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Ei riconobbe, e la segui, mentr' ella
Fuggiva, co tai detti: A che tu ancora
Crudele il figlio tante volte inganni

Con mentite apparenze? E perchè dato, 630 Madre, non m'è d' aggiunger destra a destra, E vere udir parole e ricambiarle?

In tal guisa ei si duole, e volge i passi
Alla città. Ma Venere in cammino

Li accerchia d' aere oscuro, e fitta intorno
635 Nebbia diffonde come un ampio velo,
Perchè vederli, o impedimenti e indugi
Metter niun possa, o chieder le cagioni
Della venuta loro. In alto poi

Verso Pafo levossi, e le sue sedi
640 Lieta rivide, ove le sorge un tempic,
E cento are le odorano di fresche
Ghirlande e del fumar d'arabi incensi.

Essi intanto il cammin seguono dove Esegnato il sentier. Già in cima al colle 645 Ascendeano che altissimo sovrasta

Alla cittade, e che le opposte rocche
In giù prospetta. Ammira Enea la mole,
Tuguri un di; le porte ammira e il moto
E le diritte strade. Alacremente

650 Gareggian d' opra i Tirii; e chi le mura
Alza, chi intende a disegnar la rocca,
E grandi a rotolar colle man' sassi.
Altri scelgono il sito acconcio ai tetti,
E lo inchiudon di fossa. E delle leggi

430

Iura magistratusque legunt sanctumque senatum; Hic portus alii effodiunt; hic alta theatris Fundamenta locant alii, immanesque columnas Rupibus excidunt, scenis decora alta futuris: Qualis apes aestate nova per florea rura Exercet sub sole labor, quum gentis adultos Educunt foetus, aut quum liquentia mella Stipant et dulci distendunt nectare cellas, Aut onera accipiunt venientum, aut agmine facto 435 Ignarum fucos pecus a praesepibus arcent; Fervet opus, redolentque thymo fragrantia mella. O fortunati quorum iam moenia surgunt! Aeneas ait, et fastigia suspicit urbis. Infert se septus nebula (mirabile dictu) Per medios, miscetque viris, neque cernitur ulli. Lucus in urbe fuit media, laetissimus umbra, Quo primum, iactati undis et turbine, Poeni Effodere loco signum quod regia Iuno

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Monstrarat, caput acris equi: sic nam fore bello

426. Jura. Il De la Cerda intende loca dando iuri, ecc. → singolare la monotonia di questo passo nella traduzione del C. In dieci versi ne abbiamo otto terminanti con questi verbi intendono, volgono, insolcano, cavano, fondano, tagliano, ergono, adeguano. Altra bizzarria è l'aggiungere che le colonne tagliate dal sasso vivo adeguano le rupi e i monti a cUI SƠN FIGLI.

427. Il Codice Mediceo ha theatri, ma i più leggono theatris. Cosi Georg. IV, 161 Prima favis ponunt fundamina.

437. 11 Botta in una sua lettera nota la bellezza di sentimento in questo verso, perocchè da sette anni Enea tentava indarno comporsi una patria.

655 Il sacro albergo costruito, e l'aula
D' incorrotto Senato. Altri qua porti
A scavar sono intenti, e de' teatri
Là fondan gli edifizi, e smisurate
Taglian colonne dalle rupi, a fregio
660 Delle scene future. In cotal modo
Vanno l'api per floride campagne
Al sol di primavera affaticando,
Mentre di lor genia conducon fuori
Gli adulti figli, o quando accolta e massa
665 Fan di liquido miel, lor celle empiendo
Del dolcissimo nettare, od il peso

Tolgon delle vegnenti, o a schiera unite
Dai lor ricovri cacciano la pigra

Dei fuchi mandra: ferve l' opra, e odora 670 Di timo il serbo del fragrante miele.. Oh fortunati di cui già le nuove

Mura adergonsi! Enea dice, guardando
Della città le torri; in nebbia avvolto,
Mirabil cosa a dir! fra quelli passa,

673 E lor si mesce, e da nessuno è visto.
In mezzo alla città dolci spandea

680

Ombre un boschetto sacro, ove dall' onde
E dal turbin gittati a prima giunta
Di terra un segno estrassero i Fenici,
Come additato avea la regal Giuno,
D'un fier cavallo il teschio; onde saria
Gente nell' armi egregia in suol ferace

445 Egregiam et facilem victu per saecula gentem.
Hic templum Iunoni ingens sidonia Dido
Condebat donis opulentum et numine divae,
Aerea cui gradibus surgebant limina nexaeque
Aere trabes; foribus cardo stridebat ahenis.
450 Hoc primum in luco nova res oblata timorem
Leniit, hic primum Aeneas sperare salutem
Ausus et afflictis melius confidere rebus:

Namque sub ingenti lustrat dum singula templo, Reginam opperiens, dum, quae fortuna sit urbi, 455 Artificumque manus inter se operumque laborem Miratur, videt iliacas ex ordine pugnas

460

Bellaque iam fama totum vulgata per orbem, Atridas, Priamumque et saevum ambobus Achillem. Constitit et lacrimans: Quis iam locus, inquit, Achate, Quae regio in terris nostri non plena laboris? En Priamus! Sunt hic etiam sua praemia laudi; Sunt lacrimae rerum, et mentem mortalia tangunt. 445. Facilem victu. Cioè, come interpreta l' Heyne, con altri molti, che avrebbe avuto facili i mezzi di sostentarsi per l' ubertà e coltura de' campi. Il Fabrini dice: o intendesi acquirendo victu, oppure victu è dativo secondo l'antico uso. Non sono certo imitabili questa sorta di bisticci: quella gente e quella terra saria per molte età FERACE e FERA.

447. Servio interpreta il numen divae pel simulacro della Dea o in oro o in altra materia di gran pregio.

448. É mera aggiunta questa:

Mura di marmo avea, fregi e colonne

Di mischi

459. Avverti, dice il Rota, che agli schietti eroi dell'antichità non era infrequente il piangere, l'arlare, lo svellersi i capelli, e tali altri segni di passione. Più decorcsa è la civiltà, ed un eroe d'Al

Per volgere di secoli. Qui un vasto Tempio a Giunone la Sidonia Dido 685 Fondava, prezioso per le offerte

E il simulacro della Dea; le soglie
Che a più gradi sorgeano, e delle travi
I nessi eran di bronzo; e su stridenti
Cardini si giravano le imposte

690 Di bronzo intègre. Primamente in questo
Bosco si offeri tale al guardo cosa
Che timor gli scemò; qui per la prima
Volta a sperar salvezza Enea fu tratto,
E ad aver nelle sue prostrate sorti
695 Miglior fidanza. Chè, mentr' egli tutte
Del gran tempio considera le parti,
Quivi aspettando la regina, e mentre
Maraviglia in suo cor l'alta fortuna
Che a Cartago si serba, ed il valore
700 Degli artefici, e l' opre e la fatica,
Pinte per ordin vede le troiane

Pugne e la guerra che pel mondo intero
Già risonava. Priamo riconosce

E Agamennone, e ad ambi infesto Achille. 705 Fermossi, e lagrimando: 0 Acate, disse, Qual avvi loco, qual paese in terra

Che non sia pieno omai de' nostri affanni?
Ve' Priamo. La virtù sua ricompensa

fieri, accennatogli che sembrasse aver pianto, risponde sdegnoso: Io piansi? in sul mio ciglio Lagrima no non siede.

461. Laudi. Invece di virtuti.

462 Viene a dire: anche qui vi son lagrime pei tristi casi umani; e le sventure che sogliono colpire i mortali destano anche qui negli animi la compassione.

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