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danaro innanzi tratto per avvisi di gazzette, nè soggiacere alla regola degli sconti richiesti da' librai in Inghilterra. Le copie 250 sarebbero per l'appunto la metà dell' edizione, e ad una ghinea per volume darebbero a un dipresso le lire mille cinquecento richieste a stamparli. A me quindi resterebbe quasi netta l'altra metà dell' edizione che farei di smerciare; in parte qui per via di baratto di libri, che mi son necessari, e dopo che m'è toccato di venderne parecchi per vivere sento assai più che mi mancano; e in parte nel continente per le pubbliche librerie, ec. ec.

<< A me, Gino mio, importa più ch' altro il non perdere tanti anni di studi intorno a Dante ed al medio evo, e all'Italia. Cominciai a fare le parti di critico e d'antiquario e pedante per l'Edinburgh Review, perch'ei cominciassero a conoscere una volta davvero docuit quæ maximus Atlas in tempi che la razza umana europea non era atta ad intenderlo. Poscia andai innanzi con articoli e libricciuoli sovra i nostri poeti, disegnandomi, pur troppo, di fare arnese e ferruzzo da bottega della mia penna, finchè essendone divenuto stucco fracido, e pur nondimeno continuando per provvedermi miseris viatica canis, tutti i miei provvedimenti ed avanzi tornarono in nulla, e solo mi rimase il vantaggio d'avere ben imparato il modo d'illustrare il poema di Dante. E vi ho tanto studiato sopra e con tanta insistenza, che oggimai non mi bisognerebbe se non tempo e opportunità di stampare, - e me ne struggo tanto più quanto nel diradare il poema e il secolo oscurissimo di Dante, parmi d'avere spiato barlume ad esplorare il secolo ignotissimo d'Omero e lo stato della civiltà de' Greci a que' tempi. La traduzione mia della Iliade intendo di stamparla poscia e illustrarla nella guisa medesima per l'appunto adottata da me per la Divina Commedia; e per ultimo volume vorrei aggiungervi un testo greco, dove mi proverei di giovarmi delle novità proposte dal Wolf, dall' Heyne e da Payne Knight, e il mio testo sarebbe fatto per uso de' Greci d'oggi in guisa da persuaderli una volta, a leggere in Omero non già spiriti e accenti, bensì piedi musicali ed esametri,

<< Innanzi all' edizione in-4° incominciata, come ti ho detto dianzi, e interrotta, della Commedia, dovea starsi una lunga letterona politica agli uomini letterati italiani, amara forse, ma utile un giorno fors' anche, e vera a ogni modo. E n'erano già stampate da 50 e più pagine; pur al libraio, essendosi egli fatto impresario dell' edizione, e riducendola a piccolissimo sesto, la lettera non

servi; onde si giace a mezzo e mezza stampata, e per giunta col rimanente di quel manoscritto in mano degli stralciari che ne faranno ciò che potranno o sapranno: nè me ne curo; — quando, se, pubblicherò l'edizione mia di Dante, io vi porrò quella lettera; e, se perderò ogni speranza dell' edizione, la lettera ad ogni modo sarà stampata, pigliandomi altra occasione e rimutandovi solamente il principio.

