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LETTERATURA

Intorno un antico Poema tribuito a Giovanni

Boccacci Nota del Conte Giulio Perticari.

1. Perchè la candida e purgata favella d'ogni popolo si guasta e mutasi col girare degli umani casi e del tempo, è solenne officio degli scrittori il fare ch'ella si ajuti e restauri : richiamando le menti allo studio e all' amore degli antichi esemplari . Onde chi pongasi con gentile animo a tale impresa , tanto sarà da lodare, quanto quegli alti spiriti che in questa elerna Città ridussero le arti dello scolpire e del pingere in quella semplice , e cara bellezza di Raffaello , e di Fidia ; di cui perduta era in gran parte l'imitazione , per la dannosa e vana sete che molt ebbero di montare dall'ottimo nel migliore . I qual poi fattisi insegnatori di novità , aprirono quelle scuole, dove imparavasi a falsare il naturale ed il vero , e riducendo i peccati a dottrine, si veniva fortificando l'ignoranza de' discepoli colla presunzione de' maestri . Si conviene adunque a' prudenti artefici spesse volte seguire quella sentenza de' Politici : la quale insegna: che a voler conservare gli stati sia necessario il ritrarli sovente verso i loro principii. Consiglio nobile, e pieno di sapienza; che noi stimiamo di dover prendere , trattando la materia gravissima delle lettere; e il seguiremo secondo il modo

G. A. To. I.

della nostra possibiltà : producendo di continuo in queste carte quelle classiche opere scritte nel buon tempo della nostra lingua, le quali o si giacciono dimenticate nelle pubbliche, e dimestiche librerie , o vanno incorrette , e lacere per le stampe. E così forse più accenderemo nell' amore degli antichi esempii coloro che amano di uscire dalla schiera del volgo; nè mancherà da noi che non si ajuti la fortissima opera da molti già cominciata per le più splendide città d'Italia : di sanare cioè il linguaggio e lo stile da que' mali , a cui lo ridussero la prepotenza dell'età : il soverchio affetto delle cose straniere : e la niuna cura delle nostre.

II. Faremo principio da un poema detto : La Passione di Cristo N. S. che cantavasi nel trecento. Il qual poema si legge in assai codici sparsi per molte Biblioteche : e nella Riccardiana quattro copie ne sono , secondo il Lami : e due nella Gaddiana , secondo il Bandini; una nella Classense di Ravenna: altra fu già del Cav, Bossi in Milano (*): ed altra finalmente è in Roma presso noi in un bel Codice intitolato il libro delle laudi della Fraternita del Beato Santo Francesco scritto in Pergamena : di eleganti caratteri , ornato a minio ed oro, con vecchia ortografia Toscana , e traente al dialetto de' Cortonesi ,

(1) V. Lami Bibl. O 111. c. 17. q. 0. IV, c. 28. S. III. c. 4. Cat. p. 313. 36. V. Bandini. Gadd. Bibl. Plut. XC. C. XLV. e c. XCV. V. Catal. de lib. vendil). del C. Bossi Cod. Lett. P. II Codice Ravigoano fu dato alla biblioteca di Classe dal P. d. Gio: Domenico Coleti della Compagnia di Gesù. Il Sig. Marchese Antonio Cavalli da Ravenna giovine di molte lettere greche, e latine, e dettatore finissimo di prose e rime italiane, ce ne ha donata una diligente copia scritta da lui medesimo : la quale ha molto giovavato a fermare la vera lezione di questo poema.

ma.

e fatto anzi scrivere in Cortona per Bartolomeo Camarlingo della fraternita al tempo che Paulo dello Spina fu priore. Quivi dopo molt' inni volgari parte rozzi , parte leggiadri, e tutti devoti , și leggono queste rime : le quali a noi sembrano così belle da dirle un nuovo ornamento non solamente dell'idioma Toscano, ma dell' Italica poesia. Imperocchè molti poemi potranno andare innanzi questo o per l'altezza de' concetti , e de' modi , o per l'uso dell'arte: ma niuno certamente il può vincere nella semplicità , nell'efficacia , nell'armonia , e in quel vigore d'affetti così gagliardo che sforza e penetra in fondo l' anima , e tutta l'empie d'un dolce e amabilissimo dolore. Per la qual cosa ci è sembrata ingiusta la dimenticanza cui fu dannato per molti anni, forse per farci fede, che i libri , siccome gli uomini, hanno ancor essi la loro stella : e che non sempre la gloria e la fama tengono accordo col merito, e colla virtù.

