangue dolente, bella variante dell'Ang. E. R.

10 al 12 Per li Romani. Così leggesi in un bellissimo ms. del fu march. Capponi, ora della Vaticana [a], così nel parimente bellissimo ms. della libreria Chigi, segnato L. V. 167., e così attesta il Venturi di essere scritto in qualche edizione (-*anche il cod. Cass. legge, Per li Romani). Malamente legge la comune (e il cod. Vat. 3199) Per li Troiani. Nella Puglia non fecero i Troiani mai guerra, nè strage veruna; e pretendere, come il prefato Venturi pretende, che per Troiani possono intendersi i Romani, perocchè da loro discendenti, la sarebbe una troppa violenta stiracchiatura. Tanto più che, per attestazione di T. Livio [b], le prime brighe tra i Romaniei Pugliesi furono nel consolato di C. Petelio e L. Papirio negli anni di Roma 429, in tempi cioè troppo dalla troiana origine discosti. Per li Romani adunque sta bene scritto; chè di fatto per le romane armi molta gente perì nella Puglia, prima eziandio della guerra asprissima con Annibale, di cui il Poeta dice in seguito e tra gli altri fatti vi fu l'uccisione di duemila Pugliesi, che Livio medesimo racconta fatta dal console P. Decio [c]. Questa lezione è pure approvata e seguita dal Biagioli.e per la lunga guerra, ec.: la seconda guerra cartaginese contro i Romani, che durò più di tre lustri; nel corso della quale soffrirono i Romani a Canne nella Puglia sconfitta tale, che le anella tratte dalle dita dei morti ( quantunque non si portasse anello che dai nobili ) empirono la misura, chi dice di un moggio, e chi fino di tre moggia e mezzo: tantus acervus fuit (sono parole di Livio) ut metientibus, dimidium super tres modios explesse sint quidam auctores. Fama te

an

[a] Num. 266, codice, come lo stesso copiatore avvisa, scritto nell'ar no 1368. [b] Lib. 8. 25. [c] Lib. 10. 15.

Con quella, che sentio di colpi doglie,

Per contrastare a Ruberto Guiscardo,

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nuit, quae propior vero est, haud plus fuisse modio [a]. E però male il Venturi, correggendo l'errore di stampa delle più di tremila moggia e mezzo del Daniello, v'aggiunge egli, che non furon meno di tre moggia e mezzo, come riferisce Livio. Tale contegno di Livio nello scrivere dee lodar Dante con dire che non erra. Le parole che non erra non possono riferirsi al passo di Livio: Fama tenuit, quae propior vero est, ec., che non si accorda, come osserva il Biagioli, con ciò che credeva Dante stesso, che scrisse nel Convivio: quando, per la guerra d'Annibale, avendo perduti tanti cittadini, che tre moggia d'anella in Affrica erano portate. Adunque è sentimento del sullodato Biagioli, che Dante dica di Livio che non erra perchè s'attiene a queste parole dello Storico: dimidium super tres modios. Com Tito Livio, legge l'Angelico. - Siccome Livio, bella variante del codice Poggiali, e dall'E. R. introdotta nel testo della 2. edizione, strano parendogli il dover legger Livio di tre sillabe. Ma noi crediamo di non doverci scostare dalla comune e perchè rari non sono in questo poema gli esempi di simili trissillabi, e perchè il cambiamento non è necessario, e perchè la testimonianza di un solo codice non basta ad autorizzarlo, e perchè infine siamo persuasi che Dante abbia scritto originalmente come sta nel nostro testo. Anche il Vat. 3199 legge colla comune, Come Livio ec. ←

13 14 Con quella, intendi gente, che sentio di colpi doglie, che senti il dolore dell'aspre percosse. - Per contrastare, legge la Nidobeatina; Per contastare, l'altre edizioni. -a Ruberto Guiscardo, fratello di Ricciardo Duca di Normandia. Deesi per quella gente intendere la moltitudine de' Saraceni che Ruberto battè aspramente, e costrinse ad abbandonare la Sicilia e la Puglia, delle quali si erano resi padroni [b]. Gio. Villani dice che, avendo Alessio, Imperatore di Costantinopoli, occupata la Sicilia e parte della Calabria, fossene da Ruberto Guiscardo dispossessato [c]. L'Anonimo citato nella E. F. dice che Guiscardo venne in Italia circa il 1040, che acquistossi

[a] Lib. 23. 12. [b] Ptolemaei Lucensis Annal. an. 1071. [c] Lib. 4. cap. 17.

E l'altra, il cui ossame ancor s'accoglie
A Ceperan, là dove fu bugiardo

Ciascun Pugliese, e là da Tagliacozzo,
Ove senz'arme vinse il vecchio Alardo;

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per forza d'arme Sicilia, Puglia e Calabria, e che, fatto Re di Puglia, sconfisse i Viniziani e l'Imperatore dei Greci. Il Villani dice ch'egli venne in Italia nel 1070. E. F. -Crede il sig. Poggiali che qui debbasi intendere della sconfitta data nel 1083 da Guiscardo ai Pugliesi, quando ribellatasegli la città di Canne, nel maggio del predetto anno vi mise assedio, e presala, quindi un mese e mezzo dopo affatto la distrusse. Il fatto è raccontato dai Cronisti napoletani contemporanei, o quasi contemporanei.←

15 al 18 E l'altra, il cui ossame ec. L'altra gente morta nella prima battaglia tra Manfredi Re di Puglia e Sicilia, e Carlo Conte d'Angiò, a Ceperano, luogo nei confini della Campagna di Roma verso Monte Casino; le ossa della qual gente ancor trovano gli agricoltori sparse pe' campi; e, secondo il costume loro, quando sanno che sono di cristiani, raccolgono e ripongono in qualche sacro cimiterio. - là dove fu bugiardo -Ciascun Pugliese: mancò della promessa fede al Re Manfredi. Giovanni Villani, che citano qui il Vellutello e il Venturi, racconta la cosa in modo, come se a Ceperano cedesse l'esercito di Manfredi a quello di Carlo senza contrasto; e il mancamento di fede de Pugliesi al loro Re Manfredi riportalo avvenuto nella battaglia, in cui Manfredi rimase ucciso sotto Benevento [a]. Dante però di un fatto successo nell'anno 1265 potè esserne meglio informato che il Villani; e ben perciò il Villani stesso, della sepoltura di Manfredi lungo il fiume Verde parlando, s'attiene alla testimonianza di Dante: Di ciò, dice, ne rende testimonianza Dante nel Purgatorio, capitolo terzo[b]. -e là da Tagliacozzo, (da per a vedi il Cinonio [c])-Ove senz'arme ec., intendi l'altra gente morta a Tagliacozzo (castello nello Abruzzo Ulteriore, poche miglia sopra i confini della Campagna di Roma) nel fatto d'armi tra il detto Carlo d'Angiò, divenuto Re di Sicilia e di Puglia, e Curradino, nipote dell'estinto Re Manfredi, nel qual fatto Alardo di Valleri, cavalier francese di gran senno e prudenza, consigliò in modo il Re Carlo

[a] Lib. 5. cap. 5. e 9. [b] Ivi. [c] Partic. 70. 2.

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