Page images
PDF
EPUB

Al tempo degli Dei falsi e bugiardi.
Poeta fui, e cantai di quel giusto

Figliuol d'Anchise, che venne da Troia,
Poichè 'l superbo Ilion fu combusto.
Ma tu, perchè ritorni a tanta noia?

73

76

per poter essere il suo poeta, siccome lo fu poi di Augusto. Dicendo che sotto il buon Augusto visse, intende che ebbe la vita del nome, dell'opere e della gloria, che è la sola vita dell'uomo, secondo Dante, che gli uomini oscuri appella non vivi. Dicendo Virgilio ch'ei cominciò a vivere dopo i 25 anni, dà meglio a conoscere che qui non parla della vita animale, ma şi di quella che si vive per opere grandi e per virtù cittadine. PERTICARI. Vedi anco (Convit. (Convit. pag. 118. 119. e 209. 210.) ove Dante spiega cosa sia vivere nel senso in cui qui deve intendersi. E. F. ancor ch'e'fosse tardi legge la 3. ed. rom. (e noi col Vat. 3199), e intende di leggere secondo la mente dell'Autore e de'più fini Spositori, e di trovarsi così d'accordo coll' interpretazione del Dionisi.←

[ocr errors]

72 bugiardi, vani, che tale si è appunto il significato della voce bugiardo. BIAGIOLI. E

73 74 75 giusto -Figliuol d'Anchise, Enea, di cui Virgilio: Rex erat Aeneas nobis, quo iustior alter

Nec pietate fuit, nec bello maior et armis [a].

Troia qui non per la città che Ilion appella, ma per tutta la regione di cui Ilion era la capitale. Ilium, scrive Roberto Stefano, proprie civitas est: nam regio Troia est: quamvis interdum pro civitate Troiam ponat Virgilius [b]. -Ilion scrive Dante uniformemente al greco Iλov; e superbo appellandolo, imita quel virgiliano: ceciditque superbum Ilium, En. 111. 2. —- combusto, dal lat. comburo, per abbruciato adoprano altri autori di lingua. Vedi il Vocab. della Cr. L'armonia del verso 75 è pari alla grandezza del concetto in lui contenuta. BIAGIOLI Ilio o Ilione fu la rocca di Troia, e qui prendesi per la città stessa. Così d'accordo tutti i Comentatori contro il Lombardi. E. F. 8

76 a tanta noia, alla noia dell'oscura selva predetta.

[a] Aeneid. 1. 548. [b] Thesaurus ling. lat art. Ilium.

Perchè non sali il dilettoso monte,
Ch'è principio e cagion di tutta gioia?
Oh! se' tu quel Virgilio, e quella fonte,

Che spande di parlar sì largo fiume?
Risposi lui con vergognosa fronte.
O degli altri poeti onore e lume,

Vagliami 'l lungo studio e 'l grande amore,
Che m'han fatto cercar lo tuo volume.
Tu se'lo mio maestro, e 'l mio autore:
Tu se' solo colui, da cu' io tolsi

Lo bello stile, che m'ha fatto onore.

Vedi la bestia, per cu' io mi volsi :

79

82

85

88

Aiutami da lei, famoso Saggio,

Ch'ella mi fa tremar le vene e i polsi.

79 Oh! se'tu legge la 3. ed. rom., ch'esprime meglio con una esclamazione la sorpresa del Poeta, ed è meglio così legata la terzina che segue. Lezione da noi sostituita all' Or se'tu del cod. Vat. 3199 e della Nidob. seguita dal Lombardi. ◄◄ 84 cercar, vale qui quanto attentamente considerare investigare, scruttinare. Che m'ha fatto invece di han legge il cod. Caet. E. R. e il Vat. 3199. ←◄

87 Lo bello stile, che m'ha fatto onore. Oltre che Dante prima di questo poema aveva composto la Vita nuova [a] ed altre rime italiane, egli attendeva eziandio a comporre versi latini, ed aveva anzi incominciato a scrivere in versi latini questo medesimo suo poema [b]; e ben potè per questi suoi componimenti avere in varj incontri riscosso degli applausi. Dante, già celebre per la sua Vita nuova, per le sue belle canzoni e per le sue rime volgari, qui parla dello stile italiano che gli avea fatto onore, e non de'suoi versi latini, come opina il Lombardi. Vedi anche il Convito. Così chiosa l'E. F.