III. Ora seguita che si cerchi il nome di chi lo scrisse : che certamente fu de' migliori fra quegli antichi . Perciocchè il suo stile si divide al tutto da quello de' plebei : tiene dell'illustre : è in ogni cosa molto forbito e vago : e salvo alcune licenze tutte proprie di quel tempo, non trapassa giammai que’ termini che sono posti a dividere semplicità da rozzezza. Per le quali ragioni non dubitiamo di accostarci al dottissimo Lorenzo Mehus, il quale nella vita d'Ambrogio Camaldolese, senza entrare in alcun dubbio, dice questo essere un poema non pubblicato di Giovanni Boccacci : e fonda la sua opinione

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non tanto nella bontà dell'opera , quanto nel testimouio di uno splendido codice Riccardiano, nel cui fine si legge Sanctissimæ Passionis D. Jesu Christi vivi et veri hic explicit feliciter comparatio : edita per serenissimum vatem Dominum Joannem Boccacio de Certaldo : merito cujus anima sua requiescat in pace (*). Che se la sentenza di questo chiarissima Fiorentino non piacesse a taluno : non vorremo noi prender per questo una vana battaglia. Ma lasceremo che il poema si aggiudichi a qual si voglia di que' nostri primi padri del dire. Perchè nè ora , nè mai saremo ostinati intorno quelle cose, onde si può di: sputare con bontà di ragioni ; seguendosi da noi quel principio gravissimo di Dante , il quale insegna, che il dubbio nasce a guisa di ranipollo a piedi del vero ($).

IV. Ma a confortare intanto la sentenza del Mehus aggiungeremo alcune considerazioni , per le quali vengansi come indovinando e il motivo perchè il Boccaccio potè scrivere queste rime , e il tempo nel quale forse le scrisse. Vogliamo dunque primamente notare un fatto non mai avvisato da’raccoglitori del: le antiche cose . Ed è, che moltissimi de' fondatori della nostra eloquenza composero, o pubblicarono assai versi senza nome, o con nomi finti: per una usanza cortese che in quel tempo era : ed ora non è più . Per la quale secondo il venerabile esempio de' cantori Ciclici , e de'Rapsodi della Grecia , e de' Trova: tori della Provenza, molti Italiani nel trecento vive

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(1) Mehus. vit. Ambr. Cam. p. CCLXXVI.
(2) Dant. Par. c. 4. v. 130.

vano recitando nelle sale de’signori, e nelle adunanze delle pie persone , ora versi lirici , ed or poemi: cui givano accattando dagli scrittori più celebrati e solenni . E così ora svegliavano gli animi al valore, cantando i fatti di Troja , de' Paladini , e di Roma; ed ora li componevano alla religione , recitando loro le istorie di Mosè , e del Vangelo. Che il Petrarca poi e 'l Boccacci scrivessero per una tal gente di poeti , sia quì testimonio l'epistola che il primo inviò al secondo : la quale è a leggersi nel quinto delle Senili „Tu conosci , Giovanni , questa razza d' uomini che vive dicendo versi , e versi altrui: la quale è si cresciuta oggimai , che il numero non si può contare. Sono genti di mediocre ingegno, di grande memoria e diligenza , e di ardimento grandissimo; palagi e corti frequentansi da costoro : per se stessi ignudi , vestiti dell' altrui , recitando con grande impeto belle rime di questi e di quegli, onde procacciano favori , argento , vestimenta , e doni d'ogni ragione . E questi beati strumenti del loro guadagno ora chieggono agli autori medesimi , ed ora altrui : e si ora li ottengono per virtù di preghiere, ora li comprano a pregio d'oro , quando il richieggia la ingordigia , o la povertà del venditore poeta. Quante fiate costoro vengono a molestarmi pregando! E cosi faranno con te., mio Boccacci , e con altri! Sovente per fuggire la noja di costoro, io nego a un tratto , mi piego pure alle lacrime. Ma tal volta però, quando conosco che i preganti sono poverelli , e sono umili , la santa carità di fra-, tello mi persuade , e mi tirà a soccorrerli di qual

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