Il nemico occupò; dall' alto suo Per la patria e per Priamo ognun di noi. Cose Troia accomanda e i suoi penati; E la potente Vesta e i fochi eterni. Da un' alta rupe. Allor la fè dei Greci 309. Fides. Chiaro m'apparve qual credenza meritassero le parole di Sinone. 310 Insidiae. Iam Deiphobi dedit ampla ruinam Vulcano superante domus, iam proximus ardet Ucalegon; Sigea igni freta lata relucent; Exoritur clamorque virum clangorque tubarum. Arma amens capio, nec sat rationis in armis; 315 Sed glomerare manum bello et concurrere in arcem Cum sociis ardent animi: furor iraque mentem Praecipitant, pulcrumque mori succurrit in armis. Ecce autem telis Pantus elapsus Achivum, Pantus Othryades, arcis Phoebique sacerdos, 320 Sacra manu victosque deos, parvumque nepotem Ipse trahit, cursuque amens ad limina tendit. Quo res summa loco, Panthu? quam prendimus arcem? Vix ea fatus eram, gemitu quum talia reddit: Venit summa dies et ineluctabile tempus 325 Dardaniae. Fuimus Troës, fuit Ilium el ingens Gloria Teucrorum: ferus omnia lupiter Argos 312. Ucalegon. Uno dei maggiorenti di Troia. 313. Tubarum. Poetico anacronismo, non usandosi in quei tempi la tromba. 314. Nec sat rationis. Cioè non comprendeva io stesso a che potessero valere le armi, essendo già Troia presa ed incendiata. 319. Arcís Phoebique. Cioè sacerdote di Febo il cui tempio era nella rocca. 322. Quam prendimus arcem? Invece di quod perfugium habemus, secondo Heyne; che ci resta a fare pel bene della patria? 324. Venit. Qui, dice il Rota, le disordinate immagini, i brevi periodi e le interrotte pose dei versi imitano a maraviglia l'animo di un esterrefatto. Cosi il Tasso, Ger. C. 19: noi fummo. A tutti è giunto L'ultimo di, l' inevitabil punto. 475 Manifesta mi apparve, e fur palesi Le insidie loro. Già la vasta casa Ruinò di Deifobo, vincenti Le fiamme, e già il vicino Ucalegonte Arde. Al chiaror del propagato incendio 480 Riluce di Sigeo l'ampia marina; Ed il gridar degli uomini si leva E il clangor delle trombe. Io forsennato. L'armi afferro, nè so quale speranza Nell' armi io ponga; ma nel cor mi ferve 485 Desio di ragunar gente a battaglia E correr tutti nella rocca insieme. Fatto m' avean l' impeto cieco e l'ira Precipitoso, e mi ritorna in mente Come è bello il morire in mezzo all' armi. Ed ecco a noi venir Panto sfuggito Dai dardi degli Achei, l' Otriade Panto Sacerdote di Febo e della rocca; 490 Ei porta i sacri arredi e gli Dei vinti, Giunse per la Dardania. Ahi lasso! fummo 330 Transtulit; incensa Danai dominantur in urbe. Oppositi; stat ferri acies mucrone corusco In flammas et in arma feror, quo tristis Erinnys, Venerat, insano Cassandrae incensus amore, 329. Victorque Sinon incendia miscet Insultans. Questo rapido e vivo colpo di pennello perde ogni forza ed ogni proprietà, nella bocca dell' attonito Panto, in questi versi del C.: GODE della sua FRODE e d'ogn' intorno Scorrendo si rimescola e s' aggira Gran maestro d'incendi e di ruine. Nè felice è in questo la traduzione del Leopardi: Insulti e fiamme mesce Sinon vitiorioso. 334. Vix. Non per difetto di coraggio, ma perchè fra l'oscurità della notte doveano menar colpi quasi alla cieca. 337. Tristis Erinnys. La smaniosa impazienza, o la rabbia della disperazione che qui è personificata in una delle Furie. 505 La città, preda al foco, è dominata Mesce gl' incendi. Sono altri alle porte Al nostro sguardo per la luna offerti, 530 Acceso, e a Priamo ed ai Troiani aiuto 339 Maximus annis. I migliori testi hanno così mentre altri Iphitus... maximus annis. Di Ifito si parla più innanzi, 435; ma qui è troppo evidentemente altra persona, mentre Enea, rivolgendo il discorso a tutti i sopraggiunti, li chiama iuvenes. |