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Empedoclés, Eraclito, e Zenone.
È vidi 'l buono accoglitor del quale,
Dioscoride dico; e vidi Orfeo:
Tullio, e Lino, e Seneca morale.
Euclide geométra, e Tolommeo;
Ippocrate, Avicenna, e Galieno;
Averrois che 'l gran commento feo.

I' non posso ritrar di tutti appieno,
Perocchè sì mi caccia 'l lungo tema
Che molte volte al fatto il dir vien meno.
La sesta compagnia in duo si scema.
Per altra via mi mena il savio duca,
Fuor della queta nell' aura che trema.

E vegno in parte ove non è che luca.

sa: e così Empedoclés. Ottimo: Dopo la politica, fu speculatore di naturale filosofia, e trovatore di naturale astronomia e dell'orsa maggiore; e antidisse le oscurazioni del sole. Pose che le anime erano immortali, e attribui anime alle cose inanimate. Puose che 'l principio di tutte le cose era l'acqua, e disse che 'l mondo avea anima ed era pieno di demonii: di cui favella s. Ag. nell' VIII De civ. Dei. Di lui Aristot., Top. e nel lib. della Generazione. Di Zenone, Cicerone e Seneca ed Aristotele; d'Euclide, Boezio; d'Eraclito, Aristotele; di Democrito, il medesimo nella Fisica e nel libro dell' Anima.

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BUONO. Valente. Così Virgilio: Bonus Eurithion. QUALE. Raccoglitore delle qualità delle cose. Quale per qualità l'usa nel Paradiso. - ORFEO. Virgilio anch'egli lo colloca negli Elisi. — TULLIO. LO nomina nel Convivio più volte; e nella Monarchia, pag. 35, 38, 39, 45, 48. LINO. Il poeta sacro, nominato da Virg. come figlio d'Apollo (Eccl., IV), e posto cantore negli Elisi (Aen., VI). Altri legge Livio, più volte citato da Dante nella Mon., p. 34, 37, 38, 46, e Inf., XXIX.- MORALE. Per distinguerlo da Seneca tragico. Così disse quel Bruto che cacciò Tarquino, per distinguerlo dall' uccisore di Cesare ch'è in bocca a Lucifero, Inf., XXXIV. Boccaccio: Seneca morale, maestro di Nerone. AVICENNA. Arabo del sec. X. Scrisse di medicina, di metallurgia, di chimica, di filosofia razionale. Lo nomina nel Conv. TOLOMMEO. Nel Conv. di lui più volte. · Averrois. S’usava anco in prosa. Ottimo: Spuose molti libri d'Aristotele. Fu di nobilissimo ingegno,più ch'uomo, ma non confessò Cristo. -COMMENTO. Ad Aristotele. Nel Conv. lo cita. Fino a Zenone, il P. numera i filosofi teoretici; da Dioscoride in poi, i savii di storia naturale, d'eloquenza e di medicina. L'enumerazione non è tanto confusa quanto pare.

-

RITRAR. Narrando dipingere. Conv.: Lucano; quando ritrae come Cesare... - MENO. Conv.: La fantasia vien meno talora all' intelletto.

SESTA. Di sei. In Arrighetto: settima compagnia, compagnia di sette dee. TREMA. Più sopra: Sospiri Che l'aura eterna facevan tremare. Dall'un lato tremava l'aria pe' sospiri, dall'altro per la bufera, di cui nel canto seguente; e pel molto pianto.

LUCA. Non è cosa che dia lume, nè astro, ned altro. Il Tasso ripete quest'emistichio (X, 69).

CANTOV.

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ARGOMENTO.

Scendono al secondo cerchio: trovano Minosse giudice, e distributor delle pene di tutto l'Inferno: chè qui l'Inferno comincia. In questo cerchio i lascivi con un turbinoso vento che li mena, e minaccia precipitarli ne' cerchi di sotto. Dante qui trova Francesca da Rimini, e sente la storia del suo misero amore.

La bufera è cosa da maestro. Della narrazione amorosa, il passo più profondo è: O lasso, Quanti dolci pensier..!

Nota le terzine 4, 5, 10, 11, 12, 14, 15, 16, 18, 21, 24, 25, 27, 28, 31; la 33 alla 41; la 43 all'ultima.

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Così discesi del cerchio primaio

Giù nel secondo, che men luogo cinghia,
E tanto più dolor che punge a guaio.
Stavvi Minós orribilmente, e ringhia.
Esamina le colpe nell' entrata;

Giudica, e manda secondo ch' avvinghia.
Dico che quando l' anima malnata

Li vien dinanzi, tutta si confessa;

E quel conoscitor delle peccata

Vede qual luogo d' inferno è da essa;
Cignesi con la coda tante volte

Quantunque gradi vuol che giù sia messa.

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MINós. Virg. Nec vero hae sine sorte datae, sine judice sedes. Quaesitor Minos urnam movet: ille silentum Conciliumque vocat, vitasque et crimina discit. Anco Virgilio pone Minós subito dopo la sede de' bambini; lo pone a giudicare gl' ingiustamente condannati alla morte. Ma il suo Minosse è il saggio di Creta: il Minós di Dante è un demonio che giudica con la coda e se la morde per rabbia (Inf., XXVII); e quante volte avvolge la coda intorno a sè, tanti cerchi deve scendere l'anima condannata.

PECCATA. Inf., XXIX: Minós a cui fallir non lece.

Tomo I.

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Sempre dinanzi a lui ne stanno molte;
Vanno a vicenda ciascuna al giudizio;
Dicono, e odono, e poi son giù volte.
O tu che vieni al doloroso ospizio,-
Disse Minós a me quando mi vide,
Lasciando l'atto di cotanto uffizio;

Guarda com' entri, e di cui tu ti fide;
Non t'inganni l'ampiezza dell' entrare.
E' duca mio a lui: perchè pur gride?
Non impedir lo suo fatale andare;
Vuolsi così colà dove si puote

Ciò che si vuole; e più non dimandare.
Ora incomincian le dolenti note

A farmisi sentire, or son venuto
Là dove molto pianto mi percuote.

I' venni in luogo d' ogni luce muto,
Che mugghia, come fa mar per tempesta
Se da contrarii venti è combattuto.

La bufera infernal che mai non resta,
Mena gli spirti con la sua rapina,
Voltando e percotendo gli molesta.

Quando giungon davanti alla ruina,
Quivi le strida, il compianto, e 'l lamento,
Bestemmian quivi la virtù divina.

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Intesi ch'a così fatto tormento

VICENDA. Una dopo l'altra, alla volta loro. Virg.: Vicissim Dicemus, cioè dopo te. ODONO. Dante raccoglie in una le due pitture virgiliane di Minosse e di Radamanto: Gnosius haec Rhadamanthus habet durissima regna, Castigatque auditque dolos, subigitque fateri.

AMPIEZZA. Virg. Patet atri janua Ditis; Sed ... Matt. (VII, 13): Lata porta, et spatiosa via, est quae ducit ad perditionem. FATALE. Voluto da' fati. Virg.: Fatalem Aeneam. SENTIRE. Virg. Hinc exaudiri gemitus.

Virg. Verberat... auras.

10. MUGGHIA. Virg.: Mugire solum.

II.

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PERCUOTE. L'orecchio e l'animo.

COMBATTUTO. Horat.: Luctantem Icariis

fluctibus Africum. V. anco l'En. (X, 356).

MENA. La molle vita è punita dal continuo dibattere, che figura la tempesta dell'animo, e l'oscurità figura la luce dell'intelletto appannata.· RAPINA. Rapere per trasportare rapidamente è più volte in Virg. Convivio: La rapina del primo mobile. Nei Re (I, 25): Inimicorum tuorum anima rotabitur, quasi in impetu et circulo fundae.

TORMENTO. Virg.: Aliae panduntur inanes Ad ventos. - CARNALI. Amanti

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Eran dannati i peccator carnali,
Che la ragion sommettono al talento.

E come gli stornei ne portan l'ali
Nel freddo tempo a schiera larga e piena,
Così quel fiato gli spiriti mali,

Di quà, di là, di giù, di su gli mena.
Nulla speranza gli conforta mai,
Non che di posa, ma di minor pena.

E come i gru van cantando lor lai,
Facendo in aer di sè lunga riga;
Così vid' io venir traendo guai

Ombre portate dalla detta briga.
Perch' io dissi: maestro, chi son quelle
Genti che l'aer nero sì gastiga?

La prima di color di cui novelle
Tu vuo' saper, mi disse quegli allotta,
Fu 'mperadrice di molte favelle.

A vizio di lussuria fu sì rotta
Che libito fe licito in sua legge.

Per torre il biasmo in che era condotta.
Ell'è Semiramis, di cui si legge
Che succedette a Nino, e fu sua sposa ;
Tenne la terra che 'l Soldan corregge.

de' beni che Orazio dice tempestatis prope ritu Mobilia et caeca fluitantia sorte. SOMMETTONO. Virg.: Animos submittere amori. Sap. (1, 4): in corpore subdito peccatis.

STORNEI. Uccelli, dice l'Ottimo, lussuriosi, come i gru. 1. 6: Ne' tempi caldi.

- PIENA. Ovid.: Plenius agmen.

forte. Virg. Hibernis parcebant flatibus Euri.

:

TEMPO. Crescenzio,
FIATO. Per vento

GRU. Mascolino è nel Fior di virtù. Virg.: Quales sub nubibus atris Strymoniae dant signa grues, atque aethera tranant Cum sonitu.—LAI. Così chiama nel IX del Purg., il canto della rondine. Nell' imagine degli storni dipinge la folla, in questa delle gru la schiera in lunga fila, dov'e' può facilmente discernere l' un'ombra dall'altra.

BRIGA. Aveva senso più forte d'ora. Nelle V. S. Padri sta per guerra. Par., XII: E vinse in campo la sua civil briga.

18. FAVELLE. Per nazioni, è bello e vero ardimento. Apoc.: Variis tribubus et populis et linguis.

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ROTTA. Modo simile ma men forte in Albertano: Si disciolgono a tutti li rei vizii. LIBITO. Detto d'imperatore antico: Quod libet, licet. SEMIRAMIS. Amante del figlio; secondo Giustino, morta da lui. Terras ditione tenebat.

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ma e suo' erranti correggi.

TENNE. Virg.:

- CORREGGE. Petr.: L'onorata verga Con la qual Ro

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E

L'altra è colei che s' ancise amorosa,
ruppe fede al cener di Sicheo.
Poi è Cleopatrás lussuriosa.

Elena vidi per cui tanto reo
Tempo si volse, e vidi 'l grande Achille
Che con amore al fine combatteo.

Vidi París, Tristano: e più di mille
Ombre mostrommi, e nominolle a dito,
Ch' amor di nostra vita dipartille.

Poscia ch'i' ebbi il mio dottore udito
Nomar le donne antiche e i cavalieri,
Pietà mi vinse, e fui quasi smarrito.

I' cominciai: poeta, volentieri
Parlerei a que' duo che 'nsieme vanno,
E paion sì al vento esser leggieri.

Ed egli a me: vedrai quando saranno
Più presso a noi; e tu allor gli prega
Per quell' amor che i mena, e quei verranno.
Si tosto come 'l vento a noi gli piega,
Mossi la voce: o anime affannate,
Venite a noi parlar, s' altri nol niega.

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AMOROSA. Didone. Aen., I et IV. Cener. RUPPE. Virg.: Rupere fidem. Virg. Non servata fides cineri promissa Sichaeo! Trecentista ined.: Rompea fede alla eenere di Sicheo.

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ELENA. Uccisa da una donna greca per vendetta del marito uccisole sotto Troia. Tutti i lussuriosi qui nominati da Dante, morirono di mala morte. GRANDE. Virg. Atque iterum ad Trojam magnus mittetur Achilles. Egli invitto nell'armi, da amore di Polissena fu vinto, e morto nello sposarla. Virg. VI.

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PARÍS. Il cavaliere del medio evo amante di Vienna. TRISTANO. Amante d'Isotta, trafitto dal re Marco con dardo avvelenato: ed ella morì con lui. Dante congiunge la mitologia col romanzo cavalleresco, ch'erano, dopo la Bibbia, le due fonti poetiche dov'egli attinse più largamente. DIPARTILLE. Virg. : Quique ob adulterium caesi. Qui colloca solo i morti per amore lascivo; perchè gli altri crede con l' età convertiti.

VINSE. Vite S. P.: Si lasciasse si vincere alla pietade.

LEGGIERI. Più forte menati, perchè più rei: più leggieri inoltre, perchè più volonterosi a correre insieme.

I. Per li, l'usa Franc. da Barberino. Dante altrove.

Mossi. Volg. Favole d'Esopo: Mosse un' alta voce. Virg.: Cantus movere. Parlando, li avrà pregati per l'amor loro, sebbene nol dica. ALTRI. Modo antico, per indicare forza superiore e indeterminata. Inf., XXVII: Com' altrui piacque.

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