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vita e della mente di Dante. Distrusse i sistemi originati dalle meschine vanità locali o dalla riverenza adulatrice a' discendenti d'illustri famiglie, che alteravano la storia dei pellegrinaggi di Dante e contaminavano l'anima più nobilmente altera che mai si fosse or di calcolo or di basso rancore la venerazione al pregiudizio toscano fatale al testo - l'abitudine di dar predominio all' estetica sul pensiero, alla forma sull' idea, allo studio dei mezzi sulla ricerca del fine. Condusse la critica sulle vie della storia. Cercò in Dante non solamente il poeta, non solamente il padre della lingua nostra, ma il cittadino, il riformatore, l' apostolo religioso, il profeta della nazione. Schiuse a noi tutti la via, che i tempi, l'educazione, la vita infelicissima, e alcuni errori della mente, da' quali egli non potè emanciparsi, vietarono a lui di correre intera. E s'oggi gli studi su Dante moyono più severi e più filosofici e di certo più giovevoli alla gioventù d'Italia che non tutte le industrie sudate de' spiluccatori di sillabe, è dovuto pei due terzi, comunque altri pensi, al Discorso sul Testo e agli altri scritti di Foscolo intorno a Dante: se un giorno avremo una edizione del Poema da non ritoccarsi più oltre, sarà dovuto alle norme con che Foscolo condusse l'emendazione del Testo e la scelta delle varianti nel lavoro ch'or pubblichiamo.

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E fu l'ultimo suo lavoro. Cominciò tra le lodi e gl' incoraggiamenti dei migliori intelletti dell'Inghilterra, tra le speranze d'una riposata vecchiaia e d'una gloria vagheggiata d'antico; fini tra le angustie d'una povertà che pochi saprebbero sopportare senza avvilirsi, tra le persecuzioni de' creditori, fra i dolori, inacerbiti dall' opera assidua, della malattia che lo condusse a morire, e nell' amarezza del sentirsi impotente, per mancanza di

mezzi, di tempo e di pane, a compirlo com' ei } aveva, per venerazione a Dante ed amore all'Italia, ideato. Se in Italia gli uomini letterati pensino altrimenti, non so. Ma io sento nell' anima che la pubblicazione di questo manoscritto, giacente da quindici anni nella polvere degli scaffali d'un libraio inglese, era debito, debito sacro per gl' Italiani. Parmi che il giacersi dell'ossa di Foscolo in un cimiterio straniero, sotto una pietra postavi da mani straniere, sia tributo che basti agli avversi tempi, senza che debba consegnarsi all' obblio anche l'ultima testimonianza d'affetto agli studi ed a noi di un uomo che, solo forse fra i noti del periodo tempestoso in che visse, serbò incorrotta, immutata davanti al potere, davanti alla prospera e all'avversa fortuna, e all'esilio e alla fame, l'indipendenza dell'animo e del pensiero, e riconsecrò a sacerdozio in Italia l'Arte, scaduta pur troppo, salve poche ec, eezioni, a mestiere.

UN ITALIANO..

AL LETTORE

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A chi paresse quest' edizione diversa in tutto dall'una disegnata da me in un manifesto fatto pub blico sul principio dell' anno 1824 troverà qui alcune ragioni che m'indussero anzi a indugiare che a mutare il mio proposito; e insieme alcuni avvertimenti si ch'egli ed altri possano giovarsi di questi volumi.

Da che l'autore si tolse per soggetto della Commedia il secolo suo, ed ei se ne fece protagonista, l'animo mio era che fosse preceduta da un volume col titolo: « Storia della vita, de' tempi e del poema di Dante. »

E perchè tanta dottrina in letteratura e scienze, della quale le opere di lui sono talvolta luminosissime, non poteva originare da ispirazione, io intendeva di corredare ciascheduna cantica di alcuni discorsi brevissimi ne' quali la storia, e la poesia s'illustrassero scambievolmente, non solo intorno agli avvenimenti dell' età media accennati da Dante, ma molto più intorno alle fonti antiche dalle quali il lume della filosofia de' Romani e de' Greci, tra

versando a raggi rotti ed incerti per entro i secoli tenebrosi della barbaric, era giunto quasi a riaccendersi nella sua mente.

Esposizione veruna non era mio intendimento di aggiungere al testo. L'aiuto migliore, anzi l'unico che il critico possa somministrare, consiste, parmi, nell'osservare i fatti reali, che il poeta adornò di illusioni-l'ingegno suo o hell' inventare o nell'adoperare i mezzi efficaci al suo scopo

i popoli

e i tempi ai quali intendeva di scrivere e sopratutto la cognizione del mondo e del cuore umano che può derivare dal poema quand' anche fosse privato della magia della illusione, e di tutti gli abbellimenti dell'arte. Allora anche quelli che non hanno l'anima temprata agli allettamenti della poesia, profittano, non foss'altro, delle lezioni dell' esperienza altrui. E si fatte illustrazioni utili in tutti i grandi poemi, sono richieste dalla necessità quando l'autore aduna avvenimenti e individui infiniti, e li ravvolge sotto il velo della finzione quand'egli allude a tutto quello che il mondo sapeva a' suoi tempi, e richiede che i suoi lettori sappiano assai più di quanto i più degli uomini sanno quand'egli è creatore della poesia d'un popolo, e con ingegno straordinario si giova di mezzi ignoti a' sommi artefici che lo avevano preceduto, e inutili a quanti poi li hanno tentatie finalmente, quand'egli è il primo e solo pittore dell' età sua, e osservatore de' vizi, delle virtù, e de' caratteri di tutti i viventi.

Dante infatti rappresentò la natura come vive sostanzialmente invariabile nel genere umano e come va rimutando sembianze per le modificazioni della società di secolo in secolo e come l'uomo per la ingenita sua necessità d'illudersi perpetuamente, e di vivere ad un tempo in due mondi, l'uno

reale, l'altro immaginario, si lascia governare da regole di giustizia derivate dal cielo. La natura invariabile era allora meno repressa. La civiltà era più impetuosa e più rapida ne' suoi progressi e nei suoi cangiamenti.. Le opinioni su la giustizia celeste regnavano onnipotenti, e operavano invisibili come sempre sopra la terra; ma allora pareano visibili, così che negli avvenimenti, ne' costumi ed individui di quell'età, lo storico sa raramente discernere se più la natura o la società o la religione regolassero la vita degli uomini. A Dante nondimeno riuscì di descriverle con più verità ed energia, perchè in ciascheduno de' tre compartimenti del suo poema fa quasi sempre che l' una predomini su l'altre due: e non già, a quanto io credo, per disegno premedilato, bensì perchè ciascheduno de' tre regni differentissimi di quel mondo ideale rispondeva spontaneamente a tre distinte intenzioni.

Adunque parevami che potesse riescire opportunissimo commento il premettere alla prima canlica un discorso intorno alle condizioni civili del'Italia, perchè l'originalità dell'ingegno suo risultò in gran parte dalla originalità de'suoi tempi; e però nell' Inferno ei ritrasse l'umana natura, qual' ei la vedeva schietta, violenta ed eroica, e quale vive a patire e operare fortemente in tutte le età mezzo barbare.

Al Purgatorio, dov' ei più spesso allude alle lettere, alle belle arti, alle case regnanti, alle leggi, e ai costumi del suo secolo, e si compiace di ragionare con poeti e pittori e cantori e artefici di stromenti, era destinato un discorso intorno alla letteratura di quell' età, a fine di rintracciare i principii, e progressi, e le modificazioni della civiltà alla quale il genere umano europeo cominciava allora a rinascere.

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