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za di saburre nel ventre, di vermini, di cibi indigesti, di coliche dolorosissime, prodotte da sostanze acri e caustiche, non suscitano febbre. Altronde, vediamo che la puntura di un'insetto, una leggera ferita, un furuncoletto la suscita. Queste osservazioni ci fan credere, che diatesiche debbano anch' esse considerarsi. Ed infatti, dice il nostro autore, che desse tali sono sovente insino che in tifi si cangiano. Dopo queste considerazioni generali o nosologiche sulle febbri, scendiamo a quelle terapeutiche o speciali dei nove generi, che più davvicino riguardano lo scopo pratico, incominciando ove il nostro autore tratta delle febbri intermittenti .

G. B.

PARTE III.

NOTIZIE LETTERARIE, SCIENTIFICHE

E BIBLIOGRAFICHE

NOTIZIE LETTERARIE

Opere di Pittura del Cav. Pietro Benvenuti Aretino, Direttore dell' I. e R. Accademia delle Belle Arti di Firenze, descritte da Niccolò Palmerini, ed intagliate da varj valenti Artisti Italiani. Splendida edizione in foglio aperto. Pisa, presso Capurro. Fascicoli I. e II. Franchi 60.

Il nome del precitato Pittore è ormai assai noto non solo in patria, ma eziandio presso le estere nazioni, per doverne qui fare l'encomio.

Persuaso di ciò il Sig. N. P. formò l'idea di render pubbliche le Opere di lui con una edizione degna di esse, ed ajutato per la parte dell' oneroso dispendio da qualche altro Artista ha potuto vedere eseguibile il suo progetto, mentre già quindici rami erano incisi alla pubblicazione del Manifesto. Dai primi due fascicoli, che sono usciti contemporaneamente al medesimo, si è potuto conoscere, che se gl' intagli non sono di uno stile il più finito (lo che avrebbe portata una spesa eccessiva ) sono tali però da render conto abbastanza dell'effetto generale del quadro, e superiori di gran lunga a quel modo volgarmente chiamato pittoresco, di cui non tutti sono a portata di apprezzare il merito.

Nelle descrizioni l'A. discorre rapidamente il fatto rappresentato, e passa quindi ad una diligente esposizione del modo, in cui il Pittore lo ha espresso. Aggiunge in fine alcune annotazioni, che indicano i soggetti pei quali

T. I.

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sono state eseguite le Opere, e dove attualmente queste ritrovansi, e fanno onorata memoria dell'artista che le ha incise.

La parte tipografica è stata parimente a cuore degli Editori carta real grande velina di Fabriano, caratteri dei fratelli Amoretti accuratamente impressi nella Tipografia Pisana assegnano a questa Collezione uno dei posti più distinti fra le molte altre, che si eseguiscono in Europa; onde crediamo che debba essere bene accolta dagli amatori del Bello,

Poesie inedite del Conte Giovanni Fantoni, cognominato Labindo. Pisa presso Capurro 8. piccolo, di pag. 210, (franchi 2.).

E questo il vol. 45. del Parnaso moderno. Contiene quarantacinque Odi dettate in metri oraziani, e molte varie Poesie, la più parte di argomenti amorosi.

Quando nel 1785, si pubblicarono sole IV. Odi del Conte Fantoni, tutto Parnaso, per dir così, gli fece plauso, e niuno fu restio nel salutare il Toscano Poeta come colui, che aveva fatto rivivere Orazio in modi Italiani, Or ora son già scorsi due anni, che son pubblicate queste nuove Odi; e verun Giornale ne ha parlato. Le cause di questo silenzio non possono essere che le seguenti: o la nausea del secolo per la poesia, e specialmente per la lirica; o qualche avanzo di malumore municipale; o mancanza in esse di merito assoluto,

In quanto alla prima, non può negarsi che studj più severi non abbiano distolto gli animi degli Italiani dall'arte dei versi, la quale era forse troppo in onore presso i nostri avi, ma quando i versi sono ottimi, noi vediamo tutto giorno applaudirli, In quanto alla seconda causa, non ci piace di parlarne, poichè vediamo che siccome «Le follie tutte aver debbono un fine >>> si va a poco a poco dileguando la nebbia, che circondava i bei colli, ove la fortuna ci fe' nascere, ed ove in sonanti note

« La plebe istessa Atticizzando addita

<< Come con lingua l'aere si percote (1), Rimane la terza; e di questa sieno giudici i lettori,

(1) Alfieri, Satira, i VIAGGI.

Cosi scrive il Poeta al famoso Ranieri Calsabigi, risana

to da pericolosa malattia

Di tua vecchiezza altera

Morte scendea dalla magion degli anni;
La precedeano in schiera

Pallidi morbi, e macilenti affanni.
Già l'infallibil telo

Sul di bronzo adattava arco perenne,
Quando pietoso il Cielo

Le veloci del Fato ali trattenne.
L'avida man si morse

La Dea delusa, il micidial drappello
Chiamò dei morbi, e corse

A celarsi stridendo entro un avello.
Rise natura, aspersi

Di vigor ricondusse i di felici,

Ed or, Ranier, tu versi

Vin fumoso di Capri ai lieti amici.

Ma ohimè! variar non ponno

Le scritte dal destin leggi tremende;

Tutti in perpetuo sonno

Tutti la Terra genitrice attende. ec.

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Se non ci inganniamo, qui la gravità de' modi è uguale all'eleganza, ed al numero.

Vuol destar più dolci suoni sulla lira Saffica? Udiamo lo nell'Ode al celebre Salomone Fiorentino.

Cantor dolente della prima Sposa,
Onor dei figli d'Isdrael dispersi,
Perchè non desti su fatidic' arpa

Itali versi?

Agita forse del Tirreno in riva
I mesti giorni tuoi cura molesta?
Invida frode il meritato serto

Rode, o calpesta?
Ricchezza stolta la mercè dovuta

Ti nega avara, o insulta al tuo lavoro;
Mentre è alle Taidi, ai Peregrini, ai Rufi
Prodiga d'oro?

Sai pur quai premj la corrotta etade
Serbi a chi saggio di viltà non vive,
Lodi non vende, o di peccar maestre
Storie lascive?

Fugga, o si celi; anche tacendo offende
Severo il giusto alto bersaglio all' empio;
Scipio a Linterno, n'è Aristide a Egina
Nobile esempio.
Nel tempio, in trono, nel senato, in campo
Ha plauso il vizio, avidità grandeggia,
E fra i sepolcri la virtù negletta

Muta passeggia.

Frutto funesto di cotante colpe

Nacque, e l'Europa devastò la guerra,
Onde vendetta di fraterno sangue
Tinse la terra.

Non odi, Amico, l'Elegia che piange
Lacera, lorda, e scarmigliata il crine?
Mirala; siede a quel cipresso accanto
Fra le ruine.

Archi già furo, e del domato mondo
Trofei Latini, or li ricopre l'erba
Che la più parte ne ridusse in polve
L'età superba.

Perduta gloria dei passati tempi

Tu ci rinfacci il nostro onor sepolto!
Nè a tanto obbrobrio per vergogna abbassa
Italia il volto?

Si scuota....Ah sento mormorarmi intorno,
Suono possente, di Tirtèo la voce!...
Cauto rallenta le sdegnate corde,

Genio feroce.

In fine, senza parlare della grazia, della venustà, della gentilezza, e sopratutto di quella rara facilità, di cui risplendono la più parte delle Odi amorose, leggano quegl'Italiani, che hanno l'anima ancora aperta alle ispirazioni della Musa, l'Ode seguente: e giudichino del suo merito.

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