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Di vederlo attuffare in questa broda,
Prima che noi uscissimo del lago.

Ed egli a me: avanti che la proda
Ti si lasci veder, tu sara' sazio;
Di tal disio converrà che tu goda.

Dopo ciò poco, vidi quello strazio
Far di costui alle fangose genti,
Che Dio ancor ne lodo e ne ringrazio.
Tutti gridavano: a Filippo Argenti !
Lo fiorentino spirito bizzarro,

In sè medesmo si volgea co' denti.

Quivi 'I lasciammo, che più non ne narro.
Ma negli orecchi mi percosse un duolo;
Perch' i' avanti intento l'occhio sbarro.

E'l buon maestro disse: omai, figliuolo,
S' appressa la città ch' ha nome Dite,
Co' gravi cittadin, col grande stuolo.

Ed io: maestro, già le sue meschite
Là entro certo nella valle cerno,
Vermiglie, come se di fuoco uscite

LAGO. Virg. Stygios innare lacus.

GODA. Contrario a quel de' Prov. (XXIV, 17): Quum ceciderit inimicus tuus, ne gaudeas.

LODO. Reprimere l'ira insolente è degno della giustizia del cielo. A Dante la pena è troppo sovente religiosa preghiera. Piange i lascivi e i golosi; gl'iniqui contro il prossimo e contro Dio, come Capaneo, XIV, e Vanni Fucci, XXV, non degna che d'ira.

ARGENTI. BOCC.: Un cavaliere chiamato M. Filippo Argenti, uom sdegnoso, iracondo e bizzarro più ch' altri. Post. Caet.: Divitis et fortis, qui equum ferris argenti ferrari fecit. Ottimo: Di grande vita e di grande burbanza, e di molta spesa, e di poca virtute e valore. - BIZZARRO. BOCC.: Bizzarro, spiacevole, ritroso. Ariosto (XVIII, 3): Pien d'ira e bizzarro. M. Filippo era rimaso fieramente turbato, e in sè medesimo si rodea. PERCOSSE. Inf., V: Molto pianto mi percuote. DUOLO. Ar. (XI, 83): Un lungo grido Un alto duol le orecchie gli feria.

VOLGEA. Bocc.:

APPRESSA. Virg. Jamque propinquabant turres. DITE. Virg.: Alta ostia Ditis... Ditis magni sub moenia tendit. Finora vedemmo i sobborghi dell' Inferno. Ov., Met.: Stygiam... urbem... nigri fera regia Ditis. - GRAVI. Di dolore. Ar. (XXXI, 88): Ruggiero Ch'era ferito e stava ancora grave.

MESCHITE. Per moschee (Tasso, II, 6). S’usava anco in prosa. Meschite chiama quelle d'Inferno; come se le moschee fosser cosa diabolica. Virg.: Duri sacraria Ditis. CERNO. È in Armannino. Virg.: Cyclopum educta caminis Moenia conspicio. VERMIGLIE. Virg.: Respicit Aeneas subito et sub rupe sini9

Tomo I.

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Fossero. Ed ei mi disse: il fuoco eterno
Ch' entro l' affuoca, le dimostra rosse,
Come tu vedi, in questo basso 'nferno.

Noi pur giugnemmo dentro all' alte fosse
Che vallan quella terra sconsolata.
Le mura mi parea che ferro fosse.

Non senza prima far grande aggirata,
Venimmo in parte dove il nocchier forte:
Uscite, ci gridò; qui è l'entrata.

I' vidi più di mille in su le porte
Da ciel piovuti, che stizzosamente
Dicean: chi è costui che senza morte,
della morta gente?

Va per lo regno
E' savio mio maestro fece segno
Di voler lor parlar segretamente.
Allor chiusero un poco il
gran disdegno,
E disser: vien tu solo; e quei sen vada
Che sì ardito entrò per questo regno.
Sol si ritorni per la folle strada;
Pruovi, se sa; che tu qui rimarrai
Che gli hai scorta la buia contrada.

Pensa, lettor, s'i' mi disconfortai
Nel suon delle parole maladette;
Ch'i' non credetti ritornarci mai.

O caro duca mio, che più di sette
Volte m' hai sicurtà renduta, é tratto
D'alto periglio che 'ncontra mi stette,

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stra Moenia lata videt triplici circumdata muro, Quae rapidus flammis ambit torrentibus amnis Tartareus Phlegethon.

Por

GIUGNEMMO. Virg.: Tandem trans fluvium incolumes vatemque virumque Informi limo glaucaque exponit in ulva. — FERRO. Virg.: Ferrea turris ta adversa, ingens, solidoque adamante columnae. - FOSSE. Gentile sconcordanza. Novellino, XXI: Una gragnuola che parea cappelli d'acciaio.

DA. Trecentista ined.: Questo che da cielo v' è mandato. PIOVUTI. Borghini: Gli angeli i quali, piovendo in terra, si trasmutano in diavoli. REGNO. Virg. Inania regna.

