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Tosto ritrasse. Come chi negli aspri Dumi pontando inavveduto un serpe Calco sovra il terreno, e sbigottito 585 Repente in fuga va, mentr' esso inalbera Acceso dira il capo, ed il ceruleo Collo rigonfia; in cotal guisa i passi Androgeo trepidante al pur vederci Indietro volse. Noi furenti sopra 590 Gli ci avventiamo, e di folt' armi cerchio A noi stessi facendo, i Greci ignari De' lochi e presi da grande paura Atterriam d'ogni parte. Arride al nostro Primo assalto fortuna. E qui Corebo 595 Del successo esultando, e imbaldanzito Grida: O compagni, ove la sorte a noi Nel primo incontro apre una via di scampo, E si mostra benigna, or seguitiamo.

Cambiam gli scudi, e ognun di noi s' adatti 600 Le greche insegne. Se frode o virtute, Chi fia che lo ricerchi in un nemico? L'arme essi ne daran. Ciò detto, ei quindi Ornasi del chiomato elmo d' Andrògeo, E del nitido scudo, e al fianco appende 605 La spada argiva. Presti ad imitarlo Sono Rifeo, Dimante, e tutta quella Si balda gioventù; delle recenti

Spoglie ciascuno s' arma. Innanzi, misti Coi Greci, andiam senza il favor d'un Dio, 610 E in molte zuffe per la notte ciecal

Meniam le mani, e molti Greci all' Orco
Travolgiamo. Altri van qua e là fuggendo

400 Fida petunt; pars ingentem formidine turpi Scandunt rursus equum et nota conduntur in alvo. Heu! nihil invitis fas quemquam fidere divis. Ecce trahebatur passis Priameia virgo

Crinibus a templo Cassandra adytisque Minervae, 405 Ad coelum tendens ardentia lumina frustrá; Lumina, nam teneras arcebant vincula palmas. Non tulit hanc speciem furiata mente Coroebus Et sese medium iniecit periturus in agmen: Consequimur cuncti et densis incurrimus armis. 410 Hic primum ex alto delubri culmine telis

Nostrorum obruimur, oriturque miserrima caedes Armorum facie et graiarum errore iubarum. Tum Danai gemitu atque ereptae virginis ira Undique collecti invadunt: acerrimus Aiax, 415 Et gemini. Atridae, Dolopumque exercitus omnis:

401. Scandunt. Queste, inverosimiglianze si vogliono talvolta perdonare ai poeti.

403. Trahebatur. Ovid. Met. XIII, 410: tractata comis antistita Phoebi non profecturas tendebat ad aethera palmas. 404 A templo. E da supporre che la figlia di Priamo cercasse rifugio nel tempio di Minerva.

406. Teneras. Quest' epiteto ben contrasta colla durezza dei lacci onde erano avvinte le belle mani. Il C. non contento di questo solo epiteto vi aggiunse regie.

410. Delubri. Il tempio di Minerva nella rocca troiana a cui era già pervenuto Enea traversando la città.

413. Gemitu. Qui vale dolore, come annota Heyne.

Verso le navi, ed ai securi lidi Indirizzano il corso; altri nel seno 615 Del gran cavallo per temenza vile Ad ascendere tornano, e occultarsi Nel noto ventre. Ahi, contrastanti i Numi, In niuna cosa si dee por fidanza!

Ecco che tratta per lo sciolto crine

620 Dal tempio e dai sacrarii di Minerva Era la regal vergine Cassandra,

E volgea gli ardenti occhi invano al cielo, Gli occhi, perchè le tenere sue mani Duri lacci stringevano. Tal vista 625 Corebo non sofferse, e dalle furie Spinto gittossi per morir nel mezzo Della schiera nemica. Il seguitiamo A un tempo tutti, e raddensate l'armi Facciamo impeto. Qui dall' alta cima 630 D'un tempio co' lor dardi incominciaro A tempestarci i nostri, e miserando Scempio segui di noi, per quell' aspetto D'armi, e per quell' error degli elmi argivi. Allora i Greci da dolore ed ira

635 Per la ritolta vergine incitati

D' ogn' intorno ne stringono, il tremendo
Aiace, ambo gli Atridi, e la falange
Dei Dolopi. Cosi talora, sciolto

Adversi rupto ceu quondam turbine venti Confligunt zephyrusque notusque et laetus eois Eurus equis, stridunt silvae, saevitque tridenti Spumeus atque imo Nereus ciet aequora fundo. 420 Illi etiam, si quos obscura nocte per umbram Fudimus insidiis totaque agitavimus urbe, Apparent; primi clipeos mentitaque tela Agnoscunt atque ora sono discordia signant. Ilicet obruimur numero; primusque Coroebus 425 Penelei dextra divae armipotentis ad aram Procumbit; cadit et Rhipheus, iustissimus unus Qui fuit in Teucris et servantissimus aequi: Dis aliter visum; pereunt Hypanisque Dymasque, Confixi a sociis, nec te tua plurima, Punthu, 430 Labentem pietas nec Apollinis infula texit. Iliaci cineres et flamma extrema meorum,

418. Eurus. Gli antichi figuravano i venti portati da bighe; e dice ovi cavalli perchè l' Euro spira da Oriente. 1423. Ora discordia. Notano la diversità della favella. La lingua parlata dai Troiani era differente dalla greca.

425. Ad aram. Heyne intende non già nel tempio, ma nel pronao, ossia nel peristilo.

426. Ripheus. Dante do collocò in Paradiso, ma lo suppose, per la sua grande virtù, illuminato in vita dalla vera fede. 428. Dis. Per ragioni a noi mortali ignote. Formola di affettuosa e mesta rassegnazione, frequente in Virgilio. E si ponga mente come nelle opere di questo gran Poeta sembri talvolta spirare un'aura prenunziatrice di quei profondi sentimenti di disinganno della vita mortale e di speranza nel

Un turbo, fan conflitto opposti venti, 640 Zefiro e Noto ed Euro che s' allegra, D'eoi cavalli, stridono le selve,

E lo spumoso Nèreo infuriando

Col suo tridente, il mar turba dall' imo..
Quelli, tornar pur ci vediamo incontro
645 Che con insidie per l'ombre notturne
Abbiam cacciati ed inseguiti dianzi
In tutta la città; primi gli scudi
Riconoscono e quelle armi mentite,
E notano il parlar che nell' accento
650 Suona discorde. All' improvviso siamo
Soperchiati dal numero, e pel primo
Sotto la man di Peneleo, davanti

All' ara della Dea nell' armi invitta,
Rovesciato è Corebo; e Rifeo cade
655 Che fu il solo giustissimo de' Teucri
E fido all' equità: piacque altramente
Ai Numi; uccisi dai compagni, loro
Son Ipani e Dimante; nè la tua
Somma pietà nè l' infula d' Apollo,
660 0 Panto, ti difesero da morte.

In testimonio ora voi chiamo, o d' Ilio
Çeneri, e te rogo ultimo de' miei,

secolo immortale, che sono il principale carattere onde si distinguono le poesie de' popoli cristiani, ROTA.

431. Iliaci. Bene imitata questa apostrofe dal Tasso, Ger.. C. VIII.

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