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il numero de' vescovi italiani, i quali non votarono per le gallicane opinioni. Di qui il Caselli incominciò a sostenere un po' meglio che in passato la santa Sede in faccia all'impero, benchè adottasse ancora una risoluzione di danno alla prima e di appoggio al secondo. Cioè l'aver dato il voto di convertire in decreto conciliare la dichiarazione estorta al papa in Savona; nella quale segnatamente circa l'elezione de' vescovi erano offesi i diritti del capo della Chiesa. Fortuna del cielo che il porporato di Parma ben tosto ebbe a pentirsi dell' adesione manifestata, e subito all' indomani la rivocò.

Il nazionale concilio posto tra la forza governativa che l'opprimeva e la fede e la ragione che gridava essere il pontefice l'arbitro supremo delle materie che discutevansi, finì coll' eleggere una commissione di vescovi incaricata di presentare gli atti del consesso a Pio VII. E fra que' prelati sorti anche il vescovo di Piacenza Fallot de Beaumont, che in compagnia degli altri perorò a favore dell' ingiustizia del suo sovrano temporale per vincolare l'autorità del suo capo spirituale. Riuscì la malaugurata ricognizione del decreto conciliare sulle elezioni episcopali. Con mille pretesti i vescovi e cardinali giunti a Savona, persone tutte di cui il governo s'era assicurato che farebbero il suo interesse, tirarono l' infelice Chiaramonti a dare l'istituzione per coloro che Napoleone aveva nominato a molte sedi vacanti, e a concedere che se il papa non dasse l'istituzione entro un anno a nuovi eletti del governo, poteva dargliela il metropolitano o il vescovo seniore della provincia. Fu soddisfatto, racconta il Thiers, per quel momento l'imperatore di tali risultati, sperando che coll' accingersi a combattere la Russia e colla riescita in quell' ultima lotta, avrebbe trionfato pienamente di molte altre opposizioni e ben anco di quelle mossegli dal clero (1).

Non i soli grandi della nostra chieresia, andati in Francia, diedero segni di servilità alle voglie imperiali, ma anche se n'ebbe esempi in uomini laici autorevoli ne' consigli de' nostri municipii; civili corporazioni imbastardite anche di nome, non più chiamate magnifiche comunità, ma mairies. Il maire e gli aggiunti di Piacenza a maggior ossequio dell' estraneo dominio levarono dalla facciata del palazzo municipale una statua della Vergine che l' ornava sin dal 1345 (2) per riporre in maggior mostra lo stemma comunale, guasto coll'aggiunta di mendicati emblemi napoleonici. Alla pubblica avita fede si sostituirono memorie durature del nostro servaggio. La dimenticanza della

(1) Histoire du Consulat et de l'empire T. IX, liv. XLI, p. 191-2. (2) Cronaca Salvi inedita presso Il conte Pallastrelli.

