Unde hominum genus et pecudes, unde imber et ignes, Arcturum pluviasque Hyadas geminosque Triones, 745 Quid tantum oceano properent se tingere soles Hiberni, vel quae tardis mora noctibus obstet. Ingeminant plausu Tyrii, Troësque sequuntur. Nec non et vario noctem sermone trahebat Infelix Dido, longumque bibebat amorem, 750 Multa super Priamo rogitans, super Hectore multa: Nunc, quibus Aurorae venisset filius armis, Nunc, quales Diomedis equi, nunc, quantus Achilles. Imo age et a prima dic, hospes, origine nobis Insidias, inquit, Danaum, casusque tuorum, 755 Erroresque tuos: nam te iam septima portat Omnibus errantem terris et fluctibus aestas. 743 Unde imber et ignes. Cioè donde provengano le piogge e i fulmini. Poca eleganza è in questi versi: Come or si fan le piogge, i venti, i folgori; Cantò l' Iade e l'Orse e il Carro e il Corno. 748. Trahebat. Prolungava, quanto più poteva, la veglia. 749. Longum bibebat amorem. Stupenda metafora; ma ler l'amore. nella nostra poesia sembra un po' affettato. 752, Quales Diomedis equi. I cavalli di Reso, i quali Diomede rapi. 1145 Offuscamenti; donde abbia principio Plauso addoppiano i Tirii, e dai Troiani Didone, le notturne ore traendo 1155 Con vario ragionar, di un lungo amore Di Priamo e molto d' Ettore; or con quali Le greche insidie, e i vostri casi e il lungo Errar; poichè ramingo omai ti porta 1165 Per tutti mari e terre il settim' anno. Nella traduzione del C. v'è il solo Diomede senza i cavalli: Or qual fosse Diomede . . . . . ... 753. A prima origine. Cioè dalla simulata partenza dei Greci dal campo di Troia. AENEIDOS LIBER SECUNDUS. 5 Conticuere omnes, intentique ora tenebant. 1. Conticuere. Dopo che la regina ebbe fatto ad Enea il grazioso invito di narrar le proprie vicende, tutti ad un tempo si taquero; omnes simul tacuerunt, come espone Servio. 2. Pater. Nome d'onore come a dire venerando. Ivi. Alta. Epiteto d' ornamento. 3. Infandum. Da non potersi esprimere con parole. Dante fece suo questo verso nel Conte Ugolino. Capitatami ora solamente (febbraio 1862) alle mani la traduzione dell' Eneide di Michele Leoni, trovo che spesso ci siamo ambedue incontrati nel rendere con fedeltà il testo, tanto da avere alcuna volta consimili versi. Ciò per chi immaginasse che DELL' ENEIDE LIBRO SECONDO. 5 Tacquero insieme tutti, e intento il viso Teneano, allor che il padre Enea dall' alta Ch' io medesimo vidi, e di che fui io abbia preso a prestito da lui. Ecco un esempio di questa fortuita somiglianza: Tu vuoi, regina, Che ineffabil dolore to rinnovelli! 4. Lamentabile. La cui rovina tutti debbono compiangere. 5. Danai. 1 Greci così detti dal re Danao che regnò in Argo. 6. Quis. Così il Petrarca (Canz. 6) parlando dei mali dell' Italia dice: Che Annibale non che attri farian pio. 10 45 20 25 Myrmidonum Dolopumve aut duri miles Ulixi Est in conspectu Tenedos, notissima fama 8. Et iam Il Tasso, Ger. C. 18. Che il cader delle stelle al sonno invita. 10. Sed si tantus amor. Vedine la imitazione di Dante nella Francesca. 12. Refugit. A forma di aoristo invece del presente. 22. Priami regna. Quanta mestizia, che penetra il cuore, in questo dolorissimo confronto! Il C. non nominando Priamo nè il suo regno ma dicendo soltanto Ilio toglie via in gran parte il patetico di un tal ricordo. |