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ROSSINI.

Chi mi darà la voce e le parole

Convenienti a si nobile soggetto?
(ARIOSTO).

La Rivista Universale verrebbe meno allo stesso suo titolo se non associasse le proprie condoglianze a quelle di tutta la stampa per la morte tanto universalmente compianta del Maestro Gioacchino Antonio Rossini, avvenuta a Passy presso Parigi la notte del 13 novembre p. p. Questi brevi cenni, che mi concede l'esiguità dello spazio, non riusciranno che uno scarso e tenuissimo tributo d'ossequio alla memoria dell' uomo si grande di cui l'Italia piange la perdita; ma i lettori non sapranno male a chi detta queste pagine d'essere breve, avvegnachè in tal guisa è tanto di meno che togliesi agli argomenti gravi e di maggiore importanza che trattano i dotti collaboratori di questo periodico.

I. La città originaria della famiglia Rossini è Lugo nelle Romagne, ma Gioacchino nacque a Pesaro il 29 febbraio dell'anno bisestile 1792, per cui egli in tutta la sua vita non potè festeggiare che diecinove volte l' anniversario della sua nascita, circostanza che il gioviale maestro ricordava ancora nel febbraio ultimo decorso agli amici che s'erano recati a felicitarlo. I primi rudimenti della musica furono appresi dal giovinetto Rossini in Bologna nel 1804, presso il maestro Angelo Tessei, è nel 1807, ammesso al liceo della stessa città, sotto la scuola del rinomato P. Matteo si perfezionò studiando il contrappunto; ma superiore a questi studi era la scintilla innata del genio che dirigeva quell'animo adolescente nel mirabile lavorio che doveva bentosto creare un'immensità di melodie nuovissime e soavi, talchè nell' anno 1810, Rossini, appena diciottenne, fece eseguire la sua prima opera, e dall'accennata epoca fino al 1829, cioè in dicianove anni, egli compose ben 40 opere, le quali formano (ci sia lecito il dirlo colle parole forse di soverchio enfatiche d'uno scrittore italiano) il colossale patrimonio lasciato da » codesto milionario del genio». La stampa quotidiana pubblicò di questi giorni l'elenco di tutte le suddette opere, nell'ordine cronologico e coll' indicazione delle varie città e dei teatri in cui furono la prima volta rappresentate, e pubblicò pure i titoli della serie di altre variate

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composizioni del gran Maestro. Senza ripetere i molti titoli, noi ci limiteremo a ricordare tra i capilavori del Cigno Pesarese, il Barbiere di Siviglia, l'Italiana in Algeri, il Mosè, la Cenerentola, Otello, Semiramide e in ultimo Guglielmo Tell, ciascuno dei quali bastò separatamente tante volte a impinguare le borse degli editori di musica e degli impresari di teatro, ed a formare al nostro maestro una corona di trionfo immortale.

II. Tornerebbe fuor di luogo tessere qui la storia particolare di Rossini, mentre si hanno moltissime biografie pubblicate, lui vivente, ma sarebbe piuttosto opera saggia rivelare quanti falsi giudizi siansi pronunziati intorno alle di lui azioni e al suo carattere, indicando i meno veraci aneddoti a lui attribuiti; effetto, se non sempre di malignità e invidia, dello spirito troppo leggiero e dell' estro più o meno inventivo dei cronisti, o a meglio dir novellieri. Nulla maggiormente contristava il buon maestro che l'esser preso così gratuitamente di mira da certi scrittorelli e appendicisti di giornali, i quali riferivano parole da lui non mai pronunziate, scherzi neppure ideati, non cessando egli di protestare che certe baie nemmeno le avrebbe travedute in sogno, e soltanto gli eran note dalla vena umoristica di chi si divertiva a ordirle e spifferarle.

È a sperarsi che una storia esattamente veridica sulla vita di Rossini e dettata da autore coscienzioso non sarà per mancare ora che, scomparso l'uomo, tutte devono esser cessate le gare dei pochi suoi detrattori, e che le più serie testimonianze insieme ai documenti più autentici potranno essere raccolti e pubblicati. Certo non è questo opera leggiera, da essere apprestata in breve termine di tempo; a quest'ora, senza dubbio, qualcuno v' ha posto mano, e noi riteniamo che la rassegnazione del ritardo sarà a sufficienza compensata dalla importanza più seria e più interessata del lavoro. Ma mentre questo ci auguriamo di cuore, gioverà smentire di volo alcune accuse rivolte da oscuri pigmei contro il valoroso atleta.

