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Egli stesso per man conduce a' tuoi,
O Febo, limitari, ed alfin questi
Responsi dà con la divina voce:

Figlio di Dea (però che manifesto
Appar che sotto i più solenni auspicii
Vai navigando; tali il re de' Numi
Le sorti ha decretate, e tal si volge
L'ordine degli eventi e si matura)
590 Io pochi t' aprirò de' molti avvisi
Acciò che con fidente animo solchi
Le ospitali marine, e in porto ausonio
Ti possa indi fermar. Chè il saper oltre
Ad Eleno sconsentono le Parche,

595 E dir gli vieta la Saturnia Giuno.
Ben l'Italia che già prossima credi
E ove porto a pigliar, come vicina
Fosse, ignaro t' appresti, un cammin lungo
Ed intricato per lontane terre

600 Da te divide. Stancar devi i tuoi
Remi nell' onda di Sicilia, e tutta
Correr l'ampiezza dell' ausonio mare,
E l'isola appressar dell' Eea Circe,
E visitar gl' inferni laghi, pria
605 Che una città sopra secura terra
Fondar da te si possa. Io chiari segni
Or ti darò; tu nella mente inchiusi
Fido li serba. Allor che in gran pensieri
Assorto, al margo di men noto fiume

389. Secreti. Remoto dalla frequenza degli uomini, ignorato, dai più.

390 Litoreis ingens inventa sub ilicibus sus, Triginta capitum fetus enixa, iacebit,

Alba, solo recubans, albi circum ubera nati; Is locus urbis erit, requies ea certa laborum. Nec tu mensarum morsus horresce futuros: 395 Fata viam invenient, aderitque vocatus Apollo. Has autem terras italique hanc litoris oram, Proxima quae nostri perfunditur aequoris aestu, Effuge: cuncta malis habitantur moenia Graiis. Hic et narycii posuerunt moenia Locri, 400 Et sallentinos obsedit milite campos

Lyctius Idomeneus; hic illa ducis Meliboei Parva Philoctetae subnixa Petilia muro. Quin, ubi transmissae steterint trans aequora classes, Et positis aris iam vota in litore solves, 405 Purpureo velare comas adopertus amictu, Ne qua inter sanctos ignes in honore deorum Hostilis facies occurrat et omina turbet.

391. Triginta. Segno prodigioso, dice Servio, che Ascanio doveva regnare trent'anni.

396. Has. Queste terre bagnate pure dall' lonio sono la Calabria, la Puglia, la Lucania, ecc., che una volta costituivano la Magna Grecia. Vi abitavano i Locresi detti Naricii da una loro città, nemici ai Troiani.

401. Lyctius. Idomeneo è qui detto Lizio da un castello di Creta.

402. Parva. Filottete re di Melibea città della Tessaglia, dopo le sue note sventure, venne anch'egli in Italia, ed eresse la città di Petilia negli Abruzzi sopra Crotone.

610 Scrofa enorme vedrai sotto d'un elce
Dappresso ai lidi, di ben trenta parti
Disgravata giacersi, e bianca al suolo
Corca ella avrà tutti i suoi bianchi figli
Alle poppe dintorno; il loco fia

615 Della cittade quello, e il fine certo
De' tuoi travagli. Nè ti dia ribrezzo
Quel futuro addentar le mense vostre.
Troveran modo per uscirne i fati,
E pronta aita recheravvi Apollo
620 Quando invocato sia. Ma tu codeste
Terre, e le non lontane itale spiagge,
Che bagna il nostro mar co' flutti suoi,
Attento schiva; son tutte abitate

Quelle città dai Greci rii. Lor mura
625 I Locresi naricii hanno qui poste,
E il lizio Idomeneo di schiere copre
I salentini campi; e qui dal duce
Melibeo Filottete il muro alzossi
Dell' angusta Petilia. Allor che poi
630 Travalicato il mar col tuo navile

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Fia che tu scenda a terra, e sopra il lido
Eretti altari il voto alfin si sciolga,
Ti ammanta il capo di purpureo velo,
Acciò che, mentre tu fra i santi fochi
635 Rendi onori agli Dei, nimico aspetto

Non ti s' affacci a conturbar gli augurii.

405. Purpureo. Costume osservato dai Romani nei sacrifizi.

Hunc socii morem sacrorum, hunc ipse teneto; Hac casti maneant in religione nepotes. 410 Ast ubi digressum siculae te admoverit orae Ventus, et angusti rarescent claustra Pelori; Laeva tibi tellus et longo laeva petantur

Aequora circuitu, dextrum fuge litus et undas. Haec loca vi quondam et vasta convulsa ruina 415 (Tantum aevi longinqua valet mutare vetustas) Dissiluisse ferunt: quum protenus utraque tellus Una foret; venit medio vi pontus, et undis Hesperium siculo latus abscidit, arvaque et urbes Litore diductas angusto interluit aestu.

420 Dextrum Scylla latus, laevum implacata Charybdis Obsidet, atque imo barathri ter gurgite vastos

Sorbet in abruptum fluctus, rursusque sub auras

409. Casti. Ha qui il senso di fidi e tenaci nella reverenza agli Dei.

411. Rarescent. Quando vedrai restringersi il mare verso Peloro.

414. Haec loca. I moderni Geologi hanno colle loro studiose indagini confermato la tradizione antica dello smembramento della Sicilia dal continente italiano. Dante nel Purgatorio, c. 14, disse dell' Apennino: L'alpestre monte ond' è tronco Peloro.

Il Tasso descrivendo lo stretto di Gibilterra, Ger. c. 15:
Son già laddove il mar fra terre inonda
Per via ch' esser d' Alcide opra si finse,
E forse è ver che una continua sponda
Fosse che alta ruina in due distinse.
Passovvi a forza l'Oceàno, e l'onda

Questo rito da' tuoi ne' sacrifici

Si serbi, a questo sii tenace, in questa
Sacra usanza si stien fermi i nepoti.

640 Ma quando in tuo cammin sarai da' venti Spinto ai lidi sicani, e di Peloro

Più strette divenir vedrai le foci,

Ti volgi a manca verso terra, e prendi
Con lungo giro da sinistra il mare
645 A correr tutto; la riviera e l'onda
Fuggi di destra. Questi lochi è' fama
Che un tempo da gran forza e da ruina
Largamente sconvolti e dipartiti
Rimanessero tanto un lontan corso
650 Di secoli può far tramutamenti !),
E in mezzo alle due terre che dapprima
Eran sol una, impeto fece il mare,
E il siculo smembrò dal fianco esperio
Con la furia dell' onde; e bagna i campi
655 E le città de' contrapposti lidi

In breve spazio ribollendo il flutto.
Scilla dal destro lato, e dal sinistro
Minaccia l'implacabile Cariddi;

Questa tre volte, inabissando, i yasti 660 Flutti ingoia del baratro negl' imi Gorghi, e di nuovo li rispinge in aria

Abila quinci e quindi Calpe spinse;
Spagna e Libia porti con foce angusta:
Tanto mutar può lunga età vetusta!
421. Obsidet. Sta insidiande chi passa.

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