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A non lungo comento, proemio breve. Son troppi, lo So, di questa sorta lavori: ma io veng'appunto

a stringere in poco le cose sparse per tanti volumi. Non fo che citare: perchè le citazioni dichiarano la lettera, illustrano il concetto, mostrano onde Dante l'attinse, o 'con quali grandi fantasie la fantasia di lui si rincontrò, e com'e' fu creatore imitando. Cito quasi sempre gli antichi, e lui sovente; chè nelle prose e nelle rime e nei luoghi simili del poema si riconoscono gl' intendimenti suoi e le forme dello stile. Più frequenti a rammentare mi cadono la Bibbia e Virgilio, s. Tomaso e Aristotele. M'aiuto di fonti inedite: e preziosissimo m'è un comentó di Piero figliuolo di Dante; dal quale attingo esposizioni e allusioni nuove, o le già note, ma non certe, confermo. Quant' ha di necessario l'Ottimo e gli altri vecchi, quanto i moderni, rendo in poche parole. Cerco nella prosa antica gli esempi di quelle che finora parvero licenze poetiche le cerco nel toscano vivente. E di tutte queste citazioni escono insegnamenti e considerazioni ed af

fetti quali nessuna parola di critico può suscitare: si conosce quello ch'è proprio all' uomo, quello che al secolo; quale e quanta armonia tra la imaginazione e l'intelletto, la natura e l'arte, la dottrina e l'amore. Le nuove mie interpretazioni difendo in breve senza magnificarne la bellezza, nè le contrarie combatto. Prescelgo le più semplici: e solo là dove è forte il dubbio, ne pongo due. Le lezioni del testo conformo all' autorità di più codici e stampe; ligio a nessuna. Se circa le lezioni o le interpretazioni mie cadrà disputa, potrò sostenerle o correggerle: ma lo spediente del citare parvemi buono appunto a troncar molte liti; e la brevità parvemi debita cosa nello illustrare un de' più parchi scrittori che onorino l'Italia e la natu

ra umana.

N. TOMMASEO.

L'INFERNO.

CANTO PRIMO.

ARGOMENTO.

Si trova smarrito in una selva: gli vengono incontro una lonza, un leone, una lupa, e gl'impediscono salire al monte: apparisce Virgilio; propone, per toglierlo di pericolo, condurlo d.vedere l'Inferno ed it Purgatorio. Dante gli si raccomanda, e seco s ́avvia.

Il punto più poetico è là dove Dante si trova appiè del colle vestito del sole di primavera, e guarda alla selva.

1.

2.

Nota le terzine 3, 6, 8, 9, 10, 12, 13, 14, 16, 17, 19, 21, 27, 34, 35, 36, 43.

3.

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Nel mezzo del cammin di nostra vita

Mi ritrovai per una selva oscura

Che la diritta via era smarrita.

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
Questa selva selvaggia, e aspra, e forte,
Che nel pensier rinnova la paura!

Tanto è amara che poco è più morte.
Ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,
Dirò dell' altre cose ch' i'v'ho scorte.

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Mezzo. Il mezzo della vita ai perfettamente naturati, dice Dante nel Convito, è l'anno XXXV. Il salmo LXXXIX, 10: Dies annorum nostrorum septuaginta anni. Isaias, XXXVIII: Ego dixi : in dimidio dierum meorum vadam ad portas inferi, che s. Bernardo interpreta: inferni metu, incipit de bonis quaerere consolationem. CAMMIN. Convivio: Nel nuovo cammino di questa vita. Anonimo: Cominciò questa opera a mezzo marzo. SELVA. Convivio: Selva erronea di questa vita. E quasi selva e'figura l'Italia, nella Volgare Eloquenza (I, 18).

SELVAGGIA. Come il cavae cavernae di Virgilio. ASPRA. Virg. (Georg., I): Aspera silva, Lappaeque tribulique. -FORTE. Intralciata e difficile a passare.

Purg., XXXIII: Enigma forte. Parad., XXII: Passo forte. L'idea di fare la via d'Inferno impedita da una selva, è in Virgilio.

MORTE. Lib. Reg.: Siccine separas, amara mors.

Tomo I.

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