255 A Tenedo, tacitae per amica silentia lunae, Litora nota petens, flammas quum regia puppis Extulerat, fatisque deûm defensus iniquis Inclusos utero Danaos et pinea furtim Laxat claustra Sinon. Illos patefactus ad auras 260 Reddit equus, laetique cavo se robore promunt Thessandrus Sthenelusque duces et dirus Ulixes, Demissum lapsi per funem, Acamasque Thoasque Pelidesque Neoptolemus primusque Macaon Et Menelaus et ipse doli fabricator Epeus. 265 Invadunt urbem somno vinoque sepultam; Caeduntur vigiles, portisque patentibus omnes Accipiunt socios atque agmina conscia iungunt. Tempus erat quo prima quies mortalibus aegris Incipit et dono divům gratissima serpit: 270 In somnis ecce ante oculos moestissimus Hector Visus adesse mihi largosque effundere fletus, Raptatus bigis ut quondam, aterque cruento Pulvere, perque pedes traiectus lora tumentes, 255 Silentia lunae. Similmente il Tasso: va per l'amico Silenzio delle stelle. 256. Flammas. Quando dalla nave ammiraglia erasi dato il segnale con accender fiamme, acciocchè Sinone cominciasse a operare giusta gli accordi. 257. Fatis iniquis Deúm. Lo stesso che diis iniquis. 270. In sommis. Questa apparizione di Ettore mette nell' animo una solenne malinconia. Il suo squallore presente desta anche più compassione, ricordandone la militare leggiadria e l'onesta baldanza quando ritornava dal campo carico delle spoglie nemiche. ARCANGELI. Con allestite navi per gli amici E Menelao con lor viene, e lo stesso Epeo fabbricator di quest' inganno. 405 Invadon essi la città sepolta 440 Già nel sonno e nel vin; sono sgozzate 415 Agli occhi miei dinanzi, e una gran vena rr Hei mihi, qualis erat! quantum mutatus ab illo 275 Hectore qui redit exuvias indutus Achilli Vel Danaum phrygios iaculatus puppibus ignes! 280 Compellare virum et maestas expromere voces: Funera, post varios hominumque urbisque labores, 285 Defessi adspicimus! quae caussa indigna serenos Foedavit vultus, aut cur haec vulnera cerno? Ille nihil, nec me quaerentem vana moratur, Sed graviter gemitus imo de pectore ducens, Heu fuge, nate dea, teque his, ait, eripe flammis. 290 Hostis habet muros; ruit alto a culmine Troia. 275. Qui redit. Invece di qualis redibat. Exuvias Achilli, le armi che Achille avea lasciato indossare a Patroclo, ucciso poi da Ettore. 278. Vulnera. È da interpretarsi de' fieri strazi e delle ferite che Achille e i Greci brutalmente fecero al cadavere di Ettore. 285. Quae causa indigna. Mostra di non ricordare le circostanze della morte di Ettore; e con verità perchè in sogno. 287. Illi nihil. Nulla risponde egli alle vane domande dell' amico dormente, ma gli dice che fugga e salvi della patria quello che salvar si può. Nessuna poesia del mondo ha più perfetto tipo dell' amor patrio; la difese col braccio finchè fu potuta difen dere; cadde combattendo per lei; ora viene dal regno de'morti nel giorno del suo esizio per salvarne almeno le reliquie. Allude 420 Piedi forato. Ahimè! qual era, e quanto Mutato da quell' Ettore che un giorno Vestito delle tolte armi d' Achille A suoi tornava, o quando il foco frigio 425 Squallida barba, e di sangue rapprese a ciò mirabilmente il Foscolo ne' versi: E tu onore di pianti, Ettore, avrai ..... Sat patriae Priamoque datum. Si Pergama dextra Defendi possent, etiam hac defensa fuissent. Sacra suosque tibi commendat Troia penates: Hos cape fatorum comites, his moenia quaere, 295 Magna pererrato statues quae denique ponto. Sic ait, et manibus vittas Vestamque potentem Aeternumque adytis effert penetralibus ignem. Diverso interea miscentur moenia luctu, Et magis atque magis, quamquam secreta parentis 200 Anchisae domus arboribusque obtecta recessit, Clarescunt sonitus, armorumque ingruit horror. Excutior somno et summi fastigia tecti Adscensu supero atque arrectis auribus adsto: In segetem veluti quum flamma furentibus austris 305 Incidit,aut rapidus montano flumine torrens Sternit agros, sternit sata laeta boumque labores, Praecipitesque trahit silvas; stupet inscius allo Accipiens sonitum saxi de vertice pastor. Tum vero manifesta fides, Danaumque patescunt 293. Sacra. L'illustre Tullio Dandolo della cui amicizia mi onoro, nella sua opera Il secolo d' Augusto riconosce in queste parole la missione al tutto religiosa che Enea riceve da quell' eroe colla profezia di stabilire, dopo lungo andar vagando, città, religione e leggi troiane. Penites. Questi erano i Penati pubblici, gli Dei patrii, tutela della città. 296. Vestam. La divinità più antica di tutie come quella che confondesi con Cibele. Enea la recò in Italia, co' penati, propizia deità de' Romani. Nel tempio eretiole da Numa si custodiva dalle Vestali il fuoco sacro di cui è fatto qui cenno. 300 Recessit. Ardita ma bella metafora; come il dire talvolta che le terre fuggono rispetto a chi veleggia in alto mare. |