90 tremar le vene e i polsi: cioè tremare pel grande spavento tutte le vene, tanto quelle dove è più di sangue e meno [a] V. l'aut. delle Mem. per la vita di Dante, §. xvii. [b] Lo stesso autore, ivi.

A te convien tener altro viaggio,
Rispose, poi che lagrimar mi vide,
Se vuoi campar d' esto loco selvaggio;
Chè questa bestia, per la qual tu gride,

91

94

di spiriti, e però non risaltano, quanto quelle dove è più di spiriti e meno di sangue, e sono le arterie a pulsando dette polsi. VENTURI. Qui Dante, dice il Biagioli, mi dà cagione di sospettare ch'egli avesse una idea anticipata della circolazione del sangue, della quale scoperta il nome di Harveio s'è fatto immortale. - Pigliò i polsi per le arterie, dice il Magalotti, e spiega in modo da far conoscere Dante dotto nel movimento ed ufficio delle arterie. Che la invece di Ch'ella legge il cod. Caet. E. R.

per

:

91 92 A te convien ec. Come se fuor d'allegoria parlando dicesse per partirti dal vizio, non dèi immediatamente cercar l'alto della virtù, ma dèi prima per la meditazione dell'Inferno e Purgatorio acquistarti abborrimento al vizio. →→ Quasi dica: ben si può lussuria e superbia vincere, ma superare avarizia, ciò è all'umane forze impossibile. MAGALOTTI. - Trova qui da notare con distinzione lo Scolari: altro essere che Virgilio proponesse il viaggio come suo pensamento, altro che uscire della selva non vi fosse altro modo; il che dando un diverso giro all'allegoria, anderebbe soprattutto a togliere: 1.o la meraviglia dell'impensata maniera con cui sarà cavato da quell'impaccio; 2.° l'affetto che per la straordinarietà del consiglio legherà Dante a Virgilio, come a padre amoroso smarrito figliuolo; 3.0 in fine il motivo della gratitudine da cui Dante nel corso del poema si mostrerà penetrato verso la sua guida. Qui osserva il Biagioli, che non arriva alla verità chi prima non conosce l'errore, e questo s'ha a conoscere pei funesti effetti che ne derivano; che a questo principio di tutti i tempi e di tutti i luoghi mirò il viaggio di Dante nell'Inferno; e che quindi non poco ingannossi il sig. Ginguenè credendo che la visione del Poeta debbasi attribuire allo spirito dominante di quel secolo. ←

93 esto per questo, aferesi anticamente molto praticata [a]. 94 al 96 gride per gridi, antitesi in grazia della rima. Intendi dell'avarizia, e non dell'invidia, non già perchè questa si possa vincere e quella no, come chiosa il Biagioli, ma sì perchè, [a] Vedi il Vocab. della Crusca.

Non lascia altrui passar per la sua via, Ma tanto lo 'mpedisce, che l'uccide: Ed ha natura si inalvagia e ria,

Che mai non empie la bramosa voglia, E dopo 'l pasto ha più fame che pria. Molti son gli animali, a cui s'ammoglia,

E più saranno ancora, infin che 1 Veltro

97

100

come osserva lo Scolari, i caratteri dell'insaziabilità notati qui dal Poeta più all'avarizia si convengono che all' invidia. ← 99 dopo 'l pasto ec., secondo quel trito verso:

Crescit amor nummi quantum ipsa pecunia crescit. Il cod. Stuard. porta: ha più fame che 'n pria. BIAGIOLI. 100 Molti son gli animali, ec. Il vizio dell'avarizia, simboleggiato nella lupa, si congiunge con altri vizj, per esempio colla frode, colla violenza ec. VENTURI.

