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E poi ch' a riguardare oltre mi diedi,
Vidi gente alla riva d' un gran fiume;
Perch' i' dissi: maestro, or mi concedi

Ch'io sappia quali sono, e qual costume
Le fa parer di trapassar sì pronte,
Com' io discerno per lo fioco lume.

Ed egli a me: le cose ti fien conte
Quando noi fermerem li nostri passi
Su la trista riviera d'Acheronte.

Allor, con gli occhi vergognosi e bassi,
Temendo no 'l mio dir gli fusse grave,
Insino al fiume di parlar mi trassi.

Ed ecco verso noi venir per nave
Un vecchio bianco per antico pelo,
Gridando: guai a voi anime prave!

Non isperate mai veder lo cielo.
I' vegno per menarvi all' altra riva
Nelle tenebre eterne, in caldo, e 'n gelo.
E tu che se' costì, anima viva,
Pártiti da cotesti che son morti.
Ma poi ch' e' vide ch'i' non mi partiva,
Disse: per altre vie, per altri porti,
Verrai a piaggia, non qui, per passare.
Più lieve legno convien che ti porti.

GENTE. Virg.: Huc omnis turba ad ripas effusa ruebat: Matres atque viri,.. Quive viri tanto complêrint agmine ripas.

QUALI. Virg. Aeneas, miratus enim, motusque tumultu, Dic, ait, o Virgo, quid vult concursus ad amnem? Quidve petunt animae?

TRISTA. Virg. Palus inamabilis. Acheronte in greco vale il contrario di salute, di gioia.

VECCHIO. Virgil.: Portitor has horrendus aquas et flumina 'servat Terribili squalore Charon, cui plurima mento Canities inculta jacet ;.. Jam senior, sed cruda deo viridisque senectus.

In caldo e 'n gelo. I due supplizii dominanti dell'inferno di Dante. VIVA. Virgil.: Navita quos jam inde ut Stygia prospexit ab unda Per tacitum nemus ire, pedemque advertere ripae, Sic prior aggreditur dictis atque increpat ultro ... Umbrarum hic locus est, somni noctisque soporae : Corpora viva nefas stygia vectare carina. Ottimo: È schifo di passare uomini vivi per la rimembranza di quello che fece a'demonii Ercole e Teseo.

PORTI. Così si chiama nel Veneto il navicello da passare i fiumi. - LIEVE. Le anime buone vanno su un vasello snelletto e leggero alla piaggia del monte del Purgatorio (Purg., II).

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El duca a lui: Caron, non ti crucciare.
Vuolsi così colà dove si puote

Ciò che si vuole: e più non dimandare.
Quinci fur quete le lanose gote

Al nocchier della livida palude

Che 'ntorno agli occhi avea di fiamme ruote.
Ma quell' anime, ch' eran lasse e nude,
Cangiar colore e dibattero i denti
Ratto che 'nteser le parole crude.

Bestemmiavano Iddio, e' lor parenti,
L'umana spezie; il luogo, il tempo, e 'l seme
Di lor semenza e di lor nascimenti.

Poi si ritrasser tutte quante insieme,
Forte piangendo, alla riva malvagia

Ch' attende ciascun uom che Dio non teme.
Caron dimonio, con occhi di bragia,
Loro accennando, tutte le raccoglie:
Batte col remo qualunque s' adagia.

Come d'autunno si levan le foglie,
L'una appresso dell' altra, infin che'l ramo
Rende alla terra tutte le sue spoglie;

Similemente il mal seme d'Adamo
Gittansi di quel lito ad una ad una,

CARON. Carone usa sempre Armannino. - CRUCCIARE. In Virg. la Sibilla a Caronte: absiste moveri. VUOLE. Sap. (XII, 18): Subest tibi, quum volueris, posse.