III. Egli fu tacciato di carattere altero. Se d'uomo al mondo potesse esser giustificata una nobile alterigia, questo sarebbe certamente Rossini, il quale fu uno dei rarissimi personaggi che abbiano assistito in vita alla propria apoteosi. Ma egli non ne andava fiero, ed al maestro Carlo Weber che aveva osato negare, insultare perfino il di lui ingegno, Rossini non cessò di togliere la sua stima, dichiarando che l'odio di tal nemico non poteva diminuire nel medesimo il merito d'avere scritto le sue opere del Freyschutz e dell' Obéron per cui il Weber fu tratto a riconoscere più tardi il proprio torto e chiedette scusa delle pubblicate ingiurie.

Rossini fu anche accusato d' invidia, o gelosia d'arte. Invidioso egli? Quando la croce della Legion d'Onore venne offerta a Rossini, egli dapprima rifiutolla, indi esitava a fregiarsene chiedendo per qual motivo non fosse ancora stata accordata la stessa insegna al francese Hérold, nè ebbe tregua finchè il di lui collega non ricevè egli pure quella onorificenza.

V'è perfino chi osò qualificare d'egoista l'ingegno di Rossini! Ebbene, all'annunzio della morte del suo maggiore e glorioso emulo, di G. Meyerbeer, Rossini rimase per lungo tratto fuor di sentimento dall' immenso dolore, finchè proruppe in grandi lagrime come un fanciullo. E Rossini era di Meyerbeer non già l' antagonista, bensì l'amico; come lo era di Halevy e degli altri primari compositori.

IV. Rossini fu pure accusato di scetticismo; accusa creata da chi ama avere seguaci nell'incredulità i genii del secolo, accusa che sarebbe grave, quanto è violenta, ma che diventa stupida ed insulsa da parte di chi l' ebbe pronunziata o ancora potesse ingenuamente prestarvi fede. Se non parlassero i fatti, il genio medesimo del gran maestro basterebbe a protestare contro la indegna calunnia, il genio di Rossini che, per esser giunto a tal grado di sublimità e perfezione, titolo più degno non può essergli attribuito che di genio celeste; « son chant est admira» ble, il est sublime, il vient de Dieu scrive un celebre pubblicista, e Rossini riconosceva che le sue ispirazioni erano dono del Cielo, senza questa intuizione la sua mente creatrice non avrebbe no potuto così alta elevarsi. Rossini non fu mai uno scettico, fu anzi buon credente, visse e morì, come a tutti è noto, nelle braccia della cattolica religione.

Disgraziatissima la patria nostra se la storia, come delle sue cose politiche così della vita de' suoi uomini illustri, dovesse essere altinta alle fonti torbide di certi giornali, organi dichiarati di cosidetti liberi pensatori, ma cui più giustamente s' addirebbe il brevetto di libera malafede. Che vittoria per questi giornali se avessero potuto annunziare che Gioacchino Rossini moriva gloriosamente da spirito forte, come tale, a loro giudizio, era vissuto! E già qualcuno di essi aveva con lieto orgoglio preconizzato simile notizia (1) di cui, forse per la confusione e il rossore, non ebbe abbastanza coraggio, dopo la contraria notorietà dei fatti, a produrre la smentita.

Come sia morto l'autore dello Stabat Mater non solo è noto a tutti, ma non si sarebbe atteso diversamente dai moltissimi che conobbero e gustarono, più delle altre, le profonde sue composizioni religiose, e seppero che nei lunghi anni passati a Bologna, gli ospiti da lui pre

(1) L'Opinione Nazionale di Firenze.

diletti erano molti membri del clero e fra essi fu de' suoi amici più intimi e più entusiasti ammiratori il non mai abbastanza compianto Cardinal Consalvi. Lo stesso regnante Pontefice Pio IX, nei frequenti suoi discorsi parlando, con quella facilità che gli è propria, di musica non dimenticava mai, anzi ricordava ogni volta con particolare stima ed affetto il nome del caro Rossini. Se l'abbiano dunque in buona pace i detrattori della fama cristiana di un tanto uomo, ai quali nemmeno rimane il pretesto di replicare, come avvenne per la morte del signor Havin (anteriore d'un giorno a quella di Rossini) che la debolezza della ragione o la mancanza dei sensi han potuto tradire negli estremi momenti la libertà individuale (1). Ma ove ciò accadesse d'udirsi o di leggersi, starà sempre contro i mentitori il testamento medesimo del celebre defunto, testamento olografo, steso fino dal 25 luglio 1858, cioè più di dieci anni innanzi alla sua morte, testamento scritto sotto l'invocazione del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo, che sono le prime parole vergate dal Rossini in fronte alle sue ultime disposizioni. E fra queste disposizioni, la più notevole, che stabilisce due annui premi in Francia, l'uno all' autore della miglior composizione di musica religiosa o lirica... l'altro all'autore del libretto (prosa o poesia) su cui la musica dovrà essere applicata, merita speciale considerazione per la condizione seguente di cui riportiamo le testuali parole: « en observant les lois de la MORALE dont les ccri» vains ne tiennent pas toujours assez de compte. Un rimprovero tanto giusto, eppur così mite, lasciato come ricordo ai contemporanei ed ai posteri sotto una clausola pia e generosa, non poteva essere concepito ed espresso che da un animo nel più schietto senso religioso.