SETTE. Nella selva dalle fiere; poi quando sciolse i suoi dubbi; poi quando lo prese per mano all'entrar della porta; poi quando rispose alle grida di Caronte, di Minós, di Pluto, di Flegiás ; e quando gli rese ragione dell'improvviso pallore all' entrare nel Limbo. Son più di sette. Ma forse qui sette sta per nu

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Non mi lasciar, diss' io, così disfatto.
E se l'andar più oltre c' è negato,
Ritroviam l' orme nostre insieme ratto.

E quel signor che lì m' avea menato,
Mi disse: non temer; che 'l nostro passo
Non ci può torre alcun: da tal n'è dato.
Ma qui m'attendi, e lo spirito lasso
Conforta e ciba di speranza buona;
Ch'i' non ti lascerò nel mondo basso.

Così sen va, e quivi m' abbandona
Lo dolce padre: e io rimango in forse;
Che sì e no nel capo mi tenzona.

Udir non pote' quello ch' a lor porse:
Ma ei non stette là con essi guari,
Che ciascun dentro a pruova si ricorse.
Chiuser le porte que' nostri avversarî
Nel petto al mio signor, che fuor rimase,
E rivolsesi a me con passi rari.

Gli occhi alla terra, e le ciglia avea rase
D'ogni baldanza; e dicea ne' sospiri:
Chi m' ha negate le dolenti case?

E a me disse: tu, perch' io m' adiri,
Non sbigottir; ch' io vincerò la pruova,
Qual ch' alla difension dentro s'aggiri.
42. Questa lor tracotanza non è nuova;
Che già l'usaro a men segreta porta,
La qual senza serrame ancor si truova.

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mero indeterminato, come ne' Prov. (XXIV, 16): Septies ... cadet justus et resurget. E nel Vangelo: Non solum septies, sed et septuagies septies. 34. DISFATTO. Nella V. Nuova e' si dice disfatto da amore. NEGATO. Virg.: Fortuna negarat ... reditus. - ORME. Virg.: Relegens TAL. Petr.... Ma miracol non è: da tal si vuole. CIBA. Virg. Spes pascis inanes.

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(s. 193): In speranze buone.

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Littora.

BUONA. Sap. (XII, 19): Bonae spei. Petr.

Si. Petr.: Ne si ne no nel cor mi suona intero.

PORSE. Anche oggidì d'un oratore diciamo che porge con grazia ; e non applica solo al gesto.

RASE. Contrario di aggrottate. Esprime e dipinge. Nelle Rime (1. IV, c. 2): Mi spoglia d'ogni baldanza. Virg. : Frons laeta parum et dejecto lumina vultu. DICEA. Tasso: E co' pensieri suoi parla, e sospira.

PRUOVA. Bocc.: Il mulo passò avanti; perchè 'l mulattiere vinse la prova.
SERRAME. Cristo, al dire del Prof.: Contrivit portas aereas ; et vectes fer-

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Sovr' essa vedestù la scritta morta.
E già di qua da lei discende l' erta,
Passando per li cerchi senza scorta,

Tal, che per lui ne fia la terra aperta.

reos confregit. Quindi è che il poeta potè passar libero. La Chiesa nel sabato santo: Hodie portas mortis, et seras pariter Salvator noster disrupit.

SCRITTA. Per me si va ... MORTA. Purg., I: La morta poesia ... quella che dipinse l'Inferno. ERTA. Il pendio de'quattro cerchi che sempre vanno scendendo. Inf., VI: Venimmo al punto dove si digrada.

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CANTO IX.

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ARGOMENTO.

Dante minacciato dalle Furie: Virgilio lo salva: un inviato del cie lo apre loro le porte di Dite. Entrano e veggono tombe infocate da fiamme sparse tra l'una e l'altra, dove penano gli eresiarchi e gl' increduli.

Stige è chiamato in Virg. amnis severus Eumenidum: però Dante le colloca in prospetto del fiume. Le Furie, il venire del messo, le tombe, ogni cosa poetico. Nell'Angelo è imitato un po' Stazio là dove Mercurio scende a evocare l'ombra di Laio.

Si notino le terzine 1, 2, 5, 13, 14, 17, 20, 22; la 24 alla 30; 32, 34, 37, 38, 40, 41, 44.

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Quel

uel color che viltà di fuor mi pinse
Veggendo 'l duca mio tornare in volta,
Più tosto dentro il suo nuovo ristrinse.

Attento si fermò, com' uom ch' ascolta,
Chè l'occhio nol potea menare a lunga,
Per l'aer nero e per la nebbia folta.

Pure a noi converrà vincer la punga,
Cominciò ei; se non ... Tal ne s' offerse.
Oh quanto tarda a me, ch' altri qui giunga!
I' vidi ben sì com' ei ricoperse

Lo cominciar con l'altro che poi venne,
Che fur parole alle prime diverse.

Ma nondimen paura il suo dir dienne,
Perch' i' traeva la parola tronca

Forse a piggior sentenzia ch' e' non tenne.

PUNGA. Per pugna, come spengere per spegnere: deve essere stato nell' uso.

- SE NON. Se non sono stato ingannato... Ma non è tale quella che ci si offerse ad aiuto, cioè Beatrice. Tali sospensioni non sono frequenti in Dante, pur ve n' ha (Inf., XXIII e Purg., XXVII).

TENNE. Tenere un senso, nell'interpretazione d'un testo, è frase scolastica.

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