770 A danza il piede, allor che quinci e quindi Tutte l'altre soverchia; onde a Latona 785 Enea fra una gran turba Anteo, Sergesto, Ivan mercè pregando, e i passi al tempio 800 Volgevano con grida alte e dogliose. 525 520 Postquam introgressi et coram data copia fandi, 535 Quum subito assurgens fluctu nimbosus Orion In vada caeca tulit, penitusque procacibus austris 520. Data copia fundi. Frase elegante a cui certo non corrisponde questa: Udienza fu lor concessa. Ivi Maximus. È da varii interpretato per il più vecchio; da altri vi è sottinteso orator onde significherebbe il più bel parlatore, il più eloquente di tutti. 525. Bisogna supporre che questi troiani gittati dalla tempesta su quei lidi fossero trattati come feroci avventurieri e predoni. 526. Pio. Lo stesso che giusto od innocuo. Invece di questo solo epiteto eccone ridondanza: abbi di noi Pietà, che pii, che giusti, che innocenti Poichè introdotti furo, e alla presenza A dir con reverente animo prese: Sbalzati già dai venti in tutti i mari; 815 Trar via le tolte prede. Esser nei vinti Del duce lor. Tendeva il corso nostro 825 Ci spinse in guadi ciechi, e con la rabbia Del mar che soverchiava, e tra le secche 533. Ducis. Italo re di Sicilia, il quale passò in Italia, secondo le antiche tradizioni, e la conquisto. 535. Nimbosus Orion. Le tempest: che al sorgere di questa costellazione turbano il mare. Dispulit: huc pauci vestris adnavimus oris. Quod genus hoc hominum? quaeve hunc tam barbara 540 Permittit patria? Hospitio prohibemur arenae; (morem Bella cient primaque vetant consistere terra! Si genus humanum et mortalia temnitis arma, At sperate deos memores fandi atque nefandi. Rex erat Aeneas nobis, quo iustior alter Nec pietate fuit nec bello maior et armis: Quem si fata virum servant, si vescitur aura Aetheria neque adhuc crudelibus occubat umbris, Non metus officio ne te certasse priorem Poeniteat. Sunt et siculis regionibus urbes, 445 550 Arvaque, troianoque a sanguine clarus Acestes. Quassatam ventis liceat subducere classem Et silvis aptare trabes et stringere remos: Tendere, ut Italiam laeti Latiumque petamus; 542. Qui spicca mirabilmente come sia necessaria agli uomini, per molte ragioni, la credenza nella Divinità che premia e punisce. 513. At spcrate. Alla greca lo sperare è di doppia significazione, e in questo luogo val temere, come nel IV: Si tantum potui sperare dolorem. 544. Quo justior. Non molto armonicamente il C.: di cui più giusto, Più pio, più prò nell' armi 547. Questo esprimere in tre modi un solo pensiero, questo insistere nella speranza che Enea viva ancora è commovente per affetto. 549. Sunt. L'accorto discorso finisce con accerbissima preoccupazione, sviando dalla mente della regina il sospetto che essi intendano stanziare in Africa. ROTA Violento caccionne. Ai vostri lidi Anzi ne si fa guerra, e su la riva Re nostro Enea, di cui non visse al mondo 840 Ci conservan quel prode, e se ancor l'aure Egli spira quassù, nè degli estinti Giace fra l'ombre, non temiam; d'averlo Tu non ti pentirai. Città noi pure I compagni e il re nostro, incamminarci, E nel Lazio porrem: ma se ci è tolta 552. Stringere remos. Rifornire il sufficiente numero di remi. |