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Venere fa d' Ascanio nelle membra
Scorrer com' onda, e mollemente tolto
1065 Lui nelle braccia, il reca sovra gli alti
Dell' Idalia boschetti, ove fragranze
Spargendo il molle amaraco fiorito
Lo cinge e copre del suo dolce rezzo.
E già Cupido alle materne brame
1070 Docile, con la scorta iva d' Acate
Lieto ai Tirii portando i regii doni.
Quand' egli entrò, locata in aureo seggio
Nel mezzo la regina era, e composta
Infra superbi arazzi; e già venuta
1075 Col padre Enea la gioventù troiana
Su gli strati di porpora si asside.
Linfe alle mani porgono i valletti,
E dai canestri Cerere si tragge
In su le mense, e son recati i lini
1080 Candidi e lisci appieno. Entro si stanno
Cinquanta ancelle in lungo ordine a porre
Cibi, e d'incensi offrir fumo ai penati.
Cento altre, e insiem cotanti della stessa
Età donzelli coprono di molte

1085 Dapi i taglieri e colman tazze in giro.
Alle festanti soglie erano accorsi

Tirii in numero grande, e şu dipinti

Letti ebbe ognun suo loco. Ammiran tutti

705. Ministri. Ora si direbbe camerieri. È un'affettazione il dir che fa il C. altrettanti tra scudieri e pincerni.

Mirantur dona Aeneae, mirantur Iulum,
710 Flagrantesque dei vultus simulataque verba,
Pallamque et pictum croceo velamen acantho.
Praecipue infelix, pesti devota futurae,
Expleri mentem nequit ardescitque tuendo
Phoenissa, et pariter puero donisque movetur.
715 Ille ubi complexu Aeneae colloque pependit
Et magnum falsi implevit genitoris amorem,
Reginam petit. Haec oculis, haec pectore toto
Haeret et interdum gremio fovet inscia Dido
Insideat quantus miserae deus. At memor ille
720 Matris acidaliae paulatim abolere Sychaeum
Incipit et vivo tentat praevertere amore

Iam pridem resides animos desuataque corda.
Postquam prima quies epulis mensaeqne remotae,
Crateras magnos statuunt et vina coronant.

710. Flagrantesque Dei vultus. Il fuoco del Dio che gli divampa dal volto. Così nella sua eccellente traduzione in prosa il Cav. prof. Crirtoforo Baggiolini, uomo di dotlrina soda e profonda, e dal cui lavoro io debbu confessare di aver non poche volte.tratto giovamento

712. Infelix Opportuno e commovente oltremodo per gli animi gentili è questo far presentire, in mezzo alle festose esultanze del banchetto, i prossimi guai della donna innamorata.

Ivi. Pesti. Danuo esiziale, rovina.

716. Falsi. Cioè che Cupido fingeva, in sembianza di Ascanio, di tenere per padre.

720. Acidaliae. Venere è così detta da una fonte di Orcòmene nella Beozia, la quale foute era consacrata alle Grazie; e madre di queste fu Venere.

721. Vivo. È detto quasi contrapponendo questo amore nuove a quello, ormai spento, pe morto suo marito.

I ricchi d' Enea doni, e il giovinetto 1090 Ascanio, e le sembianze in cui sfavilla Luce di deità; godon le finte

Udir parole, e il manto e il velo adorno
Di bei fregi guardar. Ma l' infelice
Didon più che altri, vittima di estremo
1095 Danno futuro, saziar la mente

Non vi può nè la vista; e rimirando
Vieppiù s' accende, e il giovinetto e i doni
La vincono del par. Come egli strinse
Enea con le sue braccia, e gli pendette
4100 Dal collo, e satisfece all' amor grande
Del non suo genitore, alla regina
Innanzi va. Gostei tutta con gli occhi
Gli si affigge e con l' animo; e sel tiene
Talvolta in grembo; inconsapevol Dido,
1105 Ahi lassa! qual sopra le sue ginocchia
Gran nume sieda. Ei memore frattanto
Dell' Acidalia madre, a poco a poco
Sicheo di mente a raderle incomincia,
E il cor, che da gran tempo è intiepidito
1110 E disavvezzo, fa con la sua possa
Che d'un presente amor meglio s' infiammi.
Quando ognun primamente si ristette

Dalle vivande, e fur le mense tolte,
Grandi tazze recarono i donzelli

1145 Ben di vino ricolme. Indi un festante

724. Et vina coronant. Cioè riempiono le tazze fino all' orlo. Il C. eon colse nel segno traducendo:

....e vino e fiori

Per lietamente incoronarsi e bere.

725 Fit strepitus tectis, vocemque per ampla volutant Atria; dependent lychni laquearibus aureis Incensi, et noctem flammis funalia vincunt. Hic regina gravem gemmis auroque poposcit Implevitque mero pateram quam Belus et omnes 730 A Belo soliti; tum facta silentia tectis:

Iupiter (hospitibus nam te dare iura loquuntur),
Hunc laetum Tyriisque diem Troiaque profectis
Esse velis, nostrosque huius meminisse minores!
Adsit laetitiae Bacchus dator et bona Iuno!
735 Et vos, o coetnm, Tyrii, celebrate faventes!
Dixit et in mensam laticum libavit honorem,
Primaque, libato, summo tenus attigit ore;
Tum Bitiae dedit increpitans; ille impiger hausit
Spumantem pateram et pleno se proluit auro;
740 Post alii proceres. Cithara crinitus Iopas

Personat aurata, docuït quem maximus Atlas.
Hic canit errantem lunam solisque labores,

725. Volutant. Bene esprime l'echeggiare delle strepitose voci d'allegria. per quegli atrii e sale.

730. Facta silentia. A chi potrebbe sembrar inutile la pittoresca circostanza dell' acchetarsi di tutti que' letizianti commensali, all'atto che la regina fa di voler parlare solennemente? Il C. la tolse via.

732. Quanto è più bello ed affettuoso il dire, invece di Troiani, i partiti da Troia, gli esuli dalla patria!

738. Increpitans. Eccitandolo a bere. L'intendervi di più, osserva molto bene i! Rota, disdirebbe al decoro di regina e all' epica magnificenza.

740. Qui proceres non è da tradursi, come il C. fece, eroi.

Ivi. Crinitus. Pare che i citaredi portassero, a imitazione di Apollo, lunga la capigliatura.

Strepitar nella reggia, e suon di voci
Pei lunghi atrï s' aggira. Accese lampe
Dall' aurea volta pendono, e doppieri
Con le lor fiamme vincono la notte.
1120 Qui porgere si fe' Dido una coppa

Grave di gemme e d'oro, che soleva
Usar Belo e ciascun della sua stirpe.
Di vin colmolla, ed alto indi un silenzio
D' ogn' intorno successe; ed ella: O Giove
1125 Che d'ospitalità vegli i diritti,
Come è credenza, questo giorno sia
Per tuo volere appien felice e bello
A' miei Tirii e di Troia agli csulanti,
E la memoria in ogni età ne resti.
1130 Di allegrezza dator Bacco ci assista
E la placata Giuno; e con amical

Voce, o Tirii, il mio voto assecondate.
Ciò detto, essa libò sopra la mensa •
Il sacrato liquore; e per la prima
1135 Lievemente n' attinse a fior di labbro;
Quindi a Bizia, incitandolo, porgea
La piena coppa; e questi da gagliardo
Vuotolla, e avidamente insino al fondo.
Di quell' oro s' immerse. A cotal guisa
1440 Gli altri ottimati fean. Su l'aurea cetra
Iopa dal lungo crine i carmi intona
Che aveva appresi dal vetusto Atlante.
Ei della luna le non rette vie

A cantar prende, e i sùbiti del sole.

642. Così Demodoco, VIII dell' Odissea, è introdotto a cantare alla mensa. d'Alcinoo.

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