divozione e pietà antica accompagna assai sovente la più cieca sommessione ai despoti. Io accenno solo questo fatto perchè tocca anche alla religione, ma ben altri, se scrivessi storia profana, potrei raccogliere, i quali mostrerebbero che la predilezione del Bonaparte per i ducati nel volere che i due maires di Parma e Piacenza avessero il diritto di assistere al giuramento dell' imperatore, nell' annoverare tra le quarantanove buone città dell'impero le nostre due principali, e nel godere, quando la fortuna avevagli voltate le spalle, che a Maria Luigia toccassero questi dominii, nasceva da ciò che i nostri avi l'idolatra vano e sentivano poco l'amore della propria indipendenza ed eransi imbastarditi colla lingua, colle leggi, coll'amministrazione e colle mode di Francia. Ricordi il lettore il titolo che quel despota dava ai sudditi dei ducati al tempo dell' insurrezione dei montanari. Alcuni lodano quegli anni passati per alcune riforme, ed ignorano che costavano l'avvilimento. I nostri vecchi, già lo rammemorai, avevano di grazia che l'imperatore d' anno in anno facesse un decreto per conceder loro di scrivere gli atti pubblici nella patria lingua, mentre era legge di stenderli in idioma francese. I forestieri proscrissero l'uso di un rozzo e barbaro latino, ma almeno questo era cosa più nostra che il loro linguaggio. Cambiarono i nomi, che ci ricordavano tante glorie, alle nostre piazze e contrade per darvene altri commemorativi dei loro materiali trionfi. Fecero pubblicare il Giornale del Taro, ma scritto più in francese che in italiano. Ed ai nostri giorni vi fu chi comprese tra i fasti cittadini alcune di queste cose, tutte giustamente riprovevoli (1). Il Bonaparte, nell'anno settimo del suo impero, sebbene nutrisse le più grandi speranze della campagna di Russia, e v' impiegasse tutti i suoi pensieri, non dimenticava gli affari e le contese col clero. Nel maggio 1812, con un ordine intimava a seicento circa sacerdoti, quasi tutti romani, ad eccezione d' una ventina di spagnuoli, rilegati, sino dal 1810 in Piacenza, perchè rifiutaronsi a prestare il giuramento di fedeltà da lui prescritto, che se non giuravano obbedienza alle costituzioni dell'impero, sarebbero giudicati da una commissione militare, e condannati come rei di stato. Il prefetto Dupont Delporte, per mezzo del maire, manifestò a quegli infelici, non colpevoli d'altro che di essere rimasti fedeli al loro legittimo sovrano anche spodestato, la dolorosa notizia; ed in tal guisa si riesci di estorcere a qualcuno di

(1) R. Garilli 1 fasti di Piacenza n. XIII, p. 53, e nota 20, p. 128-29) accenna tra le glorie della sua e mia patria l'aggiunta dello stemma municipale ordinata dalla lettera patente del 13 giugno 1811 di Napoleone, e che questo monarca tenesse Piacenza tra le città a lui più fedeli.

essi il voluto giuramento (1). Gli altri costanti a non cedere, dal domicilio privato che eransi scelto in città furono tutti messi in San Sepolcro, e poscia trasportati parte in Alessandria e parte in Corsica. Il fatto più singolare, in affari di religione della condotta dell' imperatore mentre combatteva i cosacchi, fu di togliere Pio VII da Savona e condurlo a Fontainebleau: ei temeva che gliel rapissero gl' Inglesi. Fallaci previsioni dell' umano pensiero, ancorchè partano da personaggio di gran mente! Impotenti forze umane unite da tante parti e con tante cure! Napoleone colà, dove la sua spada mirava a togliere il

