Giuno scelte offeriam vittime e doni. Nè s' indugiò: tosto che i voti furo 855 Compiti, noi delle velate antenne Le punte raddrizziamo, il greco suolo Quindi il sen dell' Erculea (se verace Poi lontano dal mar si scerne il monte 865 Orecchie ed il rimbombo de' macigni A sinistra. Noi siam da un' onda immensa 880 Piegata in arco al ciel sospinti, e tosto Dal flutto che sprofondasi giù tratti A precipizio andiam. Tre volte cupo Ter scopuli clamorem inter cava saxa dedere, 570 Portus ab accessu ventorum immotus et ingens Ipse, sed horrificis iuxta tonat Aetna ruinis, Interdumque atram prorumpit ad aethera nubem, Turbine fumantem piceo et candente favilla, Attollitque globos flammarum et sidera lambit; 575 Interdum scopulos avulsaque viscera montis Erigit eructans, liquefactaque saxa sub auras Cum gemitu glomerut fundoque exaestuat imo. Fama est, Enceladi semiustum fulmine corpus Urgeri mole hac, ingentemque insuper Aetnam 580 Impositam ruptis flammam exspirare caminis, Et fessum quoties mutat latus, intremere omnem 367. Rorantia vidimus ástra. Dire iperbolico, nota l'Heyne, che nelle lingue moderne convien temperare. Così non fece il C., che ha : E tre volte rivolti inver le stelle, D' umidi sprazzi, e di salata schiuma Il ciel vedemmo rugiadoso e molle. 368. Interca fessos. Quante immagini in un verso! dice 1' Arcangeli. Il vento insieme ed il sole abbandonavano noi stanchi; cioè il sole tramontava, il vento posava, i naviganti affaticati volevano riposo. 569. Cyclopum. Furono questi, secondo il Cluverio, i primi abitatori della Sicilia, uomini di gigantesche forme, fieri e indipendenti, di cui gli antichi in tanti modi favoleggiarono. Un rimbombar dai cavernosi sassi Gli scogli diero, e tre volte la spuma885 Lanciarsi alto vedemmo, e il ciel grondarne. Stanchi fummo dal vento abbandonati Cadendo il sole; ignari della via Presso giungiamo de' Ciclopi al lido. 890 Securo ed ampio; mà colà vicino Gitta e brani del monte, e con orrendo E dalle fondamenta ime si scuote. 900 Fama è che questa mole il corpo opprima Del fulminato Encelado, non anco 905 Spento per le ferite, e che l'immenso 576. Liquefacta saxa. Lava, materie vitree e metalliche fuse, o pietre calcinate. 578. Enceladi. Pindaro dice esservi sepolto Tifeo; Callimaco vi mette Briareo. L' Ariosto, Fur. c. 12: Laddove calca la montagna etnea Al fulminato Encelado le spalle. Murmure Trinacriam et coelum subtexeré fumo. Noctem illam tecti silvis immania monstra Perferimus, nec quae sonitum det causa videmus: 585 Nam neque erant astrorum ignes, nec lucidus aethra Siderea polus, obscuro sed nubila coelo, Et lunam in nimbo nox intempesta tenebat. Postera iamque dies primo surgebat Eao, Humentemque aurora polo dimoverat umbram, 590 Quum subito e silvis, macie confecta suprema, Ignoti nova forma viri miserandaque cultu Procedit supplexque manus ad littora tendit. Respicimus. Dira illuvies immissaque barba, Consertum tegmen spinis, at cetera Graius 595 Et quondam patriis ad Troiam missus in armis. Isque, ubi dardanios habitus et troia vidit Armu procul, paullum adspectu conterritus haesit Continuitque gradum; mox sese ad littora praeceps Cum fletu precibusque tulit: Per sidera testor, 583. Moustra. Fenomeni mostruosi, orrendi. 591. Nova forma viri. La frase significa ad evidenza una strana figura d' uomo contraffatto e oltremodo macilente, vestito di cenci. L' Arici non conservò la frase istessa tanto pittorica, e disse Ignoto un uom. Il C, la mutò stranamente così: una figura più di MUMMIA che d'uomo. `st 594. Cetera Graius. Dal tutto insieme del suo vestire, interpreta l'Heyne, si conosceva che era Greco. E Servio fa notare che ciascuna gente o nazione ha un particolar modo di portamento e di voce. 1 Tutta Trinacria con tremor rimbomba Dell' etere gli spazi erano, e fosca Notte in un nembo ravvolgea la luna. 915 Già l'altro sole uscia dall' Oriente, E dileguata l'umid' ombra aveva Dal ciel l'aurora, quando d'improvviso Fuor delle selve una strana sembianza D'uomo non conosciuto, orribilmente 920 Scarno e per vesti miserando, e in atto Di supplicar tende le mani al lido. Noi lo affisiamo; avea squallido e sozzo Aspetto, lunga barba e un cotal manto A spini ricucito; in tutto il resto 925 Ne parve Greco e di color' che a Troia Fur già mandati colle patrie schiere. Tosto che i frigi arnesi e le troiane Armi veduto ebbe da lungi, stette A quella vista in forse e conturbato," 930 Ne osava oltre venir; poscia ripreso Animo corse ai lidi, e preghi e pianti Spargeva: Deh per gli astri io vi scongiuro, 595. Et quondam. Ciò è detto anticipatamente, perchè Enea lo intese poscia dalla confessione di Achemenide istesso. |