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Caligat, nubem eripiam: tu ne qua parentis
Iussa time neu praeceptis parere recusa.

Hic ubi disiectas moles avulsaque saxis

Saxa vides mixtoque undantem pulvere fumum, 610 Neptunus muros magnoque emota tridenti Fundamenta quatit, totamque a sedibus urbem Eruit. Hic Iuno Scaeas saevissima portas

Prima tenet, sociumque furens a navibus agmen
Ferro accincta vocat.

615 Iam summas arces Tritonia, respice, Pallas
Insedit, nimbo effulgens et Gorgone saeva.
Ipse pater Danais animos, viresque secundas
Sufficit: ipse deos in dardana suscitat arma.
Eripe, nate, fugam; finemque impone labori.
620 Nusquam abero, et tutum patrio te limine sistam.
Dixerat: et spissis noctis se condidit umbris.
Apparent dirae facies, inimicaque Troiae
Numina magna Deum.

606. Tu ne. Ciò si connette ai versi 619 e 630. Anche questo è bell' artifizio del poeta. li comando di fuggire, dato ad Enea da Venere per le ottime ragioni addotte, lo purga d' ogni ombra di viltà.

612. Scacas portas. Una delle sei porte di Troia, ricordata più volte da Omero.

613. Furens. Ben dice il Rota che in questa parola si sente la compiacenza feroce di lungo odio appagato.

617. Secundas. Che li aiutino al buon riuscimento della loro impresa.

930 La mortale tua vista e d'una densa
Nebbia l'avvolge; tu senza timore
Tienti al comando mio, tosto adempiendo
Quanto prescriverò); laddove scorgi
Moli abbattute, e sassi che divelti
935 Sono da sassi, e l'ondeggiante fumo
Commisto al polverio, le mura scuote
Nettuno e crolla i fondamenti, e tutta
Col gran tridente suo dalle radici
La città schianta. Su le porte Scee
940 Qui sta la crudelissima Giunone
Che gli altri precedette, e furibonda
Le schiere amiche dalle navi, cinta.
Di ferro, chiama. Sovra l' alte rocche
Già la Tritonia Pallade si è messa
945 Sfolgorante, rimira, in chiaro nembo,
E vibra orror dalla Gorgònea testa.
Lo stesso Giove somministra ai Greci
Animo e forze valide; egli stesso

A combattere contro le Dardanie 950 Armi incita gli Dei. Figlio, la fuga Or prendi, e a' vani tuoi sforzi pon' fine. Io sarò teco ovunque andrai, securo Ti metterò sul limitar paterno.

Disse, e in dense notturne ombre disparve. 995 Offronsi agli occhi miei gli orrendi aspetti E i numi grandi che ci fur nemici.

Tum vero omne mihi visum considere in ignes 625 Ilium, et ex imo verti Neptunia Troia.

Ac veluti summis antiquam in montibus ornum, Quum ferro accisam, crebrisque bipennibus instant Eruere agricolae certatim; illa usque minatur; Et tremefacta comum concusso vertice nutat; 630 Vulneribus donec paullatim evicta supremum Congemuit, traxitque iugis avulsa ruinam.

Descendo, ac ducente Deo flammam inter et hostes Expedior: dant tela locum, flammaeque recedunt. Ast ubi iam patriae perventum ad limina sedis, 635 Antiquasque domos, genitor, quem tollere in altos Optabam primum montes, primumque petebam, Abnegat excisa vitam producere Troia, Exsiliumque pati. Vos o, quibus integer aevi Sanguis, ait, solidaeque suo stant robore vires, 640 Vos agitate fugam.

Me si caelicolae voluissent ducere vitam,

Has mihi servassent sedes: satis una super que

624. Considere in ignes. Alcun testo ba in igne. La frase è pittoresca, e mostra il compiuto atterramento di tutta Troia nelle fiamme.

626. Ac veluti. Manca l'altra parte della comparazione, come osserva l'Heyne; epperò sottintendi: lo vidi cader 'Troia, come, ecc.

632. Descendo. Sottintendasi dalla rocca.

633. Expedior. Vo sicuro e senza ostacoli. Expedire è il contrario di impedire.

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Allora poi Ilio del tutto mi parve Immergersi nel foco, e sin dall' imo La Nettunia cittade esser travolta. 960 Come a gara de' monti in su la vetta Per abbattere antico orno, col ferro Intorno assottigliato e con gli assidui Colpi della bipenne, ogni lor possa Fanno i villici; assai tempo minaccia 965 Quello, e le chiome all' agitata punta Tremolando tentenna; a poco a poco Vinto dal gran colpir dà il croscio estremo, E sbarbatosi trae precipitando

Parte del giogo. Io scendo, e tra la vampa 970 E tra i nemici vo speditamente

Condotto da una Dea; mi schiudon l'armi
Il passo, e stan da me le fiamme lungi.
Poichè si venne alle paterne soglie
E alla magione antica, il genitore
975 Ch' io volea primo addur su gli alti monti
E che primo chiedea, nega la vita
Anco protrar dopo caduta Troia,

E sopportar l'esilio. O voi, che il sangue
Vivido per l'età, disse, e le forze
980 Avete per vigor ben salde e intere,
Voi pigliate la fuga. A me, se vivo
Gli Dei lasciarmi avessero voluto,
Serberian queste sedi. Io vidi assai

642. Satis una. È ricordata la presa di Troia per mano di Ercole, regnando Laomedonte.

Vidimus excidia, et captae superavimus urbi. Sic, o sic positum adfati discedite corpus. 645 Ipse manu mortem inveniam: miserebitur hostis, Exuviasque petet. Facilis iactura sepulcri est. Iampridem invisus Divis, et inutilis annos Demoror, ex quo me Divum pater, atque hominum (rex

Fulminis adflavit ventis, et contigit igni. 650 Talia perstabat memorans, fixusque manebat. Nos contra effusi lacrimis, coniuxque Creusa, Ascaniusque, omnisque domus, ne vertere secum Cuncta pater, fatoque urgenti incumbere vellet. Abnegat, inceptoque et sedibus haeret in isdem. 655 Rursus in arma feror, mortemque miserrimus opto; Nam quod consilium, aut quae iam fortuna dabatur? Mene efferre pedem, genitor, te posse relicto Sperasti? tantumque nefas patrio excidit ore? Si nihil ex tanta Superis placet urbe relinqui,

645. Many. Cioè per mano del nemico.

Ivi. Miserebitur. Si intende che lo pregherebbe di liberarlo della vita.

646. Facilis. Nella credenza dei pagani, questo detto è posto in bocca al misero vecchio da una tetra disperazione. 649. Adflavit. Secondo alcuni mitologi un fulmine caduto presso Anchise lo acciecò; secondo altri lo fece restare infermo. per sempre, in pena d'aver palesato la sua intrinsechezza con Venere.

651. Nos contra. Sottintendi non desistim us orare.

654. Incepto et sedibus. Simile a quel passo di Cicerone:

Si et in urbe et in eadem mente permanent.

658. Tantum nefas. Una sì ingiusta parola.

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