33. QUETE. Virg., VI: Rabida ora quiérunt,.. Tumida ex ira tum corda residunt. Proprio de’vecchi, quando sono inquieti, è agitare le gote. Mad. Perticari.-LANOSE. Frase dell'Apocalisse. —LIVIDA. Virg.: Vada livida. — RUOTE. Virgil. Stant lumina flamma.

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SEME. Reg., I: Ne deleas semen meum. Bestemmiavano la lor prossima e la lontana generazione, e l'umana natura. Is. (XIV, 22): Perdam Babylonis nomen et germen et progeniem.

ziano:

RITRASSER. Eran venute sparte: nota il Boccaccio. ATTENDE. Simile all'ora»: Seraque fata Quae manent culpas etiam sub orco. DIMONIO. Virg. lo chiama Dio: per Dante, questo come tutti gli altri enti mitologici, non è che uno spirito diabolico. RACCOGLIE. Virg.: Navita sed tristis nunc hos nunc accipit illos: Ast alios longe submotos arcet arena ... Inde alias animas quae per juga longa sedebant, Deturbat. S'ADAGIA. Indugia. L'usa l'Ar. (XIV, 116).

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RENDE. Cic. (Leg., II, 27): Redditur terrae corpus, ec. Virg. : Quam multa in silvis autumni frigore primo Lapsa cadunt folia.

SEME. Isaias, I, 4: Vae populo gravi iniquitate, semini nequam.

...

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Per cenni, com' augel per suo richiamo.
Così sen vanno su per l'onda bruna:
E avanti che sien di là discese,
Anche di qua nuova schiera s'aduna.

Figliuol mio, disse il maestro cortese,
Quelli che muoion nell' ira di Dio,
Tutti convegnon qui d' ogni paese.

E pronti sono al trapassar del rio,
Che la divina giustizia gli sprona
Sì che la tema si volge in disio.

Quinci non passa mai anima buona:
E però se Caron di te si lagna,
Ben puoi saper omai che 'l suo dir suona.
Finito questo, la buia campagna

Tremò si forte che dello spavento
La mente di sudore ancor mi bagna.
La terra lagrimosa diede vento,

Che balenò una luce vermiglia,

La qual mi vinse ciascun sentimento;

E caddi come l' uom cui sonno piglia.

AUGEL. Virg.: Ad terram gurgite ab alto Quam multae glomerantur aves,ubi frigidus annus Trans pontum fugat et terris immittit apricis.

CONVEGNON. OV., Met.: Umbraeque recentes Descendunt illic simulacraque functa sepulcris. Utque fretum de tota flumina terra, Sic omnes animas locus accipit ille, nec ulli Exiguus populo est. Si rammenti il verso inferno li riceve.

BUONA. Virg.: Nulli fas casto sceleratum insistere limen. 44. MENTE. Inf. (XI, 3): Il rammentarlo mi fa sudar freddo.

45.

...

TERRA. Cic.: Placet stoicis eos anhelitus terrae qui frigidi sint, quum fluere coeperint, ventos esse. LAGRIMOSA. Virg. dell' Inferno: lugentes campi. Orazio: bellum lacrimosum. BALENO. Forse qui accenna al fulmine ch' esce di terra già noto agli Etruschi, al dire di Seneca.

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CANTO IV.

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ARGOMENTO.

Si trova nel primo cerchio, portatovi da una forza superna. Quivi è la pena de' non battezzati: bambini e adulti. Entro a un ricinto di lume dimorano i savii che non credettero in Cristo. L'inferno dantesco è un cono rovesciato, diviso in nove ripiani circolari, come i gradi negli antichi anfiteatri. Nel primo ch'è il Limbo, non è la pena del senso, ma sola del danno. San Tomaso divide appunto l' Inferno in tre parti: dei fanciulli, de' patriarchi, e de' dannati: e Dante ai patriarchi, già beati, sostituisce i savii e gli eroi. Taluni bruttati di vizii: ma Dante non li considera se non come simboli, bene avverte il Boccaccio.