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<< E parimenti all' Iliade avrei voluto premettere un discorso politico in via di lettera diretta a' Greci su le faccende della loro sacra e misera patria; e mi sarebbe stato caro di potere pubblicare ad un tempo medesimo il volume primo della Commedia e il primo dell'Iliade, della quale mi trovo d'avere fatti e finiti nove libri, che oggimai, dopo studio moltissimo, non mi sembrano indegni del mondo. Il libro terzo stampato nell' Antologia di Firenze l'ho ripulito in guisa che, se tu il rivedrai, ti parrà statua levigata e moventesi. D'altri libri io fo ricopiare, mentre ora ti scrivo, parecchi squarci, tanto che tu pur abbia alcun saggio, che ti giovi ad avvisarmi se la pratica mia lunghissima m'aiuta a trattare meno infelicemente il metodo di tradurre adottato da me, e dal quale le sue mille ed incredibili difficoltà pur non faranno mai ch' io mi diparta. Il copiatore andrà innanzi, finchè l'amico mio, che verrà a pigliarsi quest'involto e dirmi addio, farà far punto al copiatore ed a me. Or tanto che ho tempo e me ne ricordo, pregoli d'ottenere dalla signora Quirina Maggiotti una copia del1 Esperimento di traduzione del primo libro dell' Iliade, dove in alcune carte bianche legatevi insieme troverai parecchi tentativi di ritraduzione qua e là. Lascia andare gli altri, e solo fa di raccozzarmi e spedirmi lo squarcio ove Pallade cala dall'alto a rattenere Achille, che sta per dar addosso ad Agamennone. So che allora, e sono oggimai quindici anni, io rifaceva que' versi con ardore, e che poi io rileggevali con piacere. Forse che oggi, rileggendoli, mi darebbero noia; ma pure impartirebbero fuoco alla nuova mia traduzione. Fa' dunque di rimandarmeli. Cominciano al verso Disse e l'angoscia s'infiammò d'Achille, procedono co' discorsi fra Minerva e il guerriero, e chiudono col ritorno della Diva in Olimpo, ec.

«Per altro a finire la traduzione tutta intera dell'Iliade e illustrarla come vorrei e potrei mi bisognerebbero quattr'anni di lavoro e di quiete, e certezza che smercierei l'edizione mia fuor d'Inghilterra; - perchè qui altri libri che inglesi possono avere lode, ma

non mai fare fortuna; e John Bull ha ragione, e gl'Inglesi forestierati chiacchierano di letteratura e poesia forestiera, ma non l'intendono; non però sono oche, per ch' io pure non giurerei d' intendere addentro e a modo i loro pocti; e nondimeno tra bene e male scrivo spesso e mi lascio stampare alle volte in inglese. Frattanto se hai piacere e opportunità di far pubblicare nell' Antologia alcuni altri libri della mia traduzione, io ti manderò il quarto e poscia il quinto e l'un dopo l'altro sino a tutto il nono; il secondo mi pare finito anch' esso, e non domanda più d'essere ritoccato; ma il primo mi darà tuttavia da pensare; nè per ora potrei affaccendarmi sovra l'Iliade. E però bisognandomi both on account of my public and private character, per dirla all'inglese, di lasciar leggere al mondo le mie opinioni e passioni intorno alla Grecia, il discorso politico, che doveva precedere la versione e le illustrazioni ad Omero, uscirà presto da sè in lingua inglese; e se la vendita risponderà all' aspettativa, forse che potrò allora stamparlo in italiano co' primi nove libri dell' Iliade, la quale allora potrà dir non foss' altro non omnis moriar.

« Tu più che ad altro attendi a riscrivermi intorno all'edizione di Dante; ma innanzi tratto ti ripregherò di leggere il volume primo già pubblicato in-8°, edizione di Pickering.

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del Pickering, edizione elegante davvero, fosse capitato fino a Firenze, vedi di leggere quel centinaio di pagine che stanno innanzi al primo volume, e fa ch' io possa intendere quando che sia ciò che ne pensi, e ciò che ne dicono non tutti i dottissimi, ma i pochissimi dotti fra' Fiorentini, e il reverendo mio Niccolini fra gli altri. So che Non Cruscanti e Cruscanti mi si faranno nemici; pur credo che i falti osservati da me su questa faccenda delle questioni grammaticali, e il modo di raccontarli, e i teoremi che ne ho desunti gioveranno un dì o l'altro non a rimediare a' guai della lingua, e non a racquetarne le liti, bensi a indicare a ogni modo la radice delle questioni e de' guai. — E la radice è quest'unica; che la lingua italiana non è stata mai parlata; che è lingua scritta e non altro, e perciò letteraria e non popolare; -e che se mai verrà giorno che le condizioni d'Italia la facciano lingua scritta insieme e parlata, lingua letteraria e popolare ad un tempo, allora le liti e i pedanti andranno al diavolo e dentro a' vortici del fiume Lete in anima e in corpo, e i letterati non somiglieranno più. a' mandarini, e i dialetti non predomineranno

nelle città capitali d'ogni provincia; la nazione non sarà moltitudine di Chinesi, ma popolo atto ad intendere ciò che si scrive, e giudice di lingua e di stile - ma allora, non ora, e non mai prima d'allora.

