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345 Infelix, qui non sponsae praecepta furentis Audierit!

Quos ubi confertos audere in praelia vidi, Incipio super his: Iuvenes, fortissima frustra Pectora, si vobis audentem extrema cupido 350 Certa sequi (quae sit rebus fortuna, videtis: Excessere omnes adytis arisque relictis

255

Di quibus imperium hoc steterat; succurritis urbi
Incensae), moriamur et in media arma ruamus.
Una salus victis nullam sperare salutem.

Sic animis iuvenum furor additus: inde, lupi ceu
Raptores atra in nebula, quos improba ventris
Exegit caecos rabies, catulique relicti

Faucibus exspectant siccis, per tela, per hostes
Vadimus haud dubiam in mortem, mediaeque tenemus

350. Quae sit. Il testo dell' Heyne chiude fra parentesi tutte le parole che sono da certa s qui fino a moriamur; onde il periodo acquista in chiarezza.

351. Excessere Si credeva che gli Dei partissero dalle città vinte. 354. Una salus. Intendasi una morte onorata, per isfuggire il pericolo di cader nelle mani del nemico. È verso di sublime fe rocia, e tornerà istruttivo non poco pei giovani il vederne la traduzione di varii.

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Recava quasi genero. Infelice,

Che uditi non avea gli ammonimenti
Della indovina sposa! Io, quando accolti
Vidi costoro insieme osar battaglia,
535 Comincio sovra lor: Giovani, indarnó
Petti valorosissimi, se certa

È in voi la brama di seguirmi dove Ardisco d' affrontar perigli estremi (Vedete quali sien le nostre sorti; 540 Si partirono tutti, abbandonando Templi ed are, gli Dei ch' eran la forza Di quest' imperio un di; voi soccorrete A una città che incendesi); moriamo, Precipitiamo in mezzo all' armi; sola 545 È salvezza pei vinti il disperarne.

Cosi' furor s' aggiunse all' ardimento Nel petto di quei giovani; indi noi Come lupi rapaci in buia notte Che spinse ciechi del digiun la trista 550 Rabbia, e i lasciati lupicini stanno

Con fauci asciutte ad aspettar nel covo,
Ci incamminiam tra i dardi e tra i nemici
A una morte non dubbia, e per lo mezzo
Della città la via teniamo; oscura

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Che resta ai vinti è il non sperarne alcuno.

BONDI

Scampo è de' vinti il non sperar più scampo.

LEONI

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360 Urbis iter. Nox atra cava circumvolat umbra. Quis cladem illius noctis, quis funera fando Explicet aut possit lacrimis aequare labores? Urbs antiqua ruit multos dominata per annos; Plurima perque vias sternuntur inertia passim 365 Corpora perque domos et religiosa deorum

370

Limina. Nec soli poenas dant sanguine Teucri;
Quondam etiam victis redit in praecordia virtus,
Victoresque cadunt Danai. Crudelis ubique
Luctus, ubique pavor et plurima mortis imago.

Primus se Danaum, magna comitante caterra,
Androgeus obfert nobis, socia agmina credens
Inscius, atque ultro verbis compellat amicis:
Festinate, viri! Nam quae tam sera moratur
Segnities? Alii rapiunt incensa furuntque

373 Pergama; vos celsis nunc primum a navibus itis? Dixit et extemplo (neque enim responsa dabantur Fida satis) sensit medios delapsus in hostes. Obstupuit retroque pedem cum voce repressit.

361. Quis cladem. 11 Tasso egregiamente imitò; Ger. C. 19. 363. Urbs. 11 rammentar ciò in questo momento infonde nell'animo una solenna tristezza. Ahi! una notte sola distrugge l'opera di tanti secoli!

364. Inertia corpora. Meglio è interpretare, come dice Heyne, rer corpi d'imbelli, cioè i vecchi, le donne, i fanciulli.

866. Poenas dant sanguine. Vale sono uccisi.

369. Plurima. Pare doversi intendere la gran varietà delle merti. Bene il Léopardi morte atteggiata in mille forme.

374. Festinate. Si noti la concisione e rapid tà di questo parlare, tutte proprie delle circostanze.

374. Sera. Che vi fa tardi o lenti.

Notte della sua cupa ombra ci involve.
Chi appieno ridirà la strage orrenda
Di quella notte, chi le uccisïoni,
O potria con le lacrime i dolori
560 Eguagliar? La superba antica Troia,
Che dominò per molti anni, ruina;
Sono a mille abbattuti i corpi imbelli
Per le vie, per le case e per le soglie
Sacre agli Dei. Nè scontano col sangue
565 La pena i soli Teucri; ancor talvolta
Ridestasi il valore ai vinti in petto;

570

E Achei vincenti cadono. Un crudele
Scorrea lutto e spavento, e in ogni dove
Sembianze innumerevoli di morte.

Primo de' Greci Andrògeo, da gran turba Accompagnato, ne si offerse, e amica Schiera inconscio credendoci, fe' tali Quete rampogne: 0 prodi, v' affrettate; E qual mai vi rattien sì pigro indugio? 575 Altri Ilio, che va in foco, han saccheggiato, E ne portan le prede; e voi dall' alte Navi or solo venite? Appena detto Ebbe ciò, che s' avvide, perchè nullo Davasi di risposta indizio certo,

580 Nel mezzo dei nemici esser caduto. Stupor lo vinse, e con la voce il piede

376. Responsa. Davano risposte dubbie, sospette, ossia non rispondevano col motto di riconoscimento.

377. Sensit... delapsus. Alla greca, in luogo di se delapsum esse.

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Improvisum aspris veluti qui sentibus anguem 380 Pressit humi nitens, trepidusque repente refugit Attollentem iras et caerula colla tumentem; Haud secus Androgeus visu tremefactus abibat. Irruimus, densis et circumfundimur armis, Ignarosque loci passim et formidine captos 385 Sternimus: adspirat primo fortuna labori. Atque hic successu exsultans animisque Coroebus: O socii, qua prima, inquit, fortuna salutis Monstrat iter quaque ostendit se dextra sequamur. Mutemus clipeos Danaumque insignia nobis 390 Aptemus. Dolus, an virtus, quis in hoste requirat? Arma dabunt ipsi. Sic fatus, deinde comantem Androgei galeam clipeique insigne decorum

Induitur, laterique argivum accommodat ensem. Hoc Rhipheus, hoc ipse Dymas omnisque iuventus 395 Laeta facit; spoliis se quisque recentibus armat. Vadimus immixti Danais haud numine nostro, Multaque per caecam congressi proelia noctem Conserimus, multos Danaum demittimus Orco. Diffugiunt alii ad naves, et litora cursu

379. Aspris. Invece di asperis, come dextra, saecla e simili. 390. Massima tollerabile per quei tempi, per quella religione e in bocca a Corebo. L'Ariosto disse (e si noti la sostanziale differenza):

Fu il vincer sempremai laudabil cosa,

Vincasi per fortuna o per ingegno.

Si osservi che il saggio e prudente Enea non mostra avere partecipato come gli altri al consiglio di Corebo.

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