Troppo già la ruina, e un' altra volta 985 Pur sopravvissi alla città cadente. Così, deh così voi l'ultimo vale Dite sul corpo mio come a sepolto, E partite di quả. Troverò morte Per altrui man; fia che il nemico senta 990 Di me pietade, e agognerà la preda 995 Delle mie spoglie. Non è danno grave E fermo si serbava. Di rincontro 1005 Di nuovo all' armi spinto, io disperato Dunque credesti, o padre, che trar quinci 1010 Offesa uscì dalla paterna bocca? Se si vuol dagli Dei che di si grande 660 Et sedet hoc animo, perituraeque addere Troiae 664. Hoc erat. Affettuosa e naturale osservazione fatta alla madre che gli aveva promesso aiuto ed assistenza; ed egli ciò desiderava più per la sua famiglia che per se. 668. Arma. Quelle che, nell' entrare in casa, aveva deposto. 673. Ecce autem. Vincenzo Monti che così bene modellò il suo stile e le sue dipinture alla virgiliana nobiltà, evidenza e delicatezza, ebbe la mente a questo mirabilissimo quadro dicendo nella Bassvilliana: Voci di donne che ai mariti ardenti Contrastano l'uscita, e in su le soglie Fan di lagrime intoppo e di lamenti. 675. Si periturus. La scena è la medesima che quella dell'Iliade lib. 6, quando Ettore s'incontra con Andromaca. E ti piace di Troia alla ruina Te aggiungere ed i tuoi, dischiusa a questa 1015 Morte è la strada. Omai tinto del sangue Di Priamo giungerà Pirro che un figlio. E innanzi all' ara il padre. Ah per ciò solo, 1020 Mi togliesti dall' armi e dalle fiamme, Che in mezzo delle mie stanze il nemico L'un sul sangue dell' altro? Armi, qua tosto 1025 Armi, o compagni; a morte chiama i vinti L'ultimo giorno. Al ferro dei nemici Rendetemi, lasciate che tra nuove Pugne io mi slanci. Non fia ver che tutti 1030 Qui mi ricingo l'armi, e alla sinistra Della magion; quand' ecco in su la soglia Noi pure a tutti i rischi. Ma se alcuna È da notare tuttavia una diversità fra questi due tristi congedi. Ettore andava a battaglia pericolosa, ma Enea correva a disperata morte. Cui pater, et coniux quondam tua dicta relinquor? Talia vociferans gemitu tectum omne replebat: 680 Quum subitum, dictuque oritur mirabile monstrum. Namque manus inter, maestorumque ora parentum, Ecce levis summo de vertice visus Iuli Fundere lumen apex, tactuque innoxia molli Lambere flamma comas, et circum tempora pasci. 685 Nos pavidi trepidare metu, crinemque flagrantem Excutere, et sanctos restinguere fontibus ignes. At pater Anchises, oculos ad sidera laetus Extulit, et caelo palmas cum voce tetendit: Iupiter omnipotens, precibus si flecteris ullis, 690 Aspice nos, hoc tantum; et, si pietate meremur, Da deinde auxilium, pater; atque haec omina firma. Vix ea fatus erat senior: subitoque fragore Intonuit laevum, et de caelo lapsa per umbras Stella facem ducens multa cum luce cucurrit. 695 Illam, summa super labentem culmina tecti, 678. Tua dicta. Come questa malinconica e tenera es pressione tocca le fibre del cuore! 682. Ecce levis. T. Livio narra essere accaduta una somigliante cosa a Servio Tullo ancor bambino. Così il Tasso fa apparire e girare una fiammella intorno al capo di Goffredo, come indizio di futuro regno. 693. Intonuit laevum. Il tonare a sinistra era, come ognun sa, di buon augurio. Servio dà minute spiegazioni su la stella qui mentovata. Trascorre all' Ida, dice egli, perchè i fuggitivi colà doveano raccogliersi; longo limite perchè avevano da intraprendere poi un lungo viaggio (sulcus) per mare. Coll' odor sulfureo del 1040 A chi'l padre? A chi me, che tua consorte Appena il veglio, che un gran tuono a manca Una stella per l'ombre, seco trasse, 1065 Correndo, vivo foco e luce immensa. La vediamo guizzar sopra l'eccelso Colmo del tetto, e scendere, segnando divino fuoco indica la futura morte d' Anchise ed anche la dolorosa guerra d'Italia. |