« Parecchie altre scritture su la storia della lingua italiana (da che la storia sola de' fatti e le vicissitudini della letteratura giovano a ricavare utili teorie) feci inserire in quel giornale, che cominciava con promesse magne e magnifiche, e finì sciaguratamente, e che ho nominato dianzi The European Review. Allora io per la somma di lire 240 diedi agli editori quattordici articolí intitolati Epoche della lingua italiana, ciascheduna delle quali occupava mezzo secolo, incominciando da Federigo 1° (il Barbarossa) sino a' di nostri. Le prime tre o quattro Epoche si pubblicarono, - ma gli editori fallirono; io non toccai nè un unico soldo, e non solo sborsai da forse tre dozzine di lire per copisti e traduttori, ma per avere parte non foss' altro del mio credito, gli avvocati mi travolsero in altrettante dozzine di lire per le spese forensi, e non n'ebbi vantaggio se non questo, che pur non è poco, di riavere i miei manoscritti delle Epoche non pubblicate. Vorrei ridurle in una sola opera, diretta alla Accademia della Crusca col motto Batlimi e ascolta: perchè forse i Montisti ei Perticariani con tutta la loro confraternità mi batterebbero peggiormente. Se non che, Gino mio, quid brevi fortes jaculamur ævo mulla? A me mancano pochi anni ai cinquanta, ed oltre alla minore certezza e gioia e forza di vita in questa età mia, s'è accanita contro di me la fortuna, tanto che non ho certezza oggimai nè di vivere per lavorare, né di lavorare per vivere, ec. ec.

Nella lettera che s'è qui ripubblicata a frammenti dal numero 104 dell'Antologia di Firenze, sì perchè porge indizio del modo con che Foscolo tentava la illustrazione della Commedia, e sì perchè gli esemplari dell' Antologia sono oggi pochi e rari a trovarsi, è menzione di parecchi lavori preparati in Inghilterra da Foscolo e rimasti ignoti all' Italia. Dei nove canti dell' Iliade accennati, soli cinque furono trovati compiuti, più altri a lunghi frammenti, ed era mente di Foscolo ritoccarli. La lettera ai Greci, se pur fu scritta, è, credo, irreparabilmente smar

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rita. Rimangono, alcuni in ordine per la stampa, altri abbozzati, i Discorsi sulle epoche della lingua italiana, e quel tanto che non fu poscia inserito da Foscolo in altri lavori stampati e parrà giovevole all' incremento della patria letteratura, verrà fatto noto in un modo o nell'altro all'Italia. Della lunga lettera apologetica ai letterati d'Italia letta negli ultimi tempi della sua vita con animo traboccante di affetti da Foscolo a taluno fra gli amici suoi, poi smarrita e tiepidamente cercata, e dichiarata perduta (1), son oggi e m'è dolce annunziarlo primo agli amici di Foscolo ricuperati i due terzi almeno, sommanti a dugento pagine incirca di stampa. La Lettera è indirizzata agli Editori Padovani della Divina Commedia dalla Tipografia della Minerva uscita nell'anno 1822. È documento importantissimo per valore biografico e storico, perchè, mentre ribatte virilmente e decisivamente le accuse mosse dalla malignità e dalla cortigianeria letteraria a Foscolo uomo e scrittore, porge lume a discernere il vero d'alcuni fatti segnatamente degli anni 1814 e 1815, travisati per mala fede o taciuti per paura sino ai di nostri; e sarà pubblicata com'è in un libro intitolato Vita e Lettere d'Ugo Foscolo, intorno al quale chi scrive queste pagine sta lavorando quanto concedono angustie d'ogni sorta e doveri da' quali ei non pensa potersi esimere. Quel che avanza delle illustrazioni al Poema di Dante forma i volumi che qui si pubblicano.

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Quel che avanza perchè il concetto d'illustrazione era ben altrimenti vasto e degno di Dante. Oltre il Discorso sul Testo pubblicato nel 1825 pieno zeppo d'errori dal Pickering, e due anni dopo con nuovi errori da Ruggia, ed oggi ripubblicato con

(1) Camillo Ugoni nella Vita di Pecchio.

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