Belle le terzine 2, 4, 10, 18, 20, 22, 23, 28; la 35 alla 43; la 50.

I.

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5.

Ruppemi l'alto sonno nella testa

Un greve tuono, sì ch' io mi riscossi
Come persona che per forza è desta.
E l'occhio riposato intorno mossi,
Dritto levato, e fiso riguardai,

Per conoscer lo loco dov' io fossi.

Vero è che 'n su la proda mi trovai
Della valle d'abisso dolorosa

Che tuono accoglie d' infiniti guai.

Oscura, profonda era, e nebulosa

Tanto, che per ficcar lo viso a fondo,

I' non vi discernea veruna cosa.

Or discendiam quaggiù nel cieco mondo, Incominciò 'l poeta tutto smorto.

I' sarò primo, e tu sarai secondo.

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3.

4.

d'infiniti guai, del v. 9.

PRODA. La valle è tonda, cinta dal fiume, e va sempre dechinando.
VISO. Vista. Conv.: Non si lasciano vedere senza fatica del viso.

5. PRIMO. Accenna forse alla descrizione dell' Inferno fatta già da Virg.

Tomo I.

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10.

II.

I 2.

13.

Ed io che del color mi fui accorto,
Dissi: come verrò, se tu paventi

Che suoli al mio dubbiare esser conforto?

Ed egli a me: l'angoscia delle genti
Che son qua giù, nel viso mi dipigne
Quella pietà che tu per tema senti.

Andiam, che la via lunga ne sospigne.
Così si mise, e così mi fe 'ntrare
Nel primo cerchio che l'abisso cigne.
Quivi, secondo che per ascoltare,
Non avea pianto, ma che di sospiri,
Che l'aura eterna facevan tremare.

E ciò avvenia di duol senza martiri,
Ch' avean le turbe, ch' eran molte e grandi,
E d'infanti, e di femmine, e di viri.

Lo buon maestro a me: tu non dimandi
Che spiriti son questi che tu vedi?
Or vo' che sappi innanzi che più andi,

Ch' ei non peccaro: e, s' egli hanno mercedi,
Non basta, perch' e' non ebber battesmo,
Ch'è porta della fede che tu credi.

E, se furon dinanzi al Cristianesmo,
Non adorâr debitamente Dio;

E di questi cotai son io medesmo.

PIETA. Era anch' egli in quest' angoscia: così nel III del Purgatorio, pensandovi, rimane turbato. - SENTI. Giudichi esser timore. I Latini: ita sentio,

così giudico. Purg., XXIX: E'l dolce suon per canto era già inteso.

MA CHE. Magis quam. L'usa nel XXVIII dell' Inf. e nel Par. Modo e provenzale e italiano. Il mais francese, il ma nostro, sono accorciamenti del magis. Sallustio ed altri usano magis in senso di ma. Ottimo: Non v'è pianti,però che'l pianto procede da pena e da tormento; ma sospiri che seguono a disio.

DUOL. Dello spirito. GRANDI. Molte schiere, e ciascuna era grande. INFANTI. Virg. Matres atque viri ... pueri innuptaeque puellae. Altrove : Continuo auditae voces, vagitus et ingens, Infantumque animae flentes in limine primo; Quos dulcis vitae exsortes et ab ubere raptos Abstulit atra dies et funere mersit acerbo.

DIMANDI. Non rispose alla domanda fatta da Dante nell' altro canto. Qui per ricompensarnelo il buon duca gli spiega la cosa da sè. omnis quam cernis, inops inhumataque turba est. sec. XIV e del XV.

VEDI. Virg., VI: Haec ANDI. È in autori del

MERCEDI. Meriti. Par. (XXXII, 25). - PORTA. Janua sacramentorum è detto il battesimo.

DEBITAMENTE. S. Thom. (som. 22, 90, 92, art. 2): Multae sunt superstitionis

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