Non so qual Dio malevolo confuse 1125 Allora me che trepidava incerto, E il senno mi rapi. Chè mentre io vado É dubbio; ma in appresso agli occhi miei Degli uomini e de' numi? o qual più fero Iulo ai compagni, e il padre Anchise e i Teucri 1145 In cupa valle. Io stesso, rivestite Le lucid' armi, alla città men' riedo, 755 Horror ubique animos, simul ipsa silentia terrent. Ausus quin etiam voces iactare per umbram, 770 Nequicquam ingeminans, iterumque iterumque vo(cavi. Quaerenti, et tectis urbis sine fine furenti, Infelix simulacrum atque ipsius umbra Creusae Visa mihi ante oculos, et nota maior imago. 760. Priami sedes Immaginando che forse la pietà figliale avesse spinta Creusa a riveder la casa paterna. 761. Asylo. La più probabile interpretazione è questa: Dicevasi asilo il luogo, in cui rifugiandosi nessuno poteva essere preso e spogliato. 762. Phoenix. Figlio di Amintore, più volte ricordato nell' Iliade come custode e maestro d' Achille. 763. Troia gaza. Non so se alcuno possa trovar bello nel C.: le troiane spoglie Fin delle SACRESTIE menti e i drappi. e i para 1155 L'animo stringe, ed il silenzio istesso Presa e ingombra l' avean. Già sale il foco 1160 Distruggitore, e sovra gli ardui tetti Dal vento si sospingono le fiamme, E per l'aere gran vampa infuria e cresce. Le mense, e di gran vasi il solid' oro E pavide matrone. Ardii pur anco Mentre la cerco, e senza fine in tutte 773. Nota maior. Più grande di statura che non fosse viva, perchè era divenuta una dea. Obstupui, steteruntque comae, et vox faucibus haesit. 775 Tum sic adfari, et curas his demere dictis: Quid tantum insano iuvat indulgere dolori, O dulcis coniux? non haec sine numine Divům Eveniunt, nec te hinc comitem asportare Creusam Fas; haud ille sinit superi regnator Olympi. 780 Longa tibi exilia, et vastum maris aequor arandum. Ad terram Hesperiam venies, ubi Lydius arva Inter opima virúm leni fluit agmina Thybris: Illic res laetae, regnumque, et regia coniux Parta tibi: lacrimas dilectae pelle Creusae. 785 Non ego Myrmidonum sedes, Dolopumve superbas Aspiciam, aut Graiis servitum matribus ibo, Dardanis, et Divae Veneris nurus: Sed me magna Deum genitrix his detinet oris. Iamque vale, et nati serva communis amorém. 790 Haec ubi dicta dedit, lacrimantem, et multa volentem Dicere deseruit, tenuesque recessit in auras. 774. Obstupui. Verso pittoresco; ma il drizzarsi dei capelli e il rimaner fissa e impedita la voce tra le faući spariscono nella traduzione del C.: stupii, m' aggricciai, m' ammutii. 781. Lydius. Perchè il Tevere ha le fonti nel paese degli Etruschi, che si crede avessero tratta origine dalla Lidia. 784. Lacrimas. II C.: or della tua diletta Creusa, SIGNOR MIO, più non ti doglia. 787. Dardanis. Cioè della stessa stirpe di Dardano. 788. Magna Deûm genitrix. Cibele che l'assunse tra il coro delle sue ninfe. Questa Dea protettrice de' Troiani rompe così i nodi maritali d' Enea in favore dell' imeneo futuro dal quale dipende il regno dello stesso in Italia. Rizzaronsi i capegli, e tra le fauci Restò la voce affissa. Allor con queste 1185 Parole essa gli affanni a lenir prende: Perchè a si fero duol vincer ti lasci, Dolce consorte? Non senza il volere 1190 Chè nol consente il Re del sommo Olimpo. Ha il lidio Tebro, e irriga le feconde Che di greche matrone io vada ancella, Aure si dileguò, me abbandonando Che mi scioglieva in lagrime, e che molto Creusa inspirata da Cibele gli predice i suoi grandi destini, e finisce col raccomandargli il figliuolo. Per questo solo sono tutti gli affetti. Enea destinato ad altre regie nozze più non le appartiene. DELIille. |