(1) L'avvocato Ant. Rossi Ristrello di Storia Patria ad uso dei Piacentini, T. V, p. 387, incolpa gli addetti alla curia vescovile di Piacenza di aver usato ogni maniera di consiglio e di preghiera per muovere il clero romano qui rilegato a prestare il giuramento voluto; il cardinal Pacca (Memorie storiche, part. 3a, c. VIII, p. 185) accusa il vescovo Fallot de Beaumont di avere adoperato a quest' intento tutta la sua autorità; e L'ami de la religion (num. 2570, samedi 31 octobre 1835, p. 213) ripetè, il rimprovero. Ma sì il primo che gli altri due furono male informati, e l'ultimo avuto notizie più esatte e certe da Piacenza si disdisse. La cronaca Salvi, nota, che Fallot de Beaumont chiamò a sè i preti proscritti il 12 luglio 1810, e che loro fu accordata una piccola pensione. La disdetta del giornale L'Ami de la religion (num. 2740, jeudi 8 dicembre 1836, p. 471) é la seguente, che difende benissimo il prelato della diocesi piacentina: . Quant à sa (di Fallot) conduite envers le clergé des provinces romaines déportés a Plaisance, je sais d'un personnage fort grave (era costui Lodovico Loschi) qui jouissoit de la confiance entière du prelat, que celui-ci, qui se trouvoit alors à Paris, fut appelé chez le ministre des cultes, Bigot de Préameneu, et reçut ordre de retourner a Plaisance pour surveiller la conduite des ces ecclesiastiques. Sa réponse fut qu'il se disposoit a retourner au plus tôt dan son diocèse, mais qu'il ne pouvoit se charger envers les déportés que d'une mission de charité. Il leur rendit en effet de bons offices, en obtenant pour eux du gouvernement des pensions de 20, de 30, ou de 50 fr. par mois. Je viens à l'energie qu'on accuse le prélat d'avoir deployée, pour que le clergé romain prêtât le serment prescrit par l'empereur, et défendu par le pape. Quand il reçut la dépêche ministerielle, il manda deux ecclesiastiques les plus distingués parmi les déportés, et leur en fit lecture, en ajoutant que cette formule de serment etoit la même, que prétoient les curés et évêques de France. Ils réspondirent que le clergé romain avoit une formule tracée par le Saint-Pere, et qu'il ne se croyoient autorisés a jurer que suivant cette formule. S'ils pensent, reprit le prélat, que le dogme ou la morale soient interessés ici de sorte que les maux aux quels les exposeroit le refus de serment pourroient mèriter les honneurs du martyre, je pensé comme eux, et je m'abstiens de rien dire de plus. Mais si par hasard c'étoit ici une affaire de pure discipline, je les prie de considerer s'ils ne seroient pas responsables des malheurs aux quels leurs paroisses seroient exposées en restant si long-temps privées de secours spl

nodo di tutte le quistioni, e massime di quelle in cui entra la Chiesa; a togliere l'ostacolo maggiore alla sua smisurata ambizione, trovò lo sfinimento delle sue forze, divenne in realtà più impotente a vincere quegli inermi sacerdoti, che non aveva potuto assoggettarsi pienamente nei giorni felici delle grandi e strepitose vittorie. Ritornò vinto l'imperatore dal settentrione, ed allora comprese più che mai il bisogno di lavarsi la macchia di nemico del clero, e di comparire in faccia ai popoli amico del papa, ma sempre coll' intento di dominare egli sopra tutti. Si recò prestamente a Fontainebleau, conferì col capo della Chiesa nel principio del 1813, e tanto adoperò che condusse il papa a sottoscrivere il concordato del 25 gennaio; la negazione per la santa Sede di diritti importantissimi nell' esercizio della sua spirituale giurisdizione: cioè una tacita rinuncia del governo temporale, e la nomina dei vescovi quasi tutta in mano del potere secolare. Siffatto aggiustamento non dovea pubblicarsi sin che non fosse stato esaminato dai cardinali; ed invece l'imperatore subito ne fece conoscere il senso in tutte le parti de' suoi vasti dominii; ai 13 febbraio, per suo ordine, ne uscì il testo nel bullettino delle leggi, e il dì 25 marzo lo rese obbligatorio agli arcivescovi, vescovi e capitoli dell'impero e del regno d' Italia. Il papa provò subito il più acuto rimorso dell' assenso prestato, e, riavuto per quella fatale concessione d'intorno a sè il suo naturale consiglio, il collegio de' cardinali, ritrattò le promesse estortegli, e ne scrisse allo stesso imperatore, e pubblicò, in una allocuzione ai suoi consiglieri, la sua risoluzione per giustissime ragioni mutata.

Devo narrare in qual guisa l'annunzio e gli ordini imperiali su tale negoziato si accogliessero ne' ducati. Primo Fallot de Beaumont per la diocesi Piacentina ai 3 febbraio notificò al suo clero e popolo il concordato; ne dà gloria a Dio e invita il suo gregge ad innalzare inni di lode e ringraziamento al supremo Signore; e di più annunzia che Pio VII con quell' atto ha rialzato l'edifizio spirituale. Il giorno dopo Caselli, che dovea sapere le cose meglio degli altri, pel mezzo del suo vicario generale Vitale Loschi bandisce ai Parmigiani la consolante so

rituels. Qu'ils réfléchissent, qu'ils se concertent avec leurs collégues, et qu'ils prennent ensuite leur parti. Ainsi se termina cet entretien, après le quel je ne sais ce qui arriva; ce que je sais pour tant, c'est que deux de ces prètres ayant eu la foiblesse de prêter le serment, et le curé de l'eglise (di S. Paolo) où ils avoient coutume de dire la messe n'ayant plus voulu les recevoir, ils s'adressèrent à l'évêque, qui refusa de faire à ce sujet aucun reproche au curé, et ne lui en parla jamais. In difesa del vescovo Fallot scrisse pure in un giornale cattolico della Svizzera un beneficato da lui, Barom don Giuseppe.

RIVISTA UNIV. ANNO VI.

spirata notizia del ristabilimento della pace della Chiesa e comanda ai suoi sudditi d' esserne riconoscenti verso l'adorabile sapientissima Provvidenza e pur egli invita i fedeli a cantare inni di grazia. Per ultimo è monsignor Garimberti che ai 5 parla ai Fidentini, saluta il giorno avventurato in cui si sono ravvivate le speranze per una perfetta tranquillità della Chiesa e pel più felice rassodamento della Catlolica Religione, ed esorta il popolo ad adunarsi nel tempio santo per ringraziare Iddio di così grande benefizio. In tal guisa accolsero a principio i vescovi di questi luoghi il concordato, ed i popoli pigliarono in buon senso la cosa; ma ben presto tutti se ne addolorarono, conoscendo più a dentro le faccende. Il cronista Salvi che notava in quel tempo giorno per giorno i fatti del suo paese, narrando le feste e le speranze concepite da quella convenzione, conclude col dire di Napoleone: Inimico peggior di prima. Ed avea ragione. Il buon senso facevagli pur vedere sotto i fitti veli de' gabinetti.

L'imperatore anche toltegli le concessioni del papa, voleva comandare egualmente sull'amministrazione e gerarchia ecclesiastica, e procedeva innanzi come se non fosse avvenuta la ritrattazione. In aprile promuove il vescovo di Piacenza alla sede arcivescovile di Bourges, e nomina l'abate Marentini alla rimasta vacante, per la quale questi non fece altro che prestare il giuramento di fedeltà all' impero e venire a Piacenza per dipartirsene incontenente; perocchè Fallot de Beaumont, essendo legittimamente installato su questa cattedra e per quella di Bourges avendo solo la nomina imperiale, non volle lasciare il certo per l'incerto, nè della prima avea fatto rinuncia alcuna. Il prelato francese, ancorché avesse una vasta diocesi da reggere, e di fatto la reggeva da uomo forte ed avveduto, avendovi dato ottimi ordini, punendo anche inesorabilmente preti cattivi colla prigionia di Fenestrelle, e facendo alle volte uso di facoltà eccedenti il potere d'un vescovo (1), era sempre pronto agli ordini del suo sovrano, e perciò Napoleone sapeva servirsene.

Fallot nell' agosto andava a Parigi e colà pigliava l'incarico di negoziare con Pio VII per l'imperatore. Egli stesso ne' diarii pubblicò la relazione della sua condotta nelle due volte che dal governo fu inviato a Fontainebleau, relazione riconosciuta esatta e riportata anche dal Pacca (2) scrittore a lui non troppo favorevole, e a questa mi attengo

(1) Si racconta che distribuiva le parrocchie di patronato senza ricorrere a chi n' avea la nomina, e in alcuni casi quelle di libera collazione senza il concorso; ne gli si faceva opposizione perchè spalleggiato dall' imperatore.

(2) Memorie storiche, part. 3, c. VIII, p. 182-90.

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