134 Dall'umana natura posto in bando: Che in la mente m'è fitta, e or m'accuora Di voi, quando nel mondo ad ora ad ora E quant'io l'abbia in grado, mentr' io vivo, 81 84 87 90 va, le sue ragioni si ristringono spesso a questa unica, di cavillare a ogni modo addosso al suo benemerito predecessore Εὐκόμενος μερόπεσσιν ἐς ὄντα πᾶσι βαλέσθαι, εν Πῶς μύες ἐν βατράκοισιν αριξεύσαντες έβησαν - 81. Ros. Pog. Dall' umana natura che pare più proprio benchè men elegante. Pur si scansa l'equivoco che indurrebbe a pensare alla prima che ser Brunetto fosse stato posto in bando dell'umana natura, come que valentuomini decretarono in Vienna contro a Bonaparte fuggitosi dall' Isola d'Elba. Intorno a queste permutazioni del di e del, vedi qui innanzi la postilla al C. XXIII, 20. Nè gli scrittori che per azzimarsi d'eleganze danno in equivoco, sono pochi, nè antichi. 85. Ros. Maz. Bar. La cara e buona, e quella copula basta a raffreddare l'affetto dell' espressione. Il Vat. peggiormente La cara buona imagine, e paterna. 84. Nid. Di voi nel mondo quando ad ora ad ora. 86. Vol. Nid. E quanto io l'abbo. Seguo Ros. Maz. Pog. Caet. e l' Ed. di Foligno citato dal De Romanis che leggono con inflessione meno strana del verbo, e con più schietta sintassi. Ivi, Ald. in grato, ove gli Accad. « per fuggire l'equivoco » rimutarono la t in d. Cr. a grato, Ros. a grado, e lo scerrei se non bisognasse il tono acuto di in a temprare il concorso de' quattro a, abbia a gra; senzachè il solo bia a produrrebbe modulazione noiosamente protratta. 89. Cr. con l'altro testo. 90. Vol. Nid. Tanto vogl' io, che vi sia manifesto, Pur che mia coscienza non mi garra; Che alla Fortuna, come vuol, son presto. Non è nuova agli orecchi miei tale arra: Però giri Fortuna la sua ruota, Come le piace, e il villan la sua marra. Destra si volse indietro, e riguardommi; Con ser Brunetto, e dimando chi sono E letterati grandi, e di gran fama, -- 94. Bar. all' os' a lei. Léggo co'miei due, e col Cod. Pog. recchie mie. 99. Ros. Ben l'ascolta. 100. Ros. Non per tanto. 104. Nid. Ros. Bar. laudabile tacerci. 103. Cr. il tempo verria manco, e da non trasandare: ma non è in più che tre codici. 108. Ros. Ang. medesmo al mondo, soavissimo a cui piace lo scontro della petrarchesca famosa irta di accenti, e pingue di pleonasmi: DI ME MEDESMO MECO MI... 110. Vol. Nid. e tutti E Francesco d' Accorso, anco e vedervi. Ne l'uno nè l'altro de'miei codici scrive la seconda e congiuntiva. Il Maz. non ha interpunzioni; e quelle del Ros. sono di mano più tarda. Ho dunque alterato la punteggiatura della lezione comune; non solo perchè il verso ha migliore interrompimento e la prosodia del metro ne S'avessi avuto di tal tigna brama, Fu trasmutato d' Arno in Bacchiglione, Di più direi; ma il venir, e il sermone 111 114 117 Nel quale io vivo ancora; e più non cheggio. 120 Poi si rivolse, e parve di coloro, Che corrono a Verona il drappo verde Per la campagna, e parve di costoro Quegli che vince, e non colui che perde. 125 acquista, ma perchè quell' anco riferito al Vescovo gli dirizza la satira più di proposito. 115. Cr. ma il cammino, - - 119. Nid. Siati. 120. Nel Cod. Ros. parrebbe nata dall'autore questa variante: Nel quale io vivo, e più altro non chieggio. — 121. Ald. Poi si parti. Ne'quattro ultimi versi il coloro e il costoro e il quegli e il colui sono indizii delle strette fra le quali la nuova lingua spesso teneva il poeta. CANTO XVI. Già era in loco, onde s'udia il rimbombo Correndo, d'una torma, che passava 3 6 VARIANTI 1. Ros. Maz. Già era il loco. Vol. Nid. ove s'udia. Pog. Maz. Ang, onde. Il senso non s'altera, o in meglio, mentre il vocabolo manda un de'suoni richiesti dalla descrizione. 2. Cr. alto giro. 3. Ros. l'arne, e così trova l'Ed. del Bar. Gli Accademici per sovvenire chiunque in altri testi lesse arme scritto da quanti non intesero arnie, le spiegano per « alveari: » non però nella lezione arme l'editore eruditissimo « vede assoluto sproposito. » — 7. Nid. Pog. Venian. Io qui scrivo con la Volgata per le ragioni che altrove m'inducono a dipartirmi da essa. Raffronta le postille 138 Sostati tu, che all' abito ne sembri Recenti e vecchie dalle fiamme incese! Alle lor grida il mio dottor s'altese ; 9 12 Volse il viso ver me, e: Ora aspetta, 15 E se non fosse il fuoco, che saelta Che meglio stesse a te, ch'a lor, la fretta. Ricominciar, come noi ristemmo, ei 18 L'antico verso, e quando a noi fur giunti, 21 il 17. Pog. lo direi, al C. XIV, 29, e qui appresso al v. 22. che è da notarsi per prova che ne più riputati fra'codici i piedi del verso si conducono per vocali, e talvolta anche tanto che si strascinano; ma pur prova a ogni modo che le sconciature di e' ie dozzine delle si fatte vogliono abolirsi e noverarsi fra gli usati espedienti de'copiatori provvedute poscia d'apostrofi per via d'indovinamenti. 19. Vol. Nid. Ricominciar come noi ristemmo, ei L'antico verso. Cass. hey, e L'antico verso, Maz. chi, nè il Buti, il Landino, il Velutello e il Daniello (presso il Lombardi) leggono diversamente, intendendo nell'interiezione di dolore l'an22. Nid. suolen, ma nè tico verso perpetuo di quelle anime. alla lingua nè al testo importa si strana inflessione del verbo. Vedi dietro C. XIV, v. 29. 1 Lombardi cita per esempi eccezioni da non addursi. Vol. solean, e così i miei due Codd, il che riferendosi al sien della stessa terzina ha faccia d'anacronismo. Aderirò dunque al De Romanis che nelle sue tre edizioni s'attenne invariabilmente a una variante esibitagli dal Cod. Ang. |