101 Veltro. L'essere il veltro, o sia il levriere, cane: il predir Dante nel Paradiso [a] le medesime cose, che predice qui, espressamente a Can Grande, fratello minore d'Alboino, e di lui compagno nella signoria di Verona : l'aver esso Cane prese le armi contro i Guelfi, e l'esser il medesimo stato eletto Capitano della lega Ghibellina [b]; e finalmente il quadrare alla nazione di Cane la situazione, che quattro versi sotto dirassi, tra Feltro e Feltro (come ivi farò vedere), sono circostanze che formano una convincente prova, che pel veltro intenda il Poeta lo stesso Can Grande, e che predica così favorevolmente di lui in gratificazione del ricovero trovato presso del medesimo in tempo del suo esilio [c]. Noi perciò col Vat. 3199 leggiamo Veltro con la maiuscola.

Il primo a dare questa interpretazione fu, quanto scorgo, il Vellutello. I più antichi, almeno gli stampati, il Boccaccio e tutti gli altri, non seppero intendere pel veltro se non Cristo giudice nella fine del mondo, e pe'Feltri i cieli o le nuvole.

Consiegue poi quindi, o non esser vero ciò che il medesimo Boccaccio [d] ed altri dopo di lui [e] raccontano che scri[a] C. xvii. 76. e seg. [b] Corio Ist. di Milano, P. 3. [c] Vedi tra gli altri Lionardo Aretino Vita di Dante. [d] Nella Vita di Dante e nel Comento sopra il c. v. dell'Inf. [e] Vedi l'autore delle Memorie per la Vita di Dante, §. 17.

Verrà, che la farà morir di doglia.
nè peltro.

Questi non ciberà terra,

103

vesse Dante i primi sette canti di questo suo poema innanzi del sofferto esilio; od almeno, che com'esso Boccaccio vi crede inserita posteriormente dal Poeta medesimo la parlata di Ciacco nel sesto canto di questa cantica, così pure inserita abbia qui posteriormente questa parlata di Virgilio, e posteriormente non di pochi, ma di parecchi anni. Eccone la ragione.

Finge Dante, come nell' annotazione al primo verso è detto, questo suo misterioso viaggio nell' anno 1300; ed in Paradiso essendo [a], fa da Cacciaguida dirsi l'età di Cane di soli anni nove : concordando in ciò appuntino coll' antica Cronica di Verona [b], che dice nato il medesimo principe nel 1291 il dì 9 marzo. Dunque allor quando successe l'esilio di Dante, che fu nel 1302 (c), contava Cane soli undici anni età troppo al di sotto di quella in cui potesse Cane essersi immischiato ne' partiti e nell' armi, ed avere in esse dato que' saggi di valore, che dovette già aver dato quando Dante queste cose di lui scriveva. Nel 1318 successe la prefata elezione di Cane in Capitano della lega Ghibellina [d], e solo in vicinanza di esso tempo pare che potesse Dante giudiziosamente azzardare cotale predizione. Il Villani dice, che Can Grande fu il maggior tiranno che fosse in Lombardia; ma il Poeta lo vide dall' altro lato. BIAGIOLI .◄◄

102 con doglia legge la Nidob., di doglia le altre edizioni, e per nostro parere assai meglio, escludendo il di ogni altra cagione di tal morte. E

103 Questi. Non solamente l'uso comune dello scrivere [e], ma la buona sintassi vieta qui d' intendere questi d' altro caso che del retto sì perchè dee esso pronome reggere eziandio la terzina seguente: di quell'umile Italia fia ec., sì per l'uniformità al questi che di nuovo ripetesi nel v. 109.- Il cod. Cas. legge Costui in luogo di Questi; lo che serve a confermar l'opinione del nostro P. L., che Questi stà nel caso retto. E. R. — non ciberà. Il retto caso del pronome questi importa che ciberà vaglia quanto farà suo cibo, ciberassi, e che per conseguenza adoperisi cibare, siccome pascere e pa[a] C. xvn. v. 80. e seg. [b] Tra gli scrittori delle cose d'Italia raccolti dal Murat. tom. 8. [c] Il citato autore delle Memorie ec. §. 10. [d] Corio cit. ivi. [e] Vedi il Cinon. Partic. 215. 1.

« PreviousContinue »