Perdonino i lettori se ci siamo trattenuti di soverchio sopra questo punto della pietà di Rossini, ma a ciò ne spinse da una parte il pochissimo che ne fu detto finora generalmente dai di lui biografi, e dall' altra la malignità onde altri parlandone, in senso opposto, tentarono di svellere una fronda si bella dalla sua gloriosa corona.

V. Un ricordo non meno savissimo è contenuto in altra clausola dello stesso testamento di Rossini dove il maestro, sempre relativamente ai premi da lui fondati a Parigi, richiede che la musica, tanto lirica che religiosa « devra s'allacher principalement à la mélodie si négligée

(1) Qualche giornale francese ínterrogando il Siècle perchè nei particolari della morte del suo Direttore M. Havin (l'iniziatore della sottoscrizione pel monumento a Voltaire) abbia omessa la circostanza ch'egli accolse il sacerdote e ricevette i Sacramenti, n'ebbe sul serio la risposta che l'omissione era abbastanza giustificata dacchè il signor Havin nelle ultime ore di sua vita non possedeva più la ragione!

aujourdhui». Queste parole sono più che un ricordo, sono un precetto; sono inoltre la condanna più assoluta e irrevocabile della musica cosidetta dell' avvenire. E da nessuna voce come da questa del gran maestro, poteva più autorevolmente simile condanna essere pronunziata Musica dell' avvenire! Gran capo ameuo deve essere stato chi ne trasse fuori la sola denominazione. lo lo sfiderei a ben definirne il significato, perchè da parte mia sosterrò, fino a prova contraria, che quei tre vocaboli formano un non senso. Comprenderò quando mi si parli di astronomia dell' avvenire infinite essendo ancora le ignote cause dei fenomeni celesti; comprenderò se mi si parli di medicina delavvenire, molti essendo tuttora i misteri delle malattie di cui non si conosce ancora la cura, Ma annunziare oggi la musica dell'avvenire equivale per me a promettere l' aritmetica dell' avvenire; perchè non potendosi aggiungere altre cifre alle nove arabiche che bastano a formare una infinità di numeriche combinazioni, del pari nella musica, alle sette note di Fra Guido d' Arezzo non possono esserne aggiunte altre, dacchè quelle bastano a comporre una immensa moltiplicità sempre varia di canti e di suoni.

Perchè non sorgono, con eguale diritto, gli innovatori a predirci la pillura e la scoltura dell' avvenire? bisognerebbe che camminassero molti anni a ritroso, fino alle epoche di Michelangelo e di Raffaello! E così pure i compositori odierni come i futuri musicisti, se si scosteranno dal vero bello della musica, dalla scuola unica buona ch'è la melodia, bisognerà che inciampino e retrocedano fino a Rossini.

La musica dell' avvenire avrebbe avuto in certo modo ragione di essere invocata lo scorso secolo, prima della comparsa del riformatore, del gran genio, del taumaturgo dell' arte; ma dopo che il Giove della musica (come da Meyerbeer è nominato il Rossini) scese fra i mortali, che operò i suoi miracoli, che raccolsero ogni trionfo; ora che la musica fu portata dal Rossini al colmo del perfettibile in ogni suo genere di componimenti, sacro, profano, sentimentale, seriofaceto, dal Rossini di cui un celebre scrittore (1) afferma che « il n'est aucun des mu

siciens de ce temps qui n'ait été illuminé, rechaussé par le rayon. »nement de ce soleil alle cui creazioni pertanto, senza tema d'errore, puossi asserire abbiano attinto i più rinomati contemporanei, dallo stesso Meyerbeer fino a Verdi e Mercadante: ora che quest' arte nobilissima fu innalzata dalle melodie di sì sovrano maestro fino a contatto del cielo; ah, di questa musica del Rossini deve dirsi finalmente ch' essa è per verità così grande nel passato che basta a riempiere il presente e ancora dominerà l'avvenire !

(1) M. Cristal.

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