Fassi in cospetto allor della regina, E da niun preveduto: Ecco, io qui sono, 915 Repente dice, quel troiano Enea Che ricercate, dalle libic' onde 920 Uscito salvo. O tu sola che avesti Di Dardano che or va per l'universo 930 Dien la degna mercè. Qual si beato 935 E a Seresto la manca, e poi saluta 940 Gli altri e il prode Cloanto e il forte Gia. Prima al veder l' eroe, quindi a si fero Caso stupi Didone, e aperse a queste Parole il labbro: Qual sorte t'insegue, 615 Quis te, nate dea, per tanta pericula casus Insequitur? quae vis immanibus applicat oris? Tune ille Acneas quem dardanio Anchisae Alma Venus phrygii genuit Simoëntis ad undam?” Atque equidem Teucrum memini Sidona venire 620 Finibus expulsum patriis, nova regna petentem Auxilio Beli; genitor tum Belus opimam Vastabat Cyprum et victor ditione tenebat. Tempore iam ex illo casus mihi cognitus urbis Troianae nomenque tuum regesque pelasgi. 625 Ipse hostis Teucros insigni laude ferebat, Seque ortum antiqua Teocrorum ab stirpe volebat. Quare agite, o tectis, iuvenes, succedite nostris. Me quoque per multos similis fortuna labores lactatam hac demum voluit consistere terra: 630 Non ignara mali miseris succurrere disco. Sic memorat, simul Aenean in regia ducit Tecta, simul divum templis indicit honorem. Nec minus interea sociis ad litora mittit 616. Immanibus. Intende i lidi abitati non da' suoi Tirii, ma dai prossimi popoli di Libia feroci e spietati. 620. Expulsum. Teucro figlio di Telamone, re di Salamina, tornato dall' assedio di Troia senz' avere vendicato suo fratello Aiace che di propria mano si uccise per essere posposto ad Ulisse nel pretendere l'armi del morto Achille, non fu ricevuto dal padre, e dovette andarsene esule e ramingo. 626. Teucro ebbe per madre Esione figlia di Laomedonte e sorelia di Priamo. Ercole, quando vinse e prese Troia, menò Esione seco. 630. Non ignara. Verso divino per la bella verità morale che vi s' inchiude. 11 C. lo alterò e indeboli con vane aggiunte: O figliuol della Dea, per tanti rischi? 945 E ad approdar su di selvaggia terra Quale forza ti spinse? In te dunque io Quell' Enea veggo che al Dardanio Anchise Generò l'àlma Venere appo l'onda Del frigio Simoenta? E ben ricordo. 950 Che arrivò, dalla sua patria cacciato, Teucro Sidone, ricercando un nuovo Regno, di Belo con l' aita. Intento Era Belo a raccor le opime prede Di Cipro, e la tenea da vincitore 955 Al suo poter suggetta; io la caduta Dell' iliaca città fin da quel tempo Conobbi, ed il tuo nome e i re pelasgi. Benchè nemico, egli con lodi al cielo Troiani levava, e dalla antica 960 Gente di Troia esser voleva uscito Il suo legnaggio. Or via, nei nostri tetti, Giovani, entrate. Una simil fortuna Volle ch' io pur da molti casi spinta Venissi finalmente ad aver posa 965 In queste terre. Amara esperienza M' insegna il dar soccorso agl' infelici. Disse, e nel regal tetto Enea conduce; E insiem comanda festeggiar ne' templi Ad onor degl' Iddii. Poscia non meno 970 Ha cura d' inviar tosto alla spiaggia Viginti tauros, magnorum horrentia centum 635 Terga suum, pingues centum cum matribus agnos, Munera laetitiamque dei. At domus interior regali splendida luxu 640 Ingens argentum mensis, caelataque in auro Ferre iubet, pallam signis auroque rigentem, 634. Horrentia. Terga irte di dure setole Il C. disadornamente rese: Cento gran porci. Questo è un mutare in piombo l'oro della poesia. 640. Caelataque. Notisi il costume di istoriare nel vasellame le imprese degli avi che tiene dell' orgoglio di famiglia; uno de' caratteri dell' età eroica. ROTA. 650. Argivae. Nacque Elena in Sparta, ma il poeta la chiama Argiva, perche suo marito Menelao regnò in Argo. 653. Ilione. Questa figlia di Priamo fu sposata da Polinestore re di Tracia, del quale nel lib. 3, v. 52. Pe' compagni di lui venti gran tauri, Con le lor madri. è i doni onde letizia 965 Lunga serie di. cose che si stende 990 Ogni sollecitudine sta fissa. Inoltre gli comanda che riporti, Doni sottratti alla ruina e al foco Di Troia, un manto di bei fregi d'oro Tutto trapunte, e un velo a cui d' intorno 995 Contesto un croceo acanto era, ornamento D' Elena Argiva, cui seco portato Ella avea da Micene allor che in fuga Veniva al suol di Pergamo ed ai novi Non concessi imenei; mirabil dono 1000 Di Leda genitrice. E quello scettro V' aggiunga che adornar soleva un giorno |