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di soverchio Dantesca questa sua maniera, e vorrebbero che fosse addolcita una certa asprezza e rusticità che vi prevale troppo sensibilmente, senza però che si pregiudicasse a que' tratti vivi ed energici, che danno si grande espressione a' suoi sentimenti. Non si può veramente negare che il colorito non sia cupo e forte, più che delicato; ma, prescindendo da una tinta un po' troppo carica, è quello appunto che conviene a' soggetti ch'ei tratta. Che che se ne voglia dire, la posterità certamente non rivocherà in dubbio, ch'egli nel parnaso italiano non si sia impadronito di un seggio, che niuno ha occupato più gloriosamente di lui; e che nella carriera del teatro tragico non abbia aperto un nuovo sentiere, incognito a qualunque antico o moderno, nazionale o straniero, e il vero e l'u

nico per cui possano giungere alla intera per

fezione dell'arte coloro che vorranno camminare sulle sue tracce.

Poichè siamo su questo argomento, io potrei farvi parola di molte composizioni scritte ad imitazione della divina Commedia, giacchè la moda d'imitare Dante fu un tempo così in voga in Italia (e forse non è ancora spenta), come lo fu presso la vostra nazione quella d'imitare Spenser, che si può in qualche modo chiamare il Dante dell'Inghilterra: ma poche o niuna di queste opere meritano che io mi diffonda a parlarne con voi, e si debbono quasi tutte tenere in quel conto, in che si sogliono avere le imi

tazioni. A me dunque basterà di avervi fatto conoscere l'originale col saggio che ve ne ho presentato; benchè non so quanto bene mi sia diportato nel mio lavoro. Io certamente ho studiato con tutte le mie forze di rendere degno de' vostri riguardi il poeta, e me del vostro compatimento; ma questo non fa che mi lusinghi, o Miledi, di avere ottenuto tanto. Se tutti coloro che desiderano di piacervi, vi potessero riuscire, vi sarebbero troppi uomini felici.

FINE.

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