A tergo, et longum per valles pascitur agmen. Ductoresque ipsos primum, capita alta ferentes 200 198 Ante malorum. Qui l'ante o si consideri come pleonasmo. o come equivalente di passati. 200 Penitusque sonantes scopulos. Gli scogli di Scilla che dai flutti continuamente battuti muggivano dalle interne cavità. 11 C. non la intese col tradurre: gli scogli di tutti i mari. Lo stesso dicasi dell' experti; il cui sensu è l'essere i Troiani scesi appena alla costa dei Ciclopi e tosto rimbarcatisi. Vedi verso la fine del libro III. A cui da tergo vien la greggia tutta Pascendo per le valli in lunga schiera. Enea ristette, e all' arco e alle veloci Quadrella che portar soleagli il fido 280 Acate dà di piglio; e prima abbatte Gli stessi condottieri, a cui su l'alta Testa sorgeano le ramose corna; Quindi assale i minori, e saettando Scompiglia tutto nei frondosi boschi 285 Il grande armento. Nè si resta pria Che vincitor sette gran corpi a terra Vegga essere caduti, e ne ragguagli Alle sue navi il numero. Poi torna Al porto, e ne divide a' suoi compagni 290 Parimente la preda; e il vin de' colmi Vasi che dato aveva il buon Aceste Pei Troiani già pronti alla partita Dalle trinacrie terre, a ognun dispensa, E conforta co' detti i mesti cuori: O compagni, nè già delle sofferte Pene immemori siamo, o voi che mali Patiste anco maggiori, a questi un Dio Darà pur fine. Voi v' approssimaste Alla rabbia di Scilla ed al profondo 300 Risonar de' suoi scogli, e le caverne De' Ciclopi assaggiaste. Or si rinfranchi L'animo vostro, e di mestizia e tema Uscite omai. Forse anche un giorno questi Travagli rammentar dolce vi fia. 295 305 Per varii casi e tanta di perigli Vicenda in Lazio andiamo ove i destini Ostendunt: illic fas regna resurgere Troiae. Durate et vosmet rebus servate secundis. Talia voce refert, curisque ingentibus aeger Spem vultu simulat, premit altum corde dolorem. 210 Illi se praedae accingunt dapibusque futuris: Tergora diripiunt costis et viscera nulant; Pars in frusta secant veribusque trementia figunt, Litore aëna locant alii flammasque ministrant; Tum victu revocant vires fusique per herbam 215 Implentur veteris Bacchi pinguisque ferinae. Postquam exemta fames epulis mensaeque remotae, Amissos longo socios sermone requirunt, Spemque metumque inter dubii, seu vivere credant, Sive extrema pati nec iam exaudire vocatos. 220 Praecipue pius Aeneas nunc acris Oronti, Nunc Amyci casum gemit et crudelia secum Fata Lyci fortemque Gyan fortemque Cloanthum. Et iam finis erat, quum Iupiter, aethere summo Despiciens mare velivolum terrasque iacentes 207. Niuno dirà che non sia suervato e diluito il bel verso Durate etc. nella traduzione: 217. Longo sermone requirunt. Quanto affetto e quanto dolce malinconia in queste espressioni! 219. Nec iam exaudire. Cioè se sieno morti, ma non abbiano per anco sepoltura alla quale possano essere chiamati, come era usanza di fare rispetto alle auime degl' insepolti. Vedi libro 111, 67. 224. Despiciens . . . . L'enumerazione ad uno ad uno dei quattro oggetti côiti con una occhiata da Giove aggrandisce di molto l'idea del Nume. Fece ritratto da Virgilio il Tasso dipingendo Ci mostran sedi riposate, ed ove Cosi perplesso ei dice, e di crudeli Col vino annoso e colla pingue caccia. 1 325 De' perduti compagni, dubitando Del prode Oronte geme ed or su quello nel canto I della Gerusalemme Iddio che volge lo sguardo dal cielo. ROTA. Quel sic non è ozioso, ma accresce evidenza; sic, ut erat, prospiciens. 225 Litoraque et latos populos, sic vertice coeli Constitit et Libyae defixit lumina regnis. Atque illum, tales iactantem pectore curas, Tristior et lacrimis oculos suffusa ninentes Alloquitur Venus: O qui res hominumque deúmque 230 Aeternis regis imperiis et fulmine terres, Quid meus Aeneas in te committere tantum, 240 Nunc eadem fertuna viros tot casibus actos 233. Ob İtaliam. Perchè ricercano l'Italia, si divieta loro ogni lido. Il C. frantese o alterò: Dal mondo son, non che d'Italia, esclusi. 234. Volventibus. Questo participio attivo ha qui la significazione passiva. Così nel 11 Georg. volventia plaustra. 239. Fatis. Dante egli pure: Contrappesando l'